Battere la Paita tre a uno, ma il rigore non c’era

Battere la Paita tre a uno,
ma il rigore non c’era

Battere la Paita tre a uno,
ma il rigore non c’era

Siamo già in clima da regionali, e per un momento voglio mettermi al di fuori da tutto, da ogni appartenenza, e ragionare come un semplice cittadino ligure.

Si sente dire sempre più spesso che sia necessario “battere la Paita”, che debba essere sconfitta a ogni costo, pena un destino terribile per la nostra regione.

Ora, Paita non è come Renzi, piovuta tra capo e collo dal cielo (o da qualche luogo un po’ più caldo): è espressione di continuità dell’amministrazione Burlando, votata dai liguri per ben due volte, a sua volta continuità quasi ininterrotta di anni e anni e amministrazioni.

 Non è un fenomeno naturale, una calamità imminente, un avviso meteo estremo, contro il quale occorra premunirsi, e diramare allarmi. E’ il prodotto di una lunga evoluzione, di un paziente e consolidato tessuto.

Anzi, il ragionare in questi termini produce l’effetto opposto: una sorta di ineluttabilità, di rassegnazione a priori, oppure in alcuni l’effetto trascinamento, l’effetto moda: la voto perché la votano in tanti.  Prima Berlusconi, poi Renzi, ora in qualche misura Salvini, si giovano di un fenomeno molto simile, più sono criticati, più si parla male di loro, più attirano l’attenzione e fanno proseliti. 

Qualcosa come il proverbio ligure: all’ase giastemou ghe luxe u pei.  Il fascino di chi ha molti nemici.

Se si è convinti che Paita abbia molte possibilità di vincere le prossime regionali, e si considera questo evento, eufemisticamente parlando, come piuttosto negativo,  per non dire nefasto, piuttosto che levare alte controproducenti strida, occorre innanzitutto capire perché e come. Come è possibile che, a dispetto di ogni evidenza, ancora siamo ridotti così? Pensare alle cause più che alle conseguenze, che sappiamo.

Senza ricadere nel vizietto tipico della sinistra (possibile che gli altri non la pensino come me, visto che io ho evidentemente ragione a prescindere? Possibile che non vedano la verità?), o nell’ingenuità da neofiti che a volte noi pentastellati dimostriamo, per cui basterebbe far capire alle persone tutto ciò che di negativo noi intravediamo in un politico, in un partito, lanciare slogan, partire lancia in resta, per convincerli automaticamente a passare dalla nostra parte.


No. Non funziona così. Le chiamate alle armi, le improbabili alleanze, i fronti comuni, non funzionano di per sé, proprio perché la premessa di base è sbagliata: si è convinti che tutti la pensino come noi,  e partendo da quel presupposto pensiamo di dare loro quello che disperatamente cercano e non trovano. Insomma, decidiamo di pensare anche per gli altri, e di ragionare in base a quello che noi crediamo sia meglio per tutti.

Allora, non è che esistano misteri nascosti, verità da disvelare, oscuri complotti. Sappiamo tutto.

Abbiamo visto come sia ridotta questa regione, fra dissesto idrogeologico, cementificazione selvaggia, affari trasversali di varia natura, lavoro che non c’è, gioventù in fuga, incapacità di valorizzare i nostri beni, ma anzi tendenza a distruggerli.

La penetrazione delle mafie nel tessuto sociale ed economico, soprattutto della ‘ndrangheta, è certificata, quanto meno a ponente, ma non solo.

La sanità e il sociale scricchiolano, e non solo per i tagli a livello nazionale.

Si sono evidenziati clamorosi buchi di bilancio, colmati con improbabili cartolarizzazioni. I fondi regionali sono elargiti con criteri discutibili e clientelari.

Abbiamo amministratori indagati, per cui si ipotizzano pesanti responsabilità in fatti di inquinamento e di  gravi danni alla salute pubblica.

