Autorità, autoritarismo, autorevolezza e…

 
Autorità, autoritarismo,
autorevolezza e la sinistra dispersa.

 

 Autorità, autoritarismo,
autorevolezza e la sinistra dispersa.

Queste parole, autorità, autoritarismo, autorevolezza da sempre utilizzate nella discussione politica, anche se spesso soltanto per acquisire vicinanze e consenso, restano comunque nel lessico discorsivo di oggi come armi della propaganda, come cunei da infilare ovunque nei cervelli cercando di scardinarne la logicità del ragionamento.

Ma il discorso è sempre il solito: la mancanza di una cultura politica alta, l’intellettualismo virtuale che sforna esperti geopolitici del fai da te, tanto veloci sulle tastiere quanto nell’ evitare il confronto reale, ma in generale la confusione generata forse volutamente nella nostra società non distingue più i termini del vero confronto, appiattisce tutto quanto a una pura conta elettorale, nasconde ideologie sempre presenti, distinzioni, differenze, divergenze e convergenze,  insomma tutto viene precipitato in un grande frullatore che genera soltanto parole e fumo, sedicenti capi e improbabili condottieri circondati da aiutanti di campo, servili e fedeli.


Oggi si dice che in alcune formazioni politiche domini l’autoritarismo, ed è anche vero in parte, è nei fatti, nelle azioni, nella distribuzione mirata agli amici a ai familiari, ma bisogna fare attenzione perché nella cultura politica non esiste solo l’autoritarismo palese o mascherato, ma anche l’autorità, una distinzione che andrebbe fatta ma che viene soffocata dal rifiuto di vederne le differenze anche per il motivo di semplice convenienza di gruppo se non strettamente personale di singoli interessati alla confusione, uno stato  di mescolanza e caos dove tutto si può confermare o smentire senza particolari critiche.


Oggi la ricerca del leader, del capo politico che guida e tutto decide va per la maggiore, sembrerebbe cosa acquisita, data per scontata, una normalità che torna da una storia non del tutto dimenticata, ma spesso le cose non vanno come i fautori di tale ambizione vorrebbero, e allora capita che milioni di persone – anche con pensieri diversi tra loro se non opposti – si rivoltino contro questa prassi, indipendentemente dal merito concreto.

Questo succede quando qualche singolo vuole imporre una sorta di soffuso autoritarismo, mascherato certo, ma non abbastanza da celarne i contorni, e quando il singolo sommerso dalla sconfitta non accetta il giudizio su se stesso, non accetta e non vuole vedere la contrarietà che lo circonda, ecco che il campo che lo sosteneva si disintegra, di disperde, si defila, e trova altrove le sue motivazioni di lotta e di prospettive, o almeno le cerca in una prospettiva frastagliata, dispersa, spesso confusa dove cerca di mettere ordine aprendo nuove e antiche visioni speranzose di riscatto al disagio e al bisogno degli ultimi oramai allo stremo.


Questo succede oggi nella sinistra italiana ridotta principalmente ma non solo per sue colpe a un arcipelago di isolette che qualcuno vorrebbe collegare con ponti e strutture simili che rivelerebbero la loro precarietà al primo scossone.

Ma tale arcipelago anche se potesse collegarsi in qualche modo che limiti ha? Che possibilità ha di far valere le proprie idee di società? Quale la critica al capitalismo finanziario che tanti danni ha provocato? Quale visione di un insieme prospettico nel progressivismo europeo? Quale il collante di fondo che tutto tiene assieme anche nelle avversità o nelle sconfitte? Quale il progetto politico?

Nessuna di queste domande ha oggi una risposta se non retorica. Nessuno è in grado di darne una veramente complessiva e convincente indicando un percorso progressista fattibile, senza propagandare utopie buone solo per strappare un applauso di piazza.

Qualcosa sta muovendosi nell’intellighentia internazionale, vedremo.

Credo però che ci sia una cosa da segnalare, piuttosto importante, questo è il momento in cui per la prima volta nella storia recente almeno – e in modo concreto – una coscienza popolare si fa sentire in tutta la sua rabbia, che urla  la propria esistenza, e sbatte la porta in faccia ai venditori di illusioni, ai ricercatori di sola mediaticità, di personalismo, di prepotenza istituzionale, una coscienza non unita sotto le bandiere di un’ideologismo definito e riconoscibile, anzi molto diversificata al suo interno, ma con un comune denominatore: un bicchiere troppo pieno di rabbia.


Una nuova coscienza popolare, che nasce certamente dall’esperienza di vita ma soprattutto che prende corpo nelle nuove generazioni che hanno detto di NO, che si ribellano, nuove e vecchie generazioni che sopravvivono nei territori dimenticati delle periferie, alla ricerca di un lavoro che non esiste, di una vita dignitosa che non edono, un campo frastagliato certo, ma molto largo che spesso viene schernito a torto evidenziando nei detrattori una mancanza oggettiva di solidità intellettiva, detrattori che ridendo e additandola denotano la mancanza di una visione culturale di progresso collettivo portata dalla certezza di possedere l’unica verità e dalla autoconvinzione che tutti gli altri sbaglino….…

Credere che tale coscienza popolare manchi di capacità di coesione può rivelarsi un grosso errore di valutazione, un errore non voler vedere una tale realtà che sta concretamente mettendosi in cammino nella strutturalità sociale, una realtà con la quale si dovrà per forza fare i conti, da una parte e dall’altra, comunque la si pensi.

Irridere tutto un mondo che era alla base di grandi progetti politici, infischiandosene se tale mondo volta la faccia altrove, è il sintomo nella sedicente sinistra disgregata, il segnale di un residuo autoritaristico infantile, fallito nei fatti, nelle persone e anche nei numeri.

L’autorità si può anche acquistare con favori e benevolenze, distribuendo potere, ma l’autorevolezza del singolo, del gruppo, della collegialità decisionale è un qualcosa che se manca non si trova nel mercato della politica, non si può comprare.

DOMENICO MAGLIO

 

 

 

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