Cari Professori…

Cari Professori…
…stento ad esprimere con parole educate quello che provo al solo vedere le vostre facce in TV, specialmente quella del felpato successore del barzellettiere che lo ha preceduto:

Cari Professori…

…stento ad esprimere con parole educate quello che provo al solo vedere le vostre facce in TV, specialmente quella del felpato successore del barzellettiere che lo ha preceduto: quello almeno qualche volta riusciva persino a farmi ridere, mentre il Prof ha sempre l’aria funerea che ben si addice alle manovre che, senza la minima fantasia, snocciola agli italiani per “salvarli” da quella che tinteggia come una catastrofe incombente.

Una per una, tutte le sue trovate che non flagellino i soliti bersagli stanno rientrando, dietro la giustificazione che “sono tecnicamente difficili o troppo protratte nel tempo”. Questo ce lo dicevano già i governi precedenti. E allora hanno ragione quanti, come Maroni e Di Pietro, dicono che per queste misure bastava il rag. Rossi.

Intanto per cominciare, lei, bocconiano di ferro, non avrebbe dovuto farsi suggerire, come uno studente poco preparato, dal presidente della Corte dei Conti, dal governatore di Bankitalia (!) e dal presidente dell’Istat -quindi non da esponenti del popolo viola o di Occupy Wall Street-, che dissanguare in dosi industriali le fasce medio-basse della popolazione equivale a spingere in recessione, anzi in depressione, contribuenti sull’orlo dell’area di povertà, erodendo ulteriormente il loro già scarno potere d’acquisto, con conseguenze nefaste su quell’economia che lei ha insegnato per anni dalle cattedre del prestigioso istituto che tuttora presiede. A meno che ad offuscare la sua lucidità non sia stata proprio la sua professione, volutamente scivolata negli ultimi vent’anni dal mondo dell’economia a quello, molto più etereo, della finanza.

Dimenticando, per non farla sentire troppo in colpa, quei provvedimenti che, usciti dalla porta, sono rientrati mestamente dalla finestra, come la botta sulle province o quella sui capitali scudati, scendiamo a quelli sui quali ripone maggiore fiducia in quanto colpiscono chi non si può difendere: i cittadini senza santi in paradiso (o anche solo in Vaticano).

Cominciamo dalla non indicizzazione delle pensioni superiori a X euro mensili (lascio la X perché l’importo esatto nessuno lo sa, trattandosi sempre di cifre lorde).  Qui parlo con cognizione di causa, prendendo a campione di riferimento me stesso.

Sono andato in pensione circa 10 anni fa, più o meno insieme all’ingresso dell’euro. Fatta uguale a 100 la prima pensione, il c.d. adeguamento al costo della vita s’è aggirato, anno più anno meno, intorno all’1%. Oggi percepisco 116,9. Mentre 10 anni fa la mia era una pensione dignitosa, oggi lo è molto meno, in quanto, mentre il mio adeguamento è stato del 16,9%, il costo della vita reale è schizzato all’insù del 110-120%. Se vivrò ancora 10 anni, scivolerò probabilmente anch’io, come milioni di altri italiani, nella fascia degli indigenti. Non scrivo questo per autocommiserazione, ma solo per far presente quanto ininfluenti siano stati gli adeguamenti Istat che io, al pari di tutti i pensionati “normali”, ossia non ex fancazzisti di Camera, Senato, Quirinale e mille altri santuari del potere, ho percepito dallo Stato tiranno. Conclusione: mi lasceranno invariata la pensione, perché di certo supera i € 1.400 lordi mensili, ma ho scarsi motivi di aggiungere lacrime, visto che dei passati adeguamenti Istat non mi sono quasi mai accorto; mentre mi accorgevo bene di tutti i prezzi che intorno a me salivano senza tregua. A proposito, ha presente la benzina? Che colpo di genio quello di appesantire ancor più le accise, già al 60% e rotti!

E veniamo alla crociata contro i contanti, sulla quale ho già avuto modo di occuparmi in passato. Sento in giro qualcuno applaudire, in quanto “tutti faranno finalmente fattura”.

Veniamo allora a un caso pratico, tra quelli illustrati in un cartello dell’ultimo Ballarò. Viene a casa mia un tappezziere. Prezzo: 800 euro. Più Iva se vuole la fattura. 600 euro tondi se paga cash. Ragionamento che si faceva sino a ieri e si farà anche domani, specie coi progressivi aumenti dell’Iva (più alte le tasse, maggiore la tentazione di evaderle: lo insegnate alla Bocconi?). A meno di togliere completamente di torno tutte le banconote. 

