BANCHE: COME SONO E COME DOVREBBERO ESSERE
Girovagando in rete, mi sono imbattuto in una notizia che mi ha riportato alla mente i tanti anni (20 tondi) in cui ho cercato di fare quello che si chiama giornalismo d’inchiesta, in stile Report, portando a conoscenza della gente come le banche siano passate dalla loro originaria mansione, di custodia dei nostri valori, a tutto il contrario, sconvolgendo completamente quella che era la loro funzione originaria, che la maggioranza crede sia ancora tale.
È istruttivo fare un passo verso i primordi delle attività più consone alle mansioni delle banche illustrando i resti murari di una “banca” marocchina, attiva fino al secolo XV, nella regione montuosa del sud del Marocco.



L’ingresso e la parte finale del lungo corridoio sui cui lati si vedono ancora le celle delle varie famiglie, che vi deponevano i loro beni solidi, dall’oro all’argento ai cereali, documenti e così via. La sicurezza dell’intero complesso era affidata ad un custode, ciascuno rispettando le proprietà altrui. Questo embrione di banca sarà probabilmente insignito del titolo di Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco
In sostanza, il grande edificio era un insieme di locali di deposito, costruito su un luogo di difficile accesso, in mezzo alle aspre montagne di Souss Massa, per sfuggire a razzie esterne, mentre tra i residenti, i berberi Amazigh, vigeva la più assoluta fiducia reciproca, onde non vanificarne lo scopo.
Un percorso all’origine non tanto dissimile era quello seguito dagli orafi del tardo Medio Evo, ai quali i cittadini affidavano i loro beni di maggior valore, come gioielli e monete d’oro e d’argento, per garantirne una maggior protezione rispetto alle proprie dimore.
Gli orafi, a fronte di ogni deposito, ne stimavano il valore e rilasciavano una nota corrispondente. Al crescere delle ricchezze depositate, gli orafi mutarono via via la loro primitiva arte e assunsero i connotati di un “banco”: di qui quelle ricevute diventarono “note del banco” e indi banconote, come ancor oggi le conosciamo, nel senso che venivano usate alla pari di vera e propria moneta, sapendo che ad ogni banconota corrispondeva un uguale valore in metalli preziosi nella cassaforte del banco.

La figura dell’orafo finì col confondersi con quella del prestasoldi e in embrione con quella dell’odierno banchiere, in quanto le ricevute (“note”) dei preziosi custoditi per conto dei clienti, banco-note, assunsero valore di moneta, garantita proprio da quei preziosi. Il passo ad emettere più note scoperte fu breve
Col tempo, considerando che solo un’esigua frazione dei valori depositati venivano riscattati, i banchi (che ormai possiamo chiamare con la loro più diffusa denominazione al femminile: banche) si diedero ad emettere banconote fasulle, cioè in quantità superiore alle ricchezze effettivamente custodite.

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La truffa veniva a galla soltanto in frangenti eccezionali, quando il panico si diffondeva rapidamente portando la grande maggioranza dei depositanti a chiedere la restituzione di quanto depositato. La classica “corsa agli sportelli (bank run) occorsa così tante volte nella storia anche recente.
Ma la memoria della gente, si sa, è di corta durata, per cui, a parte qualche fallimento bancario, tutto ha ripreso come prima.
Ma i banchieri sono stati molto più audaci di qualche gonfiamento dei bilanci. In sordina, senza che la gente si accorgesse di nulla, hanno completamente rovesciato il paradigma di base, sancito nel Testo Unico Bancario (TUB), con vigore di legge, laddove definisce le banche come mere intermediarie del credito: luogo di incontro di chi intende depositare denaro e chi ha bisogno di un prestito. In sostanza, il denaro passa dal conto del depositario (che diventa inconsapevole prestatore) a quello del mutuatario. Come si vede, secondo questo schema, la banca non possiede il denaro che presta, ne regola soltanto l’erogazione da una parte ad un’altra, limitandosi a fungere da deposito di denaro altrui (anche se, per legge, art. 1834 cc, diventa proprietà transitoria della banca, che può disporne prestandolo).

