Chissà che una donna in una roccaforte maschile non riesca a fare grandi cose!
Forse qualcosa sta cambiando?

MARGHERITA PIRA

Forse anche una delle più inespugnabili rocche del maschilismo ha ceduto!

All’Università di Harvard, una delle più prestigiose degli Stati Uniti e forse del mondo, è stata nominata rettore una donna: Drew Gilpin Faust.

La signora è ancora abbastanza giovane ( è nata nel 1947 ) ed è docente di storia americana.

La cosa che più crea gioia nel mondo femminile ( ammesso che le donne non abbiano altro da fare che ripensare alle vecchie lotte del femminismo e alle nuove vittorie nonché alle nuove sconfitte ) è che il rettore precedente aveva affermato che solo gli uomini hanno le qualità intrinseche per quella carica.

E’ stato affermato anche che Harvard è l’incubatrice della virilità americana.

Ora a capo è una donna. Non male! 

L’università di Harvard è sicuramente tra le più antiche del nuovo continente e sicuramente una delle più ricche.

Qui hanno studiato numerosi allievi che poi hanno ricevuto il Nobel e molti presidenti degli Stai Uniti sono usciti da qui.

Decisamente un bel curriculum che la rende meta agognata per giovani di belle speranze che abbiano finito gli studi nelle scuole superiori.

E’ difficile comunque riuscire ad entrare. Vige il criterio, a mio parere giusto se tenuto nei dovuti limiti, della meritocrazia.

E’ lo stesso criterio adottato per l’ammissione alla Scuola Normale di Pisa la quale è stata anch’essa base di partenza per tanti giovani che poi sono divenuti celebri e hanno portato benefici alla nostra società nei più diversi campi che spaziano dalla letteratura alle materie scientifiche.

A parte che poi ad Harvard si entra anche se si appartiene ad una determinata famiglia detentrice del potere economico o politico (è successo così a John  Kennedy che non era poi così bravo nelle scuole precedenti) il problema che mi interessa non è quello femminista o quello del potere in tutte le sue accezioni. Mi interessa il problema della meritocrazia che è ora un problema squisitamente legato alla politica italiana nel suo momento presente.

Il problema si affaccia prepotentemente sia nel mondo della scuola sia in quello del lavoro. Pare che le linee di base della politica e dell’opinione pubblica subiscano dei flussi e riflussi collettivi.

Per un certo periodo era di moda il concetto di uguaglianza generale a cui non si ammettevano deroghe

Ricordo uno sciagurato decreto che parecchi anni fa (mi pare che il ministro della Pubblica istruzione allora fosse l’onorevole Misasi al cui nome gli avversari avevano per dileggio tolto le prime tre lettere e ne avevano aggiunte le due che prese isolate formano la negazione) decretava il passaggio quasi automatico alla classe successiva degli allievi iscritti al primo anno delle superiori, non so se solo per gli Istituti tecnici.

Gli effetti erano stati disastrosi  - infatti il decreto era poi stato ritirato – soprattutto per gli studenti perché rischiava di suscitare false speranze in ottimi ragazzi che avrebbero meglio e più rapidamente trovato la loro strada in altri tipi di scuole.

Molti ricordano il 30 politico all’Università e gli esami collettivi di un gruppo di studio dove uno o al massimo due lavoravano veramente mentre gli altri vivevano di rendita.

Tutti abbiamo, o abbiamo avuto , colleghi che si imboscavano regolarmente nel momento dell’impegno faticoso e poi apparivano al momento di raccogliere i frutti del lavoro.

I quest’ultimo caso vederli equiparati ai veri artefici del successo crea una situazione di disagio o addirittura sfocia in rancori che si protraggono rendendo l’ambiente difficilmente vivibile.

I premi a pioggia sono comodi per chi li elargisce poiché non creano la situazione sempre sgradevole di giudicare e di crearsi delle antipatie come conseguenza, ma non sono giusti. Anche ora quando vedo denaro pubblico elargito per programmi spesso inutili ma di effetto, mi arrabbio e penso che non dovrebbe essere così.

Per la scuola non deve ritornare, a mio parere, l’antica e disastrosa corsa alla competizione e alla supremazia nei giochi di gruppi interni alla classe, ma gratificare gli allievi bravi e impegnati mi sembra un’ottima cosa. 

E torniamo all’Università di Harvart.

E’ sicuramente impostata su un criterio di discriminazione almeno tra ricchi e poveri (basta dare un’occhiata ai costi esorbitanti) e questo è fuori dubbio sbagliato, ma un impegno a produrre di più (con più mezzi che purtroppo in Italia non ci possiamo permettere) sarebbe positivo e ci riporterebbe a livelli di competitività internazionale. 

Auguri al nuovo rettore, Drew Gilpin Faust. Chissà che una donna in una roccaforte maschile non riesca a fare grandi cose!

Margherita Pira