Buongoverno e malgoverno

Buongoverno e malgoverno

La politica italiana si svolge tutta su un piano orizzontale, una sorta di scena di teatro come aveva osservato Silvio Berlusconi. Che, con tutti i suoi difetti, aveva stabilito quella relazione verticale fra governante e cittadini senza la quale non hanno senso né la democrazia né lo Stato. La stessa Meloni che sogna per sé il premierato illudendosi forse di poter interpretare il ruolo del suo idolo giovanile, in realtà fa di tutto per accreditarsi al livello di quel teatrino che è la politica e scambia, o finge di scambiare, il consenso di cui gode fra i media col consenso popolare. Non a caso fa passare per autorevolezza del Paese un rapporto personale privilegiato – id est servile – con gli Stati Uniti, senza distinzione fra dem o repubblicani, carezze sulla testa da Biden e pacche sulle spalle da Trump, badando bene nel contempo a mantenere il sodalizio con Ursula, un’altra investita di una auctoritas di misteriosa provenienza.

Un sodalizio che si è stretto su un altro piano, parallelo rispetto a quello della politica italiana e ugualmente privo di qualsiasi relazione con i cittadini che subiscono le conseguenze degli intrallazzi e del malaffare che vi si consumano. E la chiamano democrazia. In Francia, dove l’opinione pubblica non ha subito il lavaggio al quale è stata sottoposta con successo nella nostra povera Italia e il citoyen cerca di far sentire la propria voce, va a votare quasi il 70% degli aventi diritto: bene, la stragrande maggioranza di questi si è espressa per il Rassemblement National: 10.140.000 voti, tre milioni più della sinistra di Mélanchon e quattro milioni più del centro che sostiene Macron. Quindi il RN ha la maggioranza in parlamento e la Le Pen è a capo del governo. Nemmeno per sogno. Gli ultimi, grazie ad accorte alchimie, diventano i primi e i primi si trovano ad essere gli ultimi. E questo è democrazia, potere del popolo. In Romania si afferma il patito sgradito a Bruxelles: il voto è annullato, le elezioni vengono ripetute senza che possa partecipare chi le aveva vinte, costretto a riparare all’estero per non finire in galera. È la democrazia di rito europeo. La stessa che a Kiev fa fuori il presidente troppo vicino a Mosca con un colpo di Stato organizzato a Washington e la copertura di una piazza in mano a bande di neonazisti.