Due torri a raffronto: BCE a Francoforte e Unicredit a Milano, a illustrare la crescita abnorme delle banche commerciali versus la Banca Centrale, riflessa nell’esigua quantità di denaro cartaceo (legale) rispetto a quello digitale, senza base legale, che ne ha ormai preso di gran lunga il sopravvento
Se ci riflettiamo, il suo compito sarebbe molto simile a quello di un’agenzia immobiliare, che però non possiede mai gli alloggi nei processi di compra-vendita; ne agevola invece, col supporto di un notaio, il passaggio di proprietà. Lo stesso notaio che ratifica anche la concessione del relativo mutuo, con l’immobile che funge da “sottostante”, a garanzia del prestito. Oggigiorno, questa similitudine con l’agenzia immobiliare finisce però qui poiché i soldi che la banca presta non sono più dei suoi correntisti, ma propri della banca. Vediamo allora come siamo arrivati a tanto, partendo dalla definizione delle banche data dal Regolamento bancario EC/97498, il quale stabilisce che il denaro circolante avente valore legale ha unicamente due forme: cartacea (banconote) e metallica (monete), con le banconote stampate dalla banca centrale (ca. 92%) e le monete coniate dalla zecca di Stato per il rimanente ca. 8%.
Preme evidenziare, per inciso, che mentre le monete sono emesse dallo Stato, le banconote provengono, sì, dalla banca centrale, che però è privata, in quanto società per azioni, possedute da banche commerciali e assicurazioni, tutte private, con la sola eccezione di un 5% dell’Inps.
Pertanto, nel concedere un mutuo secondo la perduta prassi, le banche attingevano alle giacenze dei clienti, correndo esse stesse il rischio di mancato riscatto da parte dei loro mutuatari. Un rischio coperto dagli interessi annessi alle rate dei mutui.
A parte la natura privata della quasi totalità del denaro in circolazione, questo sistema aveva un senso, in quanto gli interessi erano il corrispettivo dei premi che le assicurazioni richiedono a copertura dei rischi.
Ma gli appetiti delle banche erano assai più ambiziosi. Capitolo primo: sbarazzarsi dell’obbligo, pur formale, di detenere oro a fronte delle banconote emesse, puntando ad un sempre maggior effetto leva, prestando 100 a fronte di un misero 10, o anche meno, di oro o di accantonamento presso la BCE, sulla scia dei loro antichi mentori, come abbiamo più sopra visto.

Immagine simbolica del progressivo scostamento della moneta dai suoi sottostanti, che ne garantirebbero il reale valore, con la nuvola virtuale (cloud) alla quale attingere senza sosta, non già per il benessere della popolazione, ma per gli usi distorti di una pseudo-economia che oggi sdogana il traffico di armi nei bilanci ufficiali degli Stati al pari di beni di prima necessità
Ed è qui che comincia la “finanza creativa”: si aggiunge alle banconote fisiche delle banche centrali una nuvola (cloud) di moneta eterea, digitale, di dimensioni molto maggiori, la cui discrezionalità è affidata alle singole banche commerciali e si prelevano i soldi dei mutui da lì. In aggiunta all’illimitatezza delle dimensioni del cloud, privo di sottostante fisico a garanzia, il salto di qualità è costituito dal fatto che le banche non devono più prestare soldi altrui, dei correntisti, bensì soldi propri: bingo!
Ferma restando l’esistenza di valuta fisica, soggetta a continue pressioni per sopprimerla o almeno ridurne la quantità, già oggi rimpicciolita al 5-8% della massa monetaria, il fatto di poter creare moneta effimera attingendo ad un cloud illimitato significa aver preso possesso, da parte delle molteplici realtà bancarie locali, di quasi tutti i soldi circolanti.

