CARE…, FRESCHE ET DOLCI ACQUE….
Parafrasando il sonetto petrarchesco, ti viene, oltre al costo, da considerare anche la penuria dell’acqua, l’ultimo report ISTAT certifica la scarsità di risorse idriche dovuta principalmente alla siccità crescente e, soprattutto in Italia, allo stato decrepito delle nostre condotte (perdita del 50 %).
Questa situazione rischia perciò di essere aggravata da scelte gestionali del settore; una cattiva o inadeguata strategia può solo che influire negativamente. Le ultime settimane, per quanto riguarda la situazione gestionale del Savonese, sono state contraddistinte, da forti contrasti tra attori politici, istituzionali e apparati tecnico – dirigenziali, ma prima di addentrarci nelle tematiche locali, sarà bene fare un piccolo excursus sulla materia in oggetto di gestione delle acque. La prima legge che stabilisce norme organiche sulle acque è il R. D. 11 75 del 11 dicembre 1933, ancora parzialmente in vigore per le concessioni di derivazioni. La legge che ha stabilito l’accorpamento delle Gestioni e il concetto di Ambito Territoriale Ottimale ATO è la Legge 36/94 che ebbe come primo relatore l’On. Giancarlo Galli (DC) da cui il nome della legge ora abrogata ma riportata, con lievi modifiche, nel DLGS 152/2006 (Legge Ambientale) che risulta essere la legge fondamentale che regola le risorse idriche. Nelle successive fasi in cui si è sviluppata la dottrina in materia si ricordano modifiche apportate dal DL come il Sblocca Italia (133/2014) o Sentenze della Corte di Giustizia (190/2012), soprattutto in recepimento del diritto UE. Tralasciamo qui le modifiche intervenute sulla Autorità di controllo che ha visto la preponderanza del ruolo della Regione in ossequio al principio di sussidiarietà, per concentrarci sul principale atto regionale, che per la Liguria, si concretizza nella emanazione di una legge regionale che stabiliva gli ATO idrici con un territorio coincidente alle 4 province. Quello che ci interessa, e che val la pena di ricordare, è che la l’attuale norma prevede che l’individuazione del Gestore d’Ambito venga effettuata con gara pubblica, o in affidamento a società mista pubblico privata, mentre l’affidamento in house è ammesso, ma deve seguire modalità e motivazioni molto stringenti in ottemperanza delle disposizioni UE in materia di efficienza e concorrenza. Nel caso di Savona, come poi andremo a valutare, l’affidamento ad APS, Acque Pubbliche Savonesi, è già stato messo in dubbio da IRETI che ha promosso ricorso in appello al Consiglio di Stato, intravedendo in APS non adeguate potenzialità per effettuare investimenti atti a conseguire la depurazione di tutti i Comuni dell’ATO sottoposti a procedura di infrazione comunitaria. Per addentrarci, così, in quella che come abbiamo anticipato la “querelle” savonese, descriviamo l’attuale situazione gestionale in Provincia di Savona. La Provincia di Savona è stata divisa in due ATO idrici: quello della Valbormida e quello della zona costiera che va da Varazze a Laigueglia e cioè l’ATO costiero di Savona.
L’ATO costiero di Savona ha individuato il gestore unico in house la Società Acque Pubbliche Savonesi APS, società consortile per azioni, che è partecipata da:
Consorzio Depurazione del Savonese in ragione del 50%
Servizi Ambientali S. p. A. in ragione del 36.5%
Servizi Comunali Associati S. r. l. in ragione del 13,5%
Sono anche presenti nell’ATO, i seguenti Gestori salvaguardati che operano negli acquedotti:
IRETI S.p.A. che gestisce gli acquedotti da Varazze a Noli
Acquedotto San Lazzaro S. p. A. che gestisce Albenga, Loano e altri impianti in Finale, Garlenda, Villanova
SE.I. DA. S. r. l gestisce in Finale e un laboratorio di analisi acque.
Attualmente APS non svolge attività di gestione diretta bensì è preposta al coordinamento dei gestori, sia pubblici che privati. I tre soci di APS, a loro volta, gestiscono rispettivamente:
Consorzio per la depurazione acque di scarico di Savona gestisce le fognature e l’impianto di depurazione dei reflui da Varazze a Savona, con un impianto vecchio di oltre 40 anni, più parte dell’acquedotto di Finale e comuni montani limitrofi; totale 9000 utenze come acquedotto.
Servizi Ambientali S. p. A.
gestisce acquedotti tra cui Borgio Verezzi, Pietra ligure, Borghetto, Ceriale per un totale di 35000 utenze, nonché le fognature da Borgio a Ceriale con impianto di depurazione di Borghetto a cui deve collegare Borgio Verezzi, Pietra ligure, parti di Albenga, Alassio al fine di evitare infrazione comunitaria.