In molti abbiamo letto libri come “il partito del cemento”. Non mi risulta siano stati smentiti. Si sono ipotizzati accordi  di ogni genere fra centro destra e centro sinistra.


 E’ scoppiato, come in altre regioni, lo scandalo delle spese pazze in consiglio, che ha coinvolto vari  gruppi e personaggi anche in vista. In occasione dei recenti eventi alluvionali, non mi risulta che la regione e la stessa assessore ne siano usciti in splendida forma. Ci sono tali e tanti intrecci e conflitti di interesse e nomi ricorrenti,  da delineare un quadro preciso e autoreferenziale. I poteri forti qui non solo operano liberamente. Qui spadroneggiano indisturbati, oltre ogni limite.

Le primarie del PD sono diventate un caso nazionale, uno scandalo clamoroso.

Eppure, nonostante tutto, siamo ancora convinti che la vittoria della sunnominata espressione di tutto questo, sia quasi inevitabile.

Eppure, in quelle stesse primarie, al netto di eventuali voti di dubbia natura, che  se ci sono, verranno eventualmente accertati dalle indagini,  molti elettori del PD, persone normali, come tutti noi, si sono messi in fila e han votato Paita, convinti.

Che facciamo, dobbiamo salvarli da loro stessi? Probabilmente sanno già tutto quanto sopra esposto, e non gli importa, o gli attribuiscono una valenza diversa, calunnie, fatti gonfiati… Alcuni, per quanto possa suscitare compassione una tale convinzione, percepiscono realmente Paita come un elemento nuovo, una discontinuità, per di più al femminile.

Certo espressioni come: bisogna battere Paita a qualsiasi costo, non gli farebbero di sicuro cambiare idea. Anzi. Se si ragiona come in un derby, l’effetto tifoseria prevale, e fa muro. E i tifosi, come è noto, non ragionano.


Don Farinella

Esiste, allo stato attuale delle cose, una percentuale piuttosto elevata di elettori che, piaccia o no, subisce l’effetto Renzi, fenomeno gonfiato dai media.  Esistono persone che votano per ragioni che sfuggono all’evidenza,  che non sono pienamente informate o dell’informazione se ne fregano. 

Esistono clientele consolidate, reti intessute dai partiti sui territori.  Persone che votano per tradizione perché appartengono a certi ambiti, o anche solo in cambio di un favore, la strada, il parcheggio, il campetto.  Esistono voti ideologici che non prendono minimamente in considerazione altro che non sia la fedeltà al simbolo.

Esistono voti di pancia, voti dell’ultimo momento, voti di appartenenza,  voti contro.

Quanto varrà, ad oggi, tutto questo?  Con astensionismi che viaggiano intorno al 50%, il calcolo è presto fatto: insieme, centro destra e centro sinistra valgono molto meno della metà dell’elettorato.

E se si spera di andare a sfrucugliare più di tanto in quell’area, criticando le amministrazioni passate e paventando le minacce di distruzione future, si è fuori strada.

Occorre ragionare su chi, già abbondantemente oltre  lo schifo, la disillusione, lo sconforto, non li voterebbe mai, non li voterebbe più, e magari non vota proprio.

E come parli, a queste persone, come li convinci ad ascoltare?


 Difficilmente possono riuscirci coloro che hanno preso in passato percentuali da prefisso telefonico.  Per quale motivo dovrebbero aumentare adesso, risultare di colpo più credibili e/o meno ideologici?

Ancor più difficilmente possono risultare attendibili coloro che da sempre siedono nelle amministrazioni, collaborano con le giunte, esercitando un blando diritto di critica interno, ma subito pronti a tornare all’ovile e avallare qualsiasi nuovo scempio, in cambio di un presunto onore delle armi e spesso neppure quello, ma solo una poltroncina o un contentino da asilo.

Non ci può riuscire chi punta sempre e solo sull’ecologia e l’ambiente. Mi fa male dire una cosa del genere, perché io all’ambiente ci tengo, ma evidentemente la maggioranza dei liguri ancora si beve la favola dell’ambientalismo becero e retrogrado e pretestuoso.

