Bruno Bettelheim, il prezzo della vita

Bruno Bettelheim, il prezzo della vita

Ricollegandomi alla conclusione del mio precedente articolo “Epitaffio per un imbecille” scritto la settimana passata e visto che non mi considero né di destra che di sinistra, ma un osservatore libero e curioso di sapere, oggi voglio parlare di un argomento annesso e connesso, ma di una matrice completamente differente.

Cioè di un libro di un autore di origine Austriaca, scritto da Bruno Bettelheim, nato nel 1903 a Vienna, e vissuto negli Stati Uniti d’America dove ha diretto la < Sonia Shankman Orthogenic School > dell’Università di Chicago e insegnato psicologia applicata all’educazione presso la stessa università.

L’opera di Bruno Bettelheim Il prezzo della vita (titolo originale: The Informed Heart) è una profonda riflessione sulla psicologia della sopravvivenza nei campi di concentramento nazisti, basata sulla sua esperienza personale a Dachau e Buchenwald. L’autore analizza i meccanismi psicologici che permettono a un individuo di mantenere la propria autonomia e identità in una società totalitaria che mira a distruggerla, partendo da un’analisi minuziosa del comportamento delle varie categorie di deportati e dei loro rapporti con le guardie delle SS, rappresenta il primo tentativo di chiarimento dei motivi che sono forse alla base di un fenomeno che sembra superare le capacità di comprensione umana: i campi di concentramento nazisti.

Nato a Vienna, cresciuto in un ambiente influenzato dalle teorie freudiane da un lato e da quelle marxiste dall’altro, Bettelheim viene rinchiuso nel 1938 prima a Dachau e poi a Buchenwald.

Bettelheim, essendo psicoanalista, utilizza la sua esperienza di prigionia per analizzare il comportamento e la psicologia dei detenuti ed anche delle guardie.

Ben presto si rende conto che il campo concentramento di Buchenwald, prima ancora della vita del recluso, tende a distruggerne la personalità, e che l’unico modo per tentare di salvarsi consiste nel resistere a questo processo di disintegrazione restando incrollabilmente attaccati ad alcuni valori fondamentali della vita, mantenendo lucida la propria capacità di comprendere fino in fondo il significato di un’esperienza così terrificante.

L’osservazione del comportamento proprio e altrui, in quella situazione di estrema coercizione, gli fa capire che le teorie freudiane, in cui crede, non bastano a spiegare le profonde modificazioni prodotte nella personalità degli internati dalla vita del campo e, più in generale, il fenomeno stesso dei campi di concentramento nei suoi complessi legami con la realtà sociale circostante.

Bruno Bettelheim

Bettelheim studia le diverse reazioni psicologiche dei prigionieri, dall’adattamento passivo alla resistenza interiore, mettendo in luce come la speranza e la dignità possano essere preservate.

Il libro si concentra sull’importanza di mantenere la propria indipendenza psicologica e il proprio senso di sé di fronte alle più estreme condizioni di disumanizzazione.

L’autore estende le sue riflessioni, esplorando il tema dell’autonomia individuale anche nel contesto più ampio della società di massa, dove il conformismo e la pressione sociale possono minacciare l’integrità psicologica.

Quando, dopo un anno, uscito da Buchenwald ed emigrato negli Stati Uniti, egli comincerà a riflettere sulla propria esperienza, a completarla con notizie che va man mano raccogliendo e ad inquadrarla in un sistema di pensiero più vasto, suggeritogli dalla sua attività di educatore, di psicologo e di sociologo, il Lager nazista gli apparirà come una società di massa in miniatura, organizzata secondo i metodi più efficienti per ottenere il massimo rendimento possibile con il minimo dei costi.

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Il principio fondamentale di una società tecnologica, secondo cui il valore dell’uomo è dato dalla sua capacità produttiva, giunge qui alle sue estreme conseguenze: I’uomo può non valere nulla, neppure i tre “pfennig” che sono il prezzo di una pallottola di fucile.

