Macchiette e osterie della vecchia Savona

 Introduzione di Silvio Riolfo

In questo volume passano in rassegna le più caratteristiche figure della vecchia Savona e le sue più famose osterie, che sono a dir poco i salotti, oggi un po' decaduti, del gusto e dell'anima popolare.

I racconti ci riportano indietro di vari decenni, ma io credo che sappiano toccare il cuore anche dei più giovani, se è vero che il mutare dei luoghi e degli argomenti non spegne mai del tutto il bisogno di amare le cose e gli uomini da cui si proviene e da cui si prende ciò che di buono essi recano con sé.

Uno dei nostri gravi torti è quello di aver sottovalutato l insegnamento del moralismo consuetudinario, del giornalismo cosiddetto di costume, che spesso è più generoso e pagato di persona di tanta letteratura protestataria per comodo e settaria per necessità a cui siamo abituati.

Io credo che riconoscere le memorie della nostra città, sia oggi un diritto e non solo un dovere, tanto più che il sentiero su cui camminiamo quanto più si aggroviglia e pare disperderci, tanto più cerca un luogo dove poter scoprire, senza vergognarcene, la limpida vena che ci corre dentro ; la nostalgia, tanto evidente e fervida nelle città provinciali.

 Vegia Savonn-a
quaexi sparia,
no gh'è 'na pria
che n'agge in cheu,
che'a no me parle
di giorni belli,
di cai castelli
quand'eo fìggieu.

Sono versi di Cava e sono attuali anche oggi. Mi ritornano spesso in mente e penso che non succedo a me solo. Perchè? Ritornano perchè in dialetto diciamo cose che durano tutta la vita, mentre le parole comuni spesso popolano la nostra mente di dubbi e di sospetti. Tornano perchè la " Rosina" , venditrice di caldarroste, " Bertomelin il gobbo" e il " beciancillo" non ci conoscono e tuttavia ci parlano. Ma tornano anche perchè è Giuseppe Cava l'uomo che questi affetti ha ricostruito, presenta e memoria insieme, riflessione, trasporto e pietà.

A queste pagine, che solo la mano sensibile e arguta di Luigi Caldanzano poteva illustrare. Cava era giunto dopo anni di esperienze, anche dolorose: ne aveva meditato cento volte i frammenti, aveva cento volte composto e ricomposto un mondo, ìn cui faticosamente aveva meritato di vivere. Fin da quando — accomunando l'amore per i libri a quello per le macchine ebbe dalla sorte l'indelebile segno di entrambe: dagli uni la vena di poeta autentico ; dalle altre un arto stritolato e l'amputazione per salvarsi la vita.

Restava il rifugio, ma non l'ozio delle lettere, e una onesta, rigorosa lotta politica.

Cava divenne tipografo, compositore, giornalista, uomo di parte; fondò diversi periodici, tra cui il « Marciapiede », umoristico con macchiette, che ebbe circa un lustro di vita e dal quale sono tratte oggi in volume le caricature degli uomini allora in vista.

Si torna a leggere Cava anche per questo : perchè non dimentichiamo la sua vita e l'operosità vera dell'arte, perchè non si frantumi ai nostri piedi l'antica corona delle amicizie, né si perda lungo la strada il caro immaginare della nostra gente sulla nostra e sulla loro sorte,

SILVIO RIOLFO