Before design classic

BEFORE DESIGN CLASSIC

 

BEFORE DESIGN CLASSIC

 Perché mai Matteo Garrone, il regista di Gomorra, ha scelto di ambientare nella cosiddetta Piscina Mirabilis (l’antica cisterna romana nel comune di Bacoli, a Capo Miseno) il cortometraggio che inaugura la mostra curata dallo Studio Ciarmoli Queda, per il Salone del Mobile a Milano, al Padiglione 15 della  Fiera di Rho, visitabile fino a questa domenica 17 aprile? Più che un riferimento al mito fondativo dell’Impero romano come è narrato nell’Eneide, “La cisterna flegrea – spiega il regista – è un luogo che ha una storia e al tempo stesso è neutro, consente agli arredi di valorizzarsi, perché il protagonista del film, non dimentichiamolo, è il mobile”. O meglio, i mobili in stile “classico”: divani, ‘agrippine’, tavolini rotondi, poltrone, comò e sedie (Luigi XV, XVI, Impero, Luigi Filippo…), cuscini ricamati, trumeau, lampadari, consolle e orologi rococò, grandi anfore decorative, una tela con cavallo bianco su paesaggio agreste, ecc. che sembrano appena usciti da una esposizione di antiquariato di lusso.


 D’altra parte l’intenzione dei curatori di questa mostra-evento è proprio quella di recuperare e valorizzare la grande bellezza dell’artigianato pre-industrial design e di meravigliare il visitatore, proponendo, senza falsa modestia, “quella meraviglia classica che rompe le convenzioni, attraversando il tempo e lo spazio, diventando spunto irrinunciabile per costruire un nuovo stile di vita, un nuovo mondo, un nuovo futuro [che, in questo caso, avrebbe, come ha scritto Carlo Levi, un cuore antico]”. Il messaggio è chiaro: se vogliamo che la bellezza classica  sopravviva alle nuove invasioni barbariche rappresentate dalla produzione in serie di manufatti anonimi e “tecnologici”, stile IKEA, dobbiamo tornare all’artigianato di qualità, finché siamo ancora in tempo. “Ho trovato subito molto interessante il progetto  ‘Before Design: Classic’ – dichiara Matteo Garrone – e ho accolto con grande piacere la sfida di raccontare i mobili in modo non didascalico e all’interno di un impianto cinematografico. Mi è piaciuta molto l’idea di partenza, che vede il classico attraversare le diverse epoche, mantenendo le proprie caratteristiche di attualità e contemporaneità e gettando un ponte verso il futuro. Per questo ho immaginato uno scenario post-atomico, un mondo distrutto dal quale i bambini (che incarnano lo sguardo puro, la capacità di vedere il bello) salvano dalle macerie alcuni pezzi, vere e proprie ‘perle’ che si sono conservate nel tempo.


 Muovendosi sullo sfondo di un luogo incantato, in cui si sente molto il rapporto con la storia, i piccoli ‘custodi del gusto’ riordinano, ripuliscono e conservano per il futuro questi mobili, per continuare a tramandare la bellezza. Il mobile diventa così il protagonista assoluto, resistendo attraverso le epoche e incarnando un gusto sempre attuale”. La Piscina Mirabilis, per chi non lo sapesse, è il terminale dell’acquedotto del Serino, costruito in età augustea  per l’approvvigionamento della base militare di Miseno e della  Classis praetoria Misenensis; la struttura (ammirata e studiata, tra gli altri, da Giuliano da Sangallo),  è costruita sulla collina prospiciente il porto di Miseno e consiste in una grande cisterna a pianta quadrangolare, scavata nel tufo; presenta quattro file di dodici pilastri cruciformi che sorreggono la volta a botte e scandiscono lo spazio interno in cinque navata lunghe e tredici corte.


 Purtroppo anche questo sito archeologico si sta lentamente sgretolando, e la scelta del regista romano di usarlo come location per questo suo cortometraggio ha senz’altro il merito di puntare i riflettori su un bene culturale poco conosciuto che andrebbe, come tanti altri, conservato e valorizzato, prendendo esempio da quello che fanno a Istambul per la Basilica Cisterna Yerebatan Sarnici, che è curata e tenuta come un’opera d’arte di inestimabile valore. Tuttavia, il nesso tra quelle antiche navate della cisterna flegrea e gli arredi “in stile” forniti dai più rinomati produttori e commercianti del settore, confesso che mi sfugge; la trasformazione di quegli antichi spazi sotterranei in una specie di rifugio antiatomico e di museo per mobili, sia pure di pregio, mi sembra, più che un’idea geniale, una trovata pubblicitaria commissionata dai mobilieri e quasi una profanazione. Ma si trattava – il regista obietterà –  di trovare un luogo protetto e sacro per sottrarre la grande bellezza dell’ebanisteria sette e ottocentesca alle offese dei nuovi barbari tecnologici capaci solo di distruggere. Già, e meno male che ancora sopravvivono gli angeli, o meglio, gli angioletti del fango che, in funzione di “custodi del gusto”, salveranno le poche “perle” superstiti dopo la catastrofe nucleare che ci aspetta. Mi viene in mente lo splendido finale dell’Odissea nella spazio di Stanley Kubrick: quella stanza bianca in stile Impero dove una vita finisce e un’altra nasce (o rinasce) è veramente un colpo di genio. Mi piacerebbe sapere che cosa ne pensa il collega di Trucioli Biagio Giordano, esperto cinefilo.

 Fulvio Sguerso

 

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