Un ammasso di nuvole (cloud), al quale attingere denaro virtuale senza sosta a formare il capitale digitale delle banche commerciali, assurte al rango di dispensatrici/regolatrici monetarie. Denaro virtuale che diventa effettivo solo all’atto della sua erogazione come prestito/debito. Senza un debitore la banca non può creare denaro. In tal modo tutti gli abitanti del pianeta sono scaduti a debitori verso le banche
Se non è un colpo di Stato questo, quale altro lo è? E, peggio di un qualunque colpo di Stato, questa presa del potere economico e finanziario di intere nazioni è stato contrassegnato dalla sua silenziosità: nessuno s’è accorto di nulla, neppure i vertici degli Stati, a giudicare dalla loro totale inazione. E se la gente è tenuta all’oscuro, come fa ad esserci mobilitazione e/o un referendum ad hoc, ossia senza quorum, in quanto non abrogativo, ma semmai istitutivo? Questo sarebbe stato il tema per eccellenza. E, scoperto l’imbroglio, prima ancora dei cittadini, sarebbe stato compito del Capo dello Stato di turno denunciarlo. Invece, non uno ha mai alzato la voce; anzi, tutti ossequiosi verso i potenti creati dalla loro stessa acquiescenza, come Vittorio Emanuele III davanti ai proclami e alle leggi di Mussolini.

Fiumi di gente a supporto di Gaza: un tema iper-diffuso dai media. La contestazione del sistema bancario dovrebbe attirarne altrettanti se non fosse silenziato, a partire dal Presidente della Repubblica, in ossequio ai veri signori del mondo

Nonostante la frequenza di forbiti e spesso solenni interventi del Capo dello Stato sui temi più disparati, non uno è stato incentrato sull’assurdità del sistema bancario corrente, certamente incostituzionale sotto vari aspetti. Eppure, il ruolo precipuo della massima carica dello Stato, è proprio quello di custode e garante della Costituzione
Ormai, è acquisito che tutto il denaro, tranne le monete metalliche, venga emesso a debito e a interesse verso le banche che se ne sono appropriate, gravando sull’intera popolazione, soprattutto sulle fasce più deboli, mantenute nell’indigenza per la cronica “mancanza di fondi”, mentre il welfare state s’è risolto in una fugace meteora, un’umanitaria illusione, in un sistema che ruba ai poveri per dare ai ricchi, esasperando le disuguaglianze, con l’esubero di denaro che finisce in misura crescente nelle Borse o che, per una buona parte dei mutui ripagati, si incanala verso esotici paradisi fiscali, per poi finanziare l’inconfessabile o teatri di guerre. Ma “l’economia deve girare”, a debito, fino al collasso prossimo venturo (che mi propongo di affrontare nella prossima puntata) e di cui il denaro è il fedele testimone.
Concludo, dopo avere descritto come sono oggi le banche, dicendo come dovrebbero essere. Il denaro circolante dovrebbe provenire in toto da una banca centrale pubblica, senza interesse né debito verso nessuno. Punto. E tutte le anomalie più sopra descritte sarebbero in un sol tratto azzerate. In sintesi, è questa la vera sovranità monetaria, che la vulgata etichetta di populismo. Se populismo equivale ad emettere denaro per la gente anziché per le banche, ben venga il populismo.
Marco Giacinto Pellifroni 26 ottobre 2025
Bibliografia essenziale (opere di un economista, un avvocato, un sociologo)
La moneta copernicana, Nino Galloni, Marco Della Luna, Nexus Ed. 2008
€uroschiavi, Marco della Luna, Arianna Ed. 2009
Finanzcapitalismo, Luciano Gallino, Einaudi Ed., 2011
Il colpo di Stato di banche e banchieri, Luciano Gallino, Einaudi Ed., 2013
Mai letto un articolo che spiega così bene e in modo semplice l’attività delle banche. ringrazio l’autore dell’articolo che mi ha fatto capire tante cose