versione stampabile

UOMINI E BESTIE

8: Prospezioni dell’immaginario

Gli elefanti

Quarta parte 

 

Gli elefanti furono associati al corteggio di Dioniso, che non a caso tornò nella patria ellenica dopo un viaggio in India.

 

A Roma per la prima volta comparvero aggiogati al carro di Pompeo durante la celebrazione del suo trionfo sull’Africa, proprio come molto tempo prima quando Bacco, a quel che si racconta, fu vittorioso sull’India. Sempre a proposito di Pompeo Pròcilo riferisce che non poterono passare affiancati attraverso la Porta trionfale (Plin. Sen. VIII 4).

 

Ad illustrazione dell’estratto pliniano dirò che su ordine di Silla il Senato affidò a Pompeo il compito di ricuperare la Sicilia e l’Africa dai Mariani, ciò ch’egli fece in due fulminanti campagne negli anni 82 e 81a, eliminando i capi avversari che pur gli s’erano arresi; poi dall’Africa chiese un trionfo e comparve in armi alle porte di Roma, costringendo in tal modo Silla ad accontentarlo (PLUT. Pomp. 14): la cerimonia ebbe luogo nel 79. L’affermazione che si videro allora per la prima volta in Roma solo apparentemente contraddice quanto scriverà oltre (16; tradotto nella scheda prec.), perché qui parla di elefanti aggiogati. Della spedizione di Bacco in India riferiva Dionigi Scitobrachione (fr. 32F13 FGrH JACOBI), da cui probabilmente Diodoro Siculo (II 38), inoltre Pausania (X 29, 2), Luciano (Bacch. 4), Nonno nelle Dionisiache (l. VIII sqq.), ed Ateneo (V 31), che riporta da Callisseno (fr. 673F2 FGrH JACOBI) la descrizione di una mirabolante festa dionisiaca del tempo del Filadelfo. Imperatori romani erano effigiati su carri trainati da elefanti in tipi monetali, ad es. un sesterzio con al r. testa destrorsa di Domiziano ed al v. un giano sormontato da due quadrighe d’elefanti (R. VOLPE-E. M. LORETI, L’Arco di Domiziano con quadrighe di elefanti, in La terra degli elefanti. The World of Elephants, I Congresso internazionale, Roma 16-20 ottobre 2001, p. 407 sqq.); è l’identico tema del particolare del Rilievo Torlonia d’epoca severiana riprodotto qui sotto, da MEIGGS, Roman Ostia, 1973, tav. XXIa, ove compare un arco trionfale sormontato da quadriga d’elefanti condotta pare da Domiziano accanto ad un’immagine di Bacco.

 

 

 Particolare del Rilievo Torlonia

 

Il messaggio propagandistico è ben chiaro sin dal trionfo di Pompeo (Ferguson, Hellenistic Athens, 1911): da Alessandro, néos Diónysos e soggiogatore dell’India come il dio, discende la legittimazione del potere dei Diadochi, dei signori della guerra che al tramonto della Res publica aspiravano al primato, ed infine degl’imperatori. L’idea fu poi ripresa tra gli altri da Andrea Mantegna nel Trionfo di Cesare, una delle tele del Palazzo Ducale di Mantova ora ad Hampton Court (1485-1500 ca);

 

Incisione dal Trionfo di Cesare di Andrea Mantegna, The Duke of Devonshire and the Chatsworth Settlement Trustees

 

da Rabelais, Gargantua et Pantagruel V 40; da Goethe, Faust 5393 sqq.; e da KEATS, Endymion, Song of the Indian Maid, 94 sqq. Procilo, storico del Ia: fr. 2 HRR PETER. Il normale percorso del trionfo è mostrato nell’ill. che segue (da H. S.VERSNEL, Triumphus: An Inquiry Into the Origin, Development and Meaning of the Roman Triumph, 1970).

