Auschwitz pone interrogativi sul perchè…

Auschwitz pone interrogativi lancinanti sul perché sia accaduto. Interrogativi che cercano ancora oggi una risposta.

Auschwitz pone interrogativi sul perché sia accaduto.

Interrogativi che cercano ancora oggi una risposta.

 

 INTERROGATIVI. 

A settantacinque anni dal giorno in cui le truppe dell’Armata Rossa liberavano i sopravvissuti di Auschwitz, corre più forte che mai l’obbligo di non dimenticare l’orrore del male assoluto. Se n’è parlato, se ne parla e bisognerà continuare a parlarne affinché non vada perso neppure un solo lembo della memoria che a volte sembra svanire nei fumi dell’indifferenza. Secondo alcuni sondaggi l’antisemitismo non solo è ancora diffuso, ma tende a crescere alimentato dall’assurda convinzione che gli ebrei non dovrebbero insistere a evocare l’immonda “soluzione finale” e ciò che è accaduto durante l’Olocausto. Vengono i brividi a sentire certe infamie. Le cerimonie per l’importante anniversario sotto la ripugnante scritta Arbeit macht frei, indelebile e raggelante testimonianza di una società che aveva perso la ragione, sono valse se non altro a rinnovare l’appello affinché un simile orrore non si ripeta mai più. Auschwitz tuttavia pone interrogativi lancinanti sul perché sia accaduto; interrogativi che cercano ancora oggi una risposta.

 

SEGNALE.

 Per la politica valgano come monito da tenere sempre presente, i dati dell’ultima indagine Eurispes. Se ne ricava un quadro d’assieme non privo di ombre nel constatare che dal 2004 a oggi il numero di chi pensa che la Shoah non sia mai esistita è aumentato in modo esponenziale: dal 2,7 percento di allora al 15,6 di oggi. Di pari passo trova un “discreto consenso” l’affermazione secondo cui Mussolini sia stato un grande leader che ha solo commesso qualche sbaglio. Sull’altro versante la percezione è tuttavia e per fortuna molto diversa e per niente incline a sottovalutare la tendenza in atto. Forte tra l’opinione pubblica è la consapevolezza che la recrudescenza del fenomeno sia la conseguenza di un diffuso linguaggio basato su odio e razzismo. Vi è dunque tra gli intervistati – ed è un segnale rassicurante – la netta convinzione che il problema non soltanto c’è, ma che in nessun modo va sottovalutato per non creare una frattura nel Paese.

  

 Renzo Balmelli da  L’avvenire dei lavoratori

 

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