S.C. A. S. r. l.
gestisce acquedotti di Villanova, Garlenda, Ortovero, Alassio, Laigueglia per un totale di 22.000 utenze e fognature di Villanova, Laigueglia, Alassio, Albenga, Depuratore per Laigueglia e piccoli impianti in zone limitrofe. APS, fino ad oggi, non svolge attività diretta, bensì è proposta al coordinamento dei gestori sia pubblici che privati. Da un anno e più il Comune di Savona in quanto azionista di maggioranza del Consorzio Depurazione acque (50,40%) e a sua volta azionista di maggioranza di APS (50%) ha iniziato il procedimento di unificazione con il Gestore Unico dell’ATO idrico in osservanza della normativa a dipendenza della Legislazione Europea, nazionale e regionale, al fine di dare continuità al Servizio Idrico Pubblico.
Sulle modalità e sulla Direzione del progetto, si sono verificate divergenze e polemiche che hanno coinvolto, in un primo momento la nomina di Nanni Ferro a Presidente di Aps unitaria, a seguito di indagini della Guardia di Finanza sui bilanci 20 e 21, con disavanzi rispettivamente 1.170.654 e 4.943.576. Sulla natura e derivazione di questi ammanchi anche se, forse, dovuti ad una ripartizione di competenze non chiarissime tra Aps e Comuni associati, resta qualche perplessità. Di recente poi, come già accennato, tra gli stessi soci, si è aperto uno scontro frontale tra Il Comune di Savona rappresentato dal Sindaco Russo, e quello di Alassio Melgrati; il contendere riguarda ancora la riluttanza di Alassio, in pendenza dei disavanzi di Consorzio Depurazione Acque di Savona, di affidare a Savona l’intero Servizio Idrico provinciale.

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Un po’ più sfumato il contrasto dei Comuni di Borghetto e Loano. Sia l’impossibilità di saltare le competenze dei vari Consigli Comunali interessati, sia in pendenza dell’esito del ricorso al Consiglio di Stato, di IRETI, una delle tre società private salvaguardate, fa si che tutta la programmazione a formare la Società Unica di gestione abbia ulteriore ritardo nel rispetto dei tempi, cosa che potrebbe portare ad invalidare l’intero affidamento in house.
È opportuno, a questo punto, chiarire i termini normativi per l’affidamento in house, e le difficoltà oggettive che si presentano nello scenario savonese.
Bisogna precisare che gli interventi normativi in materia portano ad una legislazione settoriale molto stratificata e complessa; tutto parte, una volta superate le vecchie normative statali, dal Piano di salvaguardia delle risorse idriche europeo. E proprio la normativa europea che ha come orizzonte di riferimento al principio della concorrenza e della salvaguardia dell’ambiente riconducibile al motto “chi inquina, paga”, che potrà condizionare il successo del gestore unico. La normativa europea consente senza imporre la gestione in house, ma a condizioni:
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- che il capitale delle società sia interamente pubblico
- L’amministrazione eserciti sull’affidatario un controllo analogo ai propri servizi
- L’affidatario svolga la maggior parte della propria attività in favore dell’ente locale di appartenenza.
Ma la soluzione in house non è certo prioritaria rispetto, invece, all’affidamento per evidenza pubblica tramite la gestione di società private o miste (25/2014 UE), inoltre, la cosa non è di secondaria importanza, la legislazione statale è ancor più restrittiva rispetto l’utilizzazione dell’affidamento in house, perché richiede un ulteriore piano economico-finanziario con previsione di costi, ricavi, investimenti e finanziamenti, in poche parole il legislatore statale scoraggia l’house con un surplus rispetto alla normativa europea, con una propensione per un gestore centralizzato del Servizio Idrico Integrato, affidato a gestore unico selezionato mediante gara di pubblica evidenza, modello che di fonda sull ‘assunto per cui i Servizi pubblici locali debbano sottostare alla logica di mercato, quindi al principio della libera concorrenza.
È, pertanto evidente, che, al di là delle enunciazioni di principio, figlie anche dell’esito del referendum per l’acqua pubblica, la necessità di garantire gestioni economicamente e strutturalmente in linea con le direttive UE (25/2014 UE) si tende a privilegiare, con bandi pubblici, l’introduzione di partecipate miste pubblico-private.
Nel caso APS, resta di evidenza il fatto che il gestore unico in house debba non solo garantire il risultato degli altri due soci (Servizi Ambientali e Sca), ma anche delle tre Società di gestione salvaguardate ( IREN , Acquedotto San Lazzaro, SE. I. DA,) che globalmente hanno utenze di acquedotto ben maggiori, e inoltre APS dovrebbe fare notevoli investimenti per affrontare la depurazione acque dell’Ato, onde evitare infrazioni dalla UE.
Date queste premesse, e quello che sta succedendo all’interno dei soci di APS e dei soci Enti locali, non si può non constatare che, alla luce delle difficoltà e degli esiti negativi, la progettazione per il superamento della fase consortile verso la gestione unitaria per completare il processo di razionalizzazione, superando il fenomeno della frammentazione orizzontale, ovvero la compresenza di gestori plurimi nel medesimo ATO di riferimento, sia partita con il piede sbagliato, dove Comune di Savona, e Provincia in quanto principali attori, hanno per tempi di attuazione, modelli societari e scelta di dirigenza, creato più problemi che soluzioni.