Così quello che era sorto, in un dato contesto storico, come un sistema per produrre dei beni con il minimo dei costi, si trasforma in una grande industria della morte.

Ma il dato contesto storico non deve trarci in inganno: se la Germania di Hitler rappresenta il primo e più aberrante esempio di una società di massa che ‘intervento sociale e statale nella vita dell’individuo, non possiamo nasconderci nelle sue idee e nei suoi gusti, che vanno aumentando di pari passo col progredire della tecnica e del contesto storico attuale.

E l’autore, esaminando vari aspetti della società tecnologicamente più avanzata, quella americana, giunge in questo libro alla conclusione che il pericolo è ancora ben vivo, e che la sola speranza di tenerlo lontano, sta nella consapevolezza dei nessi profondi che sono alla sua origine, e quindi in un’educazione fondata su precisi valori umani, capaci dì assicurare la necessaria integrazione del singolo senza imporgli, insieme alla perdita deÏ rispetto di se stesso, quella deila propria autonomia di giudizio e di azione.

Ecco cosa scrive nella prefazione del libro: (parole per le quali io oggi mi ritrovo molto affine e cui credo siano ancora così attuali e che anche altri, soprattutto i giovani, dovrebbero poter leggere nonostante il libro sia pressoché introvabile e mai più ristampato dal 1976).

“Oggi abbiamo tanta fretta di inviare messaggi nello spazio extraterrestre, ma la nostra vita di ogni giorno, è spesso così affannosa o monotona che molti di noi non hanno niente di importante da comunicare a chi gli sta vicino”.

Non era mai avvenuto in passato che le cose andassero così bene per la grande maggioranza delle persone: oggi non dobbiamo più tremare per timore delle epidemie o della fame, o degli spiriti maligni nascosti nelle tenebre o degli incantesimi delle streghe.

Ma, soprattutto, siamo stati alleviati dal peso delle fatiche più sfibranti, e le macchine, non il lavoro delle nostre mani, ci daranno presto non soltanto quasi tutto ciò di cui manchiamo, ma anche ciò di cui, in verità, non abbiamo proprio bisogno.

Bruno Bettelheim un tempo era venerato nella psichiatria infantile. – immagine Chicago Tribune

Non solo, ma tutte quelle libertà al possesso delle quali l’uomo ha aspirato per secoli, noi le abbiamo ereditate.

Per queste ragioni, e non solo per queste, dovremmo essere convinti di trovarci alle soglie di una nuova età dell’oro: invece, ora che siamo più liberi di godere di tutti questi vantaggi, ci sentiamo profondamente frustrati e delusi perché il possesso di quelle libertà e di quelle comodità che l’uomo ha tanto a lungo bramato non dànno né un senso né uno scopo alla nostra vita.

Godiamo infatti di una libertà assai più ampia che non in passato, e, tuttavia, la maggior parte di noi aspira ancora a quella piena realizzazione di sé che sembra invece allontanarsi continuamente da noi, insoddisfatti ed inquieti in mezzo a tanta ricchezza.

Una volta raggiunta la libertà, la paura ci afferra davanti a forze espresse dalla società che sembrano soffocarci e premere su di noi da tutte le parti, mentre il mondo che ci circonda sembra rimpicciolire di giorno in giorno.

II tedio e l’insoddisfazione crescono al punto che molti sembrano pronti a rìnunciare alla libertà, perché ritengono che la loro esistenza sia diventata troppo complicata e che sia ormai troppo difficile risolverne i problemi.

Bruno Bettelheim compare nei panni di sé stesso nel film Zelig di Woody Allen

Se per loro la vita non ha più significato, essi desiderano almeno non sentirsene più responsabili, e lasciare che la società ne porti il fardello del fallimento e della colpa.

Il problema centrale del nostro tempo, il problema che ci sovrasta, è quello di trovare il modo di raggiungere una piena realizzazione di noi stessi conservando allo stesso tempo la libertà e cercando di adattare la società alluna e allaltra di queste esigenze.

Laddove si riscontrano dei disagi tipici della nostra civiltà, bisogna cercare di mostrare quali siano i cambiamenti che dobbiamo operare in noi stessi.

