Cartoline dall’Islanda XII
Cartoline dall’Islanda
(Viaggio di Delfo Pozzi e Sofia Fresia)
XII Fær Øer
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Cartoline dall’Islanda
(Viaggio di Delfo Pozzi e Sofia Fresia)
XII Fær Øer
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E così, dopo due mesi, abbiamo dato l’addio a Stöðvarfjörður e ai nostri amici, all’Islanda e ai suoi cieli. Non ci sarebbe potuto essere saluto migliore del grande arcobaleno che ci aspettava scendendo a Seyðisfjörður, un arcobaleno meraviglioso, con alla base non la classica pentola d’oro ma la Smyril line Norrona, la nostra nave, laggiù quieta ad aspettaci. Certo: con una pentola d’oro avremmo potuto rimanere almeno un altro paio di mesi, ma tutto sommato anche la nave andava bene. Prima o poi bisogna pur tornare. Neppure ventiquattro ore ed eravamo già arrivati alle Fær Øer, dove ci saremmo fermati per tre giorni. Le Fær Øer – per chi se lo chiedesse – sono un pulviscolo di isole d’origine misteriosa, disperse come dadi verdi nel grande tavolo blu dell’Atlantico settentrionale, francamente difficili anche solo da ipotizzare. L’Islanda, come ormai si sarà inteso, è già una terra alquanto assurda per geografia e clima, ma almeno è grande: per descriverne il periplo servono più di millecinquecento chilometri. Queste isolette sono invece minuscole, perse in mezzo al nulla blu, nient’altro che imponenti montagne d’origine vulcanica cesellate lungo i margini da profondi e bellissimi fiordi. La bellezza dei luoghi non mette in secondo piano la particolarità del clima, assai vario: da coperto, poco nuvoloso, a coperto, molto nuvoloso. A volte pioviggina, più spesso piove. Quando non piove comunque c’è vento. E volte – meraviglia – il vento è direttamente fatto di pioggia intermittente, e in questo caso credo si chiami shower. Dopo aver preso almeno tre ore d’acqua nel bel cammino tra Saksun e Tjørnuvík ci sarà concessa un po’ d’ironia: ma la realtà è che quei luoghi sono così splendidi che possono avere il clima che vogliono, bisognerà tornarci ugualmente, prima o poi.
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