 

 Il percorso del trionfo romano 

 

In Mauretania furono associati al culto del sole (si veda la traduz. di Ael. nat. an. VII 44, nella scheda dell’11 febbraio u.s.) Vennero figurati nei sepolcri dei sovrani e dei condottieri, sui sarcofagi romani, su mosaici e rilievi d’epoca imperiale, come quello qui su riprodotto, sulle monete (si v. la prima nota al brano pliniano trad. nella scheda della sett. scorsa), in forma di amuleti o di statuette d’argilla e di bronzo, in statue colossali come quella del Foro Traiano.

 

Un mito celebre, di origine indiana, è accennato in Ael. nat. an. III 46.

 

Un domatore indiano trovò un cucciolo d’elefante bianco, lo prese con sé e lo allevò sin da piccolo, addomesticandolo a poco a poco; lo cavalcava e gli serbava un grande affetto, ricambiato dall’animale che in tal modo lo ricompensava d’essersi preso cura di lui. Un giorno però il re dell’India, venuto a sapere dell’esistenza dell’elefante, chiese all’uomo di consegnarglielo ma egli, geloso come un amante e per di piú non sopportando il pensiero che un altro ne divenisse il proprietario, rifiutò e in groppa all’animale se ne andò nel deserto. Il re allora s’infuriò e gli mandò dietro dei soldati con il compito d’impadronirsi della bestia e di riportare l’Indiano per processarlo. Non appena costoro lo raggiunsero tentarono di aggredirlo, ma l’uomo li colpí dall’alto dell’elefante, che lo aiutò perché capiva ch’era in pericolo e dopo, quando rotolò giú ferito, si piantò vicino a lui come fanno i commilitoni che coprono un caduto cogli scudi e uccise molti degli assalitori, mettendo in fuga gli altri. Poi avvolse la proboscide intorno al corpo del padrone, lo sollevò e lo portò nella capanna dove abitava, rimanendogli accanto come un amico fidato assiste un amico e mostrando in tal modo la sua affezione.

 

Il mito è molto antico (G. H. QUARITCH WALES, The Universe Around Them: Cosmology and Cosmic Renewal in Indianized South-East Asia, 1977; J. CAMPBELL, Le figure del mito, trad. it., 1991; http://www.21cep.com/thai/): John Woodroffe (†1936), il giudice inglese della Corte Suprema di Calcutta che per primo fra gli Occidentali si occupò a fondo del tantrismo, in un libro da lui pubblicato in terza edizione il 1931 a Madras sotto lo pseudonimo di A. Avalon: The Serpent Power, spiega che, dei sette fiori di loto lungo i quali si sviluppa il canale “sottile” risalente dal coccige attraverso la colonna vertebrale sino al sommo del capo, l’infimo reca iscritto in sé l’elefante bianco a sette proboscidi su cui cavalca Indra (illustraz. qui sotto). Secondo la tradizione buddistica la madre dell’Illuminato, prossima al parto, ne sognò uno nell’atto di porgerle un loto. Per i sovrani del Siam e della Birmania possederli significava fortuna e lunga vita; erano di loro esclusiva proprietà, ospitati con ogni cura in stalle reali e liberi da qualunque impegno di guerra o di lavoro; nel Traiphum Phra Ruang, (I Tre mondi del signore Ruang, il testo fondamentale della cosmologia buddistica hinayana nell’Asia Sudorientale, attribuito a Li Thai, che regnò in Sukhothai dal 1357 al 1376) si legge:

 

Un sovrano magnifico possiede sette cose: una moglie perfetta, un abile tesoriere, un saggio primo ministro, un rapido destriero, una ruota della legge ed una gemma preziosa che guidino le sue azioni, ed il piú nobile degli elefanti bianchi 

Si tratta in effetti di un fenomeno di albinismo; un pittore britannico, C. Grant, il quale ebbe occasione di ritrarne uno, di nome Nibbana, ad Amarapura nel 1855, cosí lo descrive: 

The colour of the animal was a cream very slight dun, his magnificent tusks nearly touching the ground. He was in bands of crimson cloth or velvet and gold, studded with large bosses of gold, margined with innumerable rubies.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

MISERRIMUS