Bobo che era di Asti…

Bobo che era di Asti
(poveri figlioli miei).

Bobo che era di Asti
(poveri figlioli miei).

 Bobo era al tempo un pezzo di ragazzo. Alto, biondo, con un naso un po’ ricurvo e lo sguardo serafico. Riservato e coltissimo. Arrivava da Asti e veniva d’estate in Liguria. Famiglia facoltosa, ottimo studente, era un po’ altezzoso ma forse era, più che altro, un introverso. Discutevamo spesso di musica, amicizia, libri. Aveva il difetto di amare il personaggio “decadente”, sfotteva gli ottimisti e diceva di non credere in nulla. Voleva apparire cinico. Amava così tanto Lou Reed che pensò bene di imitarlo. Ma solo nell’eroina. Vita d’inferno per anni. Lo persi di vista e mi dissero che, alla fine, ne era uscito, professore di filosofia in un liceo. Solo e depresso, dopo qualche tempo si impiccò.


Una storia particolare ma comune alla generazione dei ventenni dei primi anni 80. C’era chi era arrivato lì dopo qualche esperienza “politica”, chi vi arrivava dalle cosiddette “compagnie” delle piazze (al tempo per comunicare con qualcuno dovevi incontrarlo e guardarlo in faccia). Ex fighetti, ex “alternativi”, ex operai, persino ex parà di leva. Tutti accomunati dalla signora della morte che ne anestetizzava i cervelli prima di accopparli.

Ho come la sensazione, cercando di re-immedesimarmi nel ragazzo che ero, che paradossalmente, ci fosse uno strano connubio di coscienza – incoscienza in questa scelta devastante che era l’eroina: coscienza di una vita futura che anche allora sembrava sciatta, banale e scontata e l’incoscienza che quella scelta – la droga – era lei stessa, la scelta più sciatta e scontata possibile. La resa. Era la resa. Già a vent’anni.

 

Oggi – fortunatamente – l’eroina è molto meno frequente e sono altri i sentieri dello sballo seguiti dai giovani (non per questo meno pericolosi). Questi, mantenendo quella sostanziale incomprensibilità ai nostri occhi, che anche allora torturava i genitori, appaiono solo superficialmente più vitali, con aspettative forse più semplici (anche perché  del tutto materiali), e sono anestetizzati dalla omologazione generalizzata. Omologazione scolastica, omologazione nel contatto frequentissimo ma virtuale e non diretto con i coetanei, omologazione nell’abbigliamento, omologazione pilotata dal politically correct imposto dalla comunicazione.


Poi ripenso a Bobo (e ad altri amici o amici di amici o amici di amici di amici) che si sono persi nel buco nero dell’eroina. E penso ai salvati. Oggi genitori. E ai genitori più giovani di questi genitori. E penso agli “apericena”, al “tartarughino” inseguito a 50 anni, alle amanti e agli amanti, alla famiglia (unica vera comunità umana “naturale”) demolita, alle balle sul gender unico, all’Erasmus inseguito senza aver mai stretto rapporti genuini neanche con i compagni di scuola, al tramonto del nostro occidente. Un tempo aspettative troppo complesse generavano sbandati; ora sbandamenti generalizzati generano  ingranaggi di una macchina a rendimento meccanico nullo. Bobo avrebbe riso al paragone cinico con la fisica.

Come allora, poveri figlioli miei. 

Diego Minuto 

 

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