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In Italia caduto il governo del Presidente si torna alla legalità costituzionale e la maggioranza degli elettori vota per la riduzione della insopportabile pressione fiscale, per lo stop all’invasione (il blocco navale annunciato dalla Meloni), per la sicurezza; a cose fatte il cittadino elettore si rende conto di essere stato raggirato: il gioco delle tre carte sulle aliquote Irpef non gli ha portato altro che spiccioli su stipendio e pensione, gli sbarchi continuano come e più di prima, di rimpatri nemmeno l’ombra, le città sono sempre meno sicure, alla incancrenita e indisturbata microcriminalità si è aggiunto il fenomeno dei maranza. Una truffa in piena regola aggravata da una politica estera dissennata che ha fatto dell’Italia la cenerentola dell’Europa e lo zerbino degli Usa. E, con un’opposizione di comodo che sulle questioni dirimenti è perfettamente allineata con l’Europa e col governo, al cittadino non resta che scegliere fra quello che ritiene il male minore e l’astensione. Una scelta, questa, in apparenza masochista – lascio che gli altri decidano per me – ma alla lunga in grado di far crollare il sistema. Che tutto è fuori che una democrazia. Con tutto ciò l’accozzaglia mediatica di destra sinistra e centro ha l’improntitudine di contrapporre l’Occidente democratico e liberale alle autocrazie liberticide, con in testa il “dittatore comunista” (copyright Verderami), il tiranno sanguinario (le menadi piddine e i poco onorevoli colonnelli di FdI e FI), il mentitore seriale (sofisticata e documentata definizione dell’illustre storico Romano), quel Putin che ha saputo riannodare il filo con la Grande Madre Russia senza rinnegare i settanta anni di regime bolscevico, corrotto e liberticida quanto si vuole ma al quale viene riconosciuto il merito di aver sconfitto la Germania nazista e di aver resistito alla strapotere americano. Una lezione per politici e intellettuali del nostro Paese accomunati dalla follia della rimozione del Ventennio e dalla infantile damnatio memoriae di Mussolini.
Intanto l’opinione pubblica sapientemente manipolata si divide fra tifoserie di destra e di sinistra senza rendersi conto che non ci sono squadre, che il campo è vuoto, che non si gioca nessuna partita. Il finto duello fra Meloni e Schlein oltre a mostrare il livello nel quale è precipitato il parlamento serve solo a nascondere i veri problemi che un governo e un’opposizione autentici dovrebbero affrontare, in primo luogo la collocazione internazionale del Paese. Sono riusciti a convincere l’opinione pubblica che l’atlantismo è come l’aria che si respira, un destino ineluttabile, una necessità inderogabile. Non c’è alternativa, non esiste possibilità di scelta, le radici cattoliche mai estirpate della nostra cultura impongono il dogma e spediscono al rogo l’eretico che si azzarda a esprimere le proprie opinioni. Gaza è un formidabile distrattore su cui dirottare la dialettica politica: io la penso in un modo, tu la pensi in un altro, io sto con Israele – con tutti i distinguo per sgravarmi la coscienza – tu stai con la Palestina – fatta salva la condanna di Hamas e del terrorismo -; ma Gaza dal punto di vista economico, culturale e politico non ci sfiora nemmeno. L’Ue, la Nato, l’invasione, la sicurezza sono al contrario questioni che incidono sulla carne viva della Nazione così come il bubbone ucraino. Che avrebbe richiesto una analisi seria, sia sul merito del conflitto sia sulle ripercussioni sul nostro Paese. Si poteva legittimamente evitare di immischiarsi in un conflitto regionale alla periferia dell’Europa ma era anche legittimo un interesse diplomatico per vicende ai confini della Nato e dell’Ue. Ma parteggiare spudoratamente per un governo frutto di un colpo di Stato, per le bande armate neonaziste che calpestano i principi elementari della civile convivenza, per i responsabili di massacri proseguiti per otto anni nelle regioni russofone no, non è legittimo, non è razionale e soprattutto ha causato e continua a causare un danno enorme per le casse dello Stato. In un Paese normale ci si poteva aspettare che quantomeno la politica affrontasse con cognizione di causa la questione; ci si potevano aspettare opinioni diverse, dettate da interessi o prospettive contrastanti; ma che tutti i partiti, quelli della maggioranza, le minoranze, il governo e le opposizioni col corredo della totalità dei media e dei maîtres à penser si schierassero dalla stessa parte, per di più sbagliata, dopo aver ridotto al silenzio anche la più timida delle obiezioni è stata una vera mostruosità.

E anche questo è la nostra democrazia. Una scelta scellerata di cui pagano il conto i cittadini, frastornati da una vergognosa e martellante propaganda: telegiornali che trasmettono senza filtri i notiziari ucraini, talk show che su tutti i canali televisivi e a tutte le ore inculcano la stessa verità senza uno straccio di contraddittorio.
Partiti e ideologie si sono rivelati una cortina di fumo per impedire ai cittadini di scegliere il nocchiero capace di tenere dritta la barra per evitare che la barca finisca in balia delle onde o dei pirati. Un Paese prospero, un sistema sociale libero da conflitti, nel quale uomini e donne al di là delle sofferenze, delle delusioni, degli smacchi che la vita riserva sentono che le istituzioni sono dalla loro parte e consentono loro di guardare con fiducia al futuro anche nelle difficoltà; è questa la cartina di tornasole del buongoverno ed è al buongoverno che la società civile mira ed è il buongoverno lo scopo del patto sociale e della nascita dello Stato. Tutto il resto è fuffa.

Post scriptum, per non equivocare
La sola ipotesi del Pd e della cosiddetta sinistra al governo è raccapricciante. Ma sentire la Meloni che di fronte al crollo delle nascite, al 60% di cittadini che disertano le urne, alla rovina dell’industria manifatturiera, all’inarrestabile impoverimento del ceto medio e alla erosione di salari è pensioni urla ai quattro venti che questo grazie a lei è il migliore dei mondi possibili rende augurabile qualsiasi alternativa, anche quella più aberrante. Se la casa brucia tanto vale buttarsi dalla finestra del ventesimo piano.

Pierfranco Lisorini

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