Carige: una settimana per trovare 900 milioni

CARIGE: UNA SETTIMANA PER TROVARE 900 MILIONI E SCONGIURARE LA LIQUIDAZIONE.

 CARIGE: UNA SETTIMANA PER TROVARE 900 MILIONI

E SCONGIURARE LA LIQUIDAZIONE.

Novecento milioni di euro: sì, a conti aggiornati, questa è la cifra necessaria per evitare la liquidazione della banca. Ma come si riusciranno a trovare?

E si, la “colletta” per Carige è ancora in corso, e si lavora febbrilmente, perché i prossimi giorni saranno decisivi per tirare le somme e chiudere la partita.

Ma nel frattempo il piano di salvataggio misto pubblico – privato sembra fare passi avanti. Per i tre commissari di Carige, vertici non-stop: si sta definendo l’architettura del salvataggio.

Molto degli interventi di Patuelli e Visco, Venerdì scorso all’assemblea dell’ABI, ruotava sul problema dei salvataggi; tra la platea di Palazzo Mezzanotte, dietro a Mattarella, Conte e Tria, c’era il gothadella finanza italiana. Mancava, e l’assenza è stata notata, la terna commissariale di Carige.

Nessuno sgarbo istituzionale, naturalmente: Pietro Modiano, Fabio Innocenzi e Raffaele Lener erano alle prese con uno dei numerosi incontri che hanno scandito la settimana, perché si avvicina il 25 luglio, data entro cui la Bce vuole sul tavolo un’offerta vincolante per l’istituto ligure – c’è forse l’ipotesi di una proroga fino al 30, ma ormai Francoforte è intenzionata a chiudere il dossier, con una soluzione o la liquidazione.


Assemblea ABI

I tre sarebbero stati adun incontro, insieme al Fondo Interbancario, con Cassa Centrale Banca, l’istituto cooperativo di Trento interessato a partecipare all’aumento di capitale, con una quota che secondo le ultime stime dovrebbe aggirarsi sui 70-90 milioni di euro. Il polo trentino delle banche di credito cooperativo starebbe ancora studiando il dossier, che sarà all’ordine del giorno in occasione del CdA straordinario che il gruppo ha convocato per il prossimo 18 luglio. Un chiarimento è arrivato dal presidente del FitdSalvatore Maccarone, che ha fornito la data del 25 luglio per la definizione di un piano con la banca.

Lo schema di intervento appare comunque sempre più concreto. All’ inizio abbiamo detto che il fabbisogno complessivo per la banca genovese si attesterebbe al momento attorno ai 900 milioni di euro. Si tratta di una cifra superiore ai circa 780 prevista dal piano dei Commissari di febbraio. Ma che si renderebbe necessaria per permettere alla banca ligure di liberarsi della sostanziale totalità (pari a 3,3 miliardi) dei crediti deteriorati in pancia, grazie all’intervento della Sga (Società per la Gestione delle Attività). Tecnicamente, l’aumento di capitale in sé sarebbe pari a 700milioni circa, mentre 200milioni circa verrebbero coperti da un bond subordinato Tier 2 ancora in cerca di sottoscrittori.

Riguardo alla parte del bond subordinato, la questione si fa un po’ meno chiara, visto che non risulta che l’Istituto di Credito Sportivo e il Mediocredito Centrale, coinvolti nell’operazione dall’azionista di riferimento, il Ministero per l’Economia e delle Finanze, abbiano ancora ricevuto un via libera ufficiale, ma nemmeno ufficioso, all’operazione. Le due banche a controllo pubblico dovrebbero sottoscrivere il bond per un importo complessivo non superiore a 175 milioni; 150 milioni di Credito sportivo e 25 milioni Mcc. Quest’ultima non potrebbe andare oltre, per non superare la soglia di patrimonio libero e bloccare nei fatti le attività della banca. Tra l’altro non sono ancora state fornite ulteriori informazioni relative al tasso di interesse (comunque previsto a livelli di mercato) che sarebbe riconosciuto da Carige ai due investitori.


Entrando nel dettaglio della componente equity, 320 milioni arriverebbero dalla conversione del bond subordinato in mano allo Schema volontario (il cui consiglio si riunirà lunedì per fissare la data dell’assemblea che darà il via all’operazione), mentre gli altri 380-400 milioni circa sono da recuperare tra diversi soggetti privati. Tra questi c’è il Fondo interbancario per la tutela dei depositi, l’unico che al momento appare chiaramente disposto a mettere cash. L’impegno definitivo del Fondo che rappresenta la totalità delle banche italiane dipenderà però dal contributo che arriverà dagli altri soggetti privati, dalla famiglia Malacalza (27,8%), azionista di maggioranza che dovrà dare l’autorizzazione all’intera operazione. Il Fondo, suo malgrado, farebbe comunque da rete di sicurezza dell’intera operazione, per coprire eventuali ammanchi derivanti da defezioni di altri soggetti.

Ma perchè si parla di rischio liquidazione, quando nel decreto salva Carige compariva la soluzione, sebbene in extremis, della ricapitalizzazione precauzionale in stile Mps?

 “La riunione chiarificatrice a Palazzo Chigi – di qualche giorno fa, stando a quanto riportato dal quotidiano La Repubblica – da una parte i tecnici di Tesoro e Bankitalia, dall’altra i politici della maggioranza di governo, in agenda da lunedì, ha chiarito alcuni aspetti del dossier. Non tutti. Il principale, come emerge, è che la soluzione della ricapitalizzazione precauzionale dello Stato – prevista fino a un miliardo dal decreto di sei mesi fa, che pure è esecutivo – pare al momento impraticabile. Il motivo, secondo i tecnici, è che Carige potrebbe in seguito a un esame sui crediti denotare un deficit di capitale per “perdite pregresse o probabili”, ipotesi che vieterebbe la fattispecie sfruttata nel 2017 per Monte dei Paschi”.


Cassa Centrale Banca interessata a Carige

Si continua a lavorare insomma al salvataggio all’italiana di Carige, un caso diventato Odissea, tracciato dalla ritirata di BlackRock, che sarebbe stata provocata dal rischio Italia; dai rumor riportati sui colloqui con altri fondi stranieri, come Blackstone; dai nomi caldi citati di CrevalCredem Sondrio, poi volatilizzatisi; dalla bocciatura della proposta del fondo Apolloconsiderata “più stracciata” di quella di BlackRock; dai rumor rinnovati sull’opzione nazionalizzazione; dalle notizie e indiscrezioni varie su un ipotetico ruolo di UnicreditBiper. Dall’interesse, ora, di Cassa Centrale Banca. Nella speranza, per il sistema bancario italiano, che il dossier si concluda con un lieto fine, perché, se non si trovasse un accordo, non resterebbe che la liquidazione, dal momento ormai che la BCE, come si diceva, sarebbe orientata in questo senso.

 R.T.

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