Perché non lo vedano come una minaccia alla loro veranda nuova e al loro “sacrosanto” parcheggio e al “progresso”, o al lavoro sempre più in forse, occorre usare altri argomenti: ossia, quanto sia controproducente, antieconomico, dannoso e arretrato questo presunto modello di sviluppo.

Quanto e come si potrebbe fare meglio, anche economicamente. Proprio anche con e per l’ambiente.

E qui andiamo al dunque: per riportare le persone al voto, occorre dare speranze concrete, entusiasmo, dimostrare che un modello diverso sia possibile, per questa regione.

Un modello che porti benessere, civiltà, sviluppo differente, un nuovo tessuto sociale, una nuova rinascita. Che li faccia, che ci faccia stare meglio.

Occorre riconquistare la partecipazione, la sensazione del poter fare, del poter influire in prima persona. La politica come attivismo del singolo, dei gruppi, dei comitati, fuori da ogni clientela e blocco precostituito. Protesta e proposta. Rimboccarsi le maniche, in tutti i sensi. Un progetto nuovo, articolato e fattibile.


Carrara (il Comune occupato dopo l’alluvione)

Fattibile? Non lo so. A volte, quando vedo cosa è successo a Parma (le proteste con le pentole sotto il comune che stava per fallire) o a Carrara (il Comune occupato dopo l’alluvione) sono portata a scoraggiarmi. Il cinico scetticismo ligure sembra prevalere su tutto, trovare l’impegno è cosa dura. Perché qualsiasi buona intenzione, qualsiasi idea chiara di spazzar via gli intrecci, gli sprechi e le caste, per ricostruire su basi nuove,  non funziona solo ottenendo un eventuale  voto distaccato e fine a se stesso, ma con la partecipazione, il sostegno attivo dei cittadini, con il risveglio civile.

Però so anche che noi, noi liguri, a volte sappiamo dimostrare dignità, rabbia costruttiva, determinazione, coraggio.  Quando meno uno se l’aspetta.

Allora, forse, occorre cercare di suscitare tutto questo: un programma concreto e innovativo, coinvolgimento, persone serie, un nuovo rinascimento, una rivoluzione pacifica. E che ci voglia tutto il tempo che può volerci. Se è prima, meglio. Magari la scintilla è dietro l’angolo, magari i fatti  ci aiutano, tutto sta a non farsi trovare impreparati.  Ma non è detto e non bisogna puntarci tutto, per poi crollare di delusione.  Pazienza e determinazione e freddezza.

Se ancora troppe persone si accontentano di questo sistema, così com’è, ridotto alla frutta, in tutti i sensi, vuol dire che bisognerà prenderne atto, e lavorare ancora di più e meglio per risvegliare le coscienze. Se ai più sta bene Paita, con tutto quanto sopra, si potranno fare tutte le amare considerazioni del caso, ma niente di più, solo accettarlo, per quanto sia dura.

Non esistono scorciatoie. La triste esperienza vadese l’ha dimostrato.  Non esistono babau da evocare. Solo lavoro, duro lavoro, esempi, idee, progetti e speranze, sui territori. E persone di buona volontà, persone nuove, entusiaste, decise, preparate o disposte a imparare, con un linguaggio serio e vicino agli altri, e magari, tanto per cambiare, con un pelino di altruismo e abnegazione, giusto  per essere credibili, cittadini fra cittadini e diversi dai politici in genere.  E molti cittadini che li appoggino concretamente.

Niente di più e niente di meno di questo.

Si rivolta un sistema solo con le persone che non appartengono in alcun modo al sistema. E con l’appoggio vero dei cittadini. Il risveglio civile, appunto. Indispensabile premessa, senza il quale nessun cambiamento a lungo termine è possibile, e qualsiasi risultato è precario ed effimero.

Milena Debenedetti  Consigliera del Movimento 5 stelle

 

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