Sesterzio romano
 

 

E qui sta il punto, perché è proprio dove si vuole arrivare, per togliere alle banche ogni possibile oggetto fisico con cui confrontare i loro “prestiti” di aria fritta, fatti con assegni circolari o bonifici. Tutto il denaro cartaceo circolante è sottratto al loro dominio, non sono loro a crearlo, a nostro debito e interesse, ma la Banca Centrale. Di più, pagando con carte di credito si ha meno la percezione di quanto si spende e si sconfina più disinvoltamente fuori budget, pagando penali. Non si dimentichi che le carte di credito, anzi di debito, “revolving” sono state la rovina di milioni di persone, al di là e al di qua dell’Atlantico. L’importante per le banche è indebitare: è il loro mestiere, il loro lucro.

 Non ci si può indebitare se si può spendere solo quello che si ha fisicamente in tasca. E, caro Prof, ha pensato a coloro, privati e imprese, cui le banche hanno tolto ogni credito, quindi inabilitati ad emettere assegni, a tenere carte di debito, insomma ai reietti finiti nella lista di proscrizione chiamata Centrale Rischi?

Quindi, un bel regalo, quasi non gliene avessero fatti abbastanza, alle banche. Del resto, con un banchiere al governo, c’era da aspettarsi qualcosa di diverso? L’altro banchiere, oggi al vertice della BCE, ha abbassato il tasso due volte nel giro di un mese, dichiarando che renderà disponibile un flusso senza limiti alle banche nel prossimo biennio. E già, perché gli accordi europei proibiscono alla banca centrale di aiutare direttamente i governi; semmai, tramite le banche.

A questo punto, vista l’assenza di fantasia e di coraggio di questi professori messi al governo da un capo dello stato che ha sempre avuto il massimo riguardo per i banchieri, nonostante fosse di origini anti-capitaliste (!), mi permetto sommessamente di suggerire loro l’unica misura di cui non vogliono neppure sentir parlare, ma che ci porterebbe fuori da questa pluri-decennale palude: abbandoniamo l’euro e conferiamo allo Stato l’autorità che gli spetta di battere la sua propria moneta, pubblica. Chiediamo ai cittadini cosa ne pensano, direttamente, con un referendum: quello che è stato negato ai greci, nella certezza che avrebbero votato NO all’euro.

Come accennato, il Prof tinteggia di nero una nostra uscita dall’euro: lo credo bene, sarebbe la fine dei privilegi scandalosi della lobby bancaria transnazionale e un esempio per il mondo intero della strada da seguire per sfuggire al loro dominio (Islanda docet).

Basterebbe uscire dall’euro non dall’oggi al domani, ma con la stessa gradualità con cui è entrato nelle nostre vite, lasciando per un periodo opportuno la doppia circolazione euro-sesterzio (evito accuratamente il nome di lira, in quanto non si avrebbe più una moneta privata, come la lira, ma pubblica, cui do un nome totalmente diverso, proprio per sottolineare questa fondamentale differenza). L’attuale debito pubblico potrebbe essere pagato in parte con l’euro e in parte col sesterzio, demolendo gradualmente quella montagna debitoria, come peraltro ci impone Bruxelles. Nel giro di qualche anno non ci sarebbe più l’angosciosa scadenza di titoli di Stato che tanto prosciugano il nostro erario, in quanto tali titoli non sarebbero più necessari: lo Stato non dovrebbe più indebitarsi, per giunta a interesse (motore primo dell’inflazione), perché stamperebbe in proprio i soldi che necessitano a se stesso e al Paese. Senza debito verso nessuno.

Questa sì sarebbe la mossa “Salva Italia”, non l’accrocchio di misure iugulatorie che questi professori senza estro, o, forse peggio, pilotati dai signori del denaro a debito, si accingono a calare sulle nostre teste, salvando solo chi ruota intorno alla politica, cinghia di trasmissione dei loro interessi a scapito di quelli della gente (posso ancora chiamarla popolo?).

 

Ultima ora:leggo su Il Fatto Quotidiano che il parlamento avoca a sé il potere di tagliare gli stipendi dei suoi fancazzisti. Come dire, passiamo pure la mano per l’esecutivo quando si tratta degli italiani, ma se tocca noi gli ritiriamo la delega: ne va dell’autonomia del parlamento! Ma che razza di gentaglia è mai quella che le segreterie dei partiti – e le varie mafie-hanno scelto per fingere di rappresentarci? Quando e in che modo, senza usare i forconi, potremo liberarci di questi parassiti?  

Marco Giacinto Pellifroni                                 11 dicembre 2011  

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