Invece di cercare la sicurezza in una ripetizione più o meno costante di comportamenti più o meno uniformi, dobbiamo cercare di trovarla nella “buona vita”, pur essendo in un mondo che si trasforma molto rapidamente e nel quale si hanno pochissime possibilità di prevedere l’esito delle nostre azioni.

Per affrontare tale compito il cuore e la ragione non devonopiù rimaner separati.

Il lavoro e l’arte, la famiglia e la società non devono più svilupparsi ciascuno per conto proprio.

Il cuore coraggioso deve infondere nella ragione tutto il suo calore vitale, e la ragione deve perdere la sua astratta simmetria per ammettere l’amore e le pulsazioni della vita.

Non possiamo più contentarci di una vita in cui il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce. Il nostro cuore deve conoscere il mondo della ragione, e la ragione deve essere guidata da un cuore consapevole.”

Tra le sue opere più importanti ci sono:

< Symbolic Wounds , Love is not enough >,

< Truants from Life >

<Dialoques with Mothers> (trad. italiana Dialoghi con le madri “, Edizioni di Comunità, Milano, 1964)

La collana Adelphi si riferisce alle diverse serie editoriali dell’omonima casa editrice italiana, nota per il suo catalogo raffinato, eclettico e per la cura meticolosa dell’aspetto grafico. La casa editrice fu fondata a Milano nel 1962 da Roberto Bazlen e Luciano Foà, e successivamente diretta per lungo tempo da Roberto Calasso, che ne ha plasmato l’identità intellettuale.

Le opere che appaiono in questa collana (Adelphi), collana principale, iniziata nel 1965, si rivolgono a un lettore disposto a mettere in discussione le proprie verità, aperto a nuovi confronti, a nuove acquisizioni, o a nuovi e più consapevoli rifiuti.

Pubblica narrativa e saggistica di alta qualità, spaziando dai classici della letteratura mondiale a opere contemporanee.

Riconoscibile per l’inconfondibile copertina color panna con inserto decorato.

Tra i titoli più noti si trovano autori come Milan Kundera, Vladimir Nabokov, Ljudmila Ulickaja, Robert Walser e tanti altri.

https://it.wikipedia.org/wiki/Adelphi?wprov=sfla1

Ogni libro intende offrire innanzi tutto un’ipotesi, un punto di vista su un problema che ci sembri fondamentale per chiunque si renda conto del grande processo di trasformazione, nella vita e nella cultura, a cui partecipiamo.

La tematica potrà spaziare dalla scienza alla filosofia., dalla psicologia all’arte, senza trascurare quelle interpretazioni del passato che possano servire a meglio comprendere il presente, e il futuro che in esso è contenuto.

I punti di vista dei singoli autori potranno essere tra loro contrastanti, diversi i loro interessi e le loro esperienze: quel che importa è che ogni libro sia, al di là di ogni specializzazione, un tentativo coraggioso di affrontare un nodo essenziale della cultura contemporanea e talora di proporne una soluzione, discutibile certamente., ma sempre degna di considerazione per la novità delle idee e per l’intimo convincimento che la sorreggono.

(Tratto dalla prefazione del libro < Il Prezzo Della Vita – L’autonomia individuale in una società di massa>

dell’autore Bruno Bettelheim,

Collana Adelphi, finito di stampare nell’Aprile 1965 nella Cromotipia E. Sormani – Milano, stampato in Italia nello stesso anno, ristampato da Bompiani nel 1976, con il sottotitolo, “La psicoanalisi e i campi di concentramento nazisti.”

Uscito in USA col titolo originale:

<The Informed Heart> stampato negli USA by The Free Press – 1960

Traduzione di Piero Bertolucci)

Ecco ora mi darete del Comunista, ma lo ripeto e lo farò finché vivrò, sono un uomo libero ed un libero pensatore, libero dai dogmi…

Spero che di queste parole ne facciate tesoro, e possiate accedere alla lettura di questo libro al più presto.


Paolo Bongiovanni
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