TORNI IL PRIMATO
DELLA POLITICA

quella che studia i problemi, ha vista presbite, rispetta i trattati nel mentre s’impegna per cambiarli se iniqui

                                                 di
Sergio Giuliani      versione stampabile

 “Buttiamo a mare le basi americane,

smettiamo di fare da spalla agli assassini,

voltiamo una pagina lunga vent’anni

andiamo a conquistare la rossa libertà…”

 (canzone del ’68) 

Da allora, la politica ha mutato, almeno in parte, aspetto. Anche se qualcuno può pensare che pomodori ed uova armi da lancio e non della tavola siano ancora gli stessi. Allora si era convinti che il mutamento delle istituzioni fosse a portata di mano e chi lo negava era un conservatore.

Oggi il potere siamo noi, noi che abbiamo vinto le elezioni e che, in nemmeno nove mesi, abbiamo capito che i poteri, quelli che condizionano, sono silenziosi ed occulti, mura di bronzo contro le quali ci si scorna; che nel nostro campo germogliano parecchie attese e realtà politiche diverse, che le continue discussioni (o, come si dice oggi,”esternazioni” fanno sì democrazia, ma impastoiano qualunque cammino del carro dei vincitori.

Si sapeva che si era divisi pressoché su tutto e che ci si era messi assieme tanto per vincere, non tanto per unirci. Diverse le ideologie, diverse le prospettive d’azione e la pregnanza dei problemi: naturalmente diverse, da storie diverse; il programmone, è chiaro adesso, sentito soltanto come un mantello tattico da cui presto sbucare. Le vie d’azione hanno da subito cominciato a distorcersi come spire d’anaconda; la finanziaria si è sfilacciata per via come nella più classica storia democristiana: ci doveva essere dentro di che accontentare gli elettori di tutti i partiti, a danno della linea di condotta programmatica che pur era, in inizio, chiara e che sembrava risoluta. Addirittura forze di governo sono sovente scese in piazza coi contestatori, veri o supposti! E sempre la minaccia: dato che ogni voto è indispensabile, o mi accontentate o è crisi. Viene in mente la battuta di un buon politico, di quelli fini e senza elettori seguaci, Piero Calamandrei che raccontava di due amici che viaggiano su una nave. La nave sta per affondare ed uno dei due, accortosene, sveglia e strattona l’altro: ”Via, via! La nave affonda!” E l’altro, insonnolito, replica:”Che m’ importa! Mica è mia!” e si rimette a dormire.

E le bombe (vere o di carta) scoppiano a non finire. Pare che gli uomini politici del centrosinistra, in pubblico, rischino ormai la lapidazione (bonaria: spintoni, uova possibilmente marce e i soliti pomodori, magari “cuore di toro”,”perino” o “San Marzano”!) Lapidazione da sinistra, da quella “sinistra” che li ha votati, si attendeva l’impossibile, ha avuto davvero poco e contraddetto ed ora s’infuria!

In pochi mesi, l’agenda del contendere con la piazza si è fatta enorme: Tav, taxisti, farmacisti, addetti scuola, università, pensionati etc etc. Ed ora, la base Usa di Vicenza!

E’ tempo di “dolci” memorie craxiane; quindi si è rispolverata Sigonella (lui sì!) e nella babele del berciare non si è distinto che a Sigonella Craxi affermava il diritto di Abu Nidal, capo palestinese supposto terrorista, ad esser giudicato da un tribunale imparziale e non da quello dei “vincitori” illividiti dagli smacchi e desiderosi di vendetta! Non ci ricordiamo, come fosse passato un secolo, la civile presenza di D’Alema al governo allorché ospitò, finchè fu possibile sottrarlo alla giustizia (!!!) turca, il ricercato per terrorismo Ocalan. A proposito: la “sinistra” “pacifista” lo ha già dimenticato? Qualcuno ha chiesto di vederlo; garanzie per una detenzione umanitaria? Non mi consta. Sono fermo a D’Alema.

Pare che sia un gioco gettare tra i piedi di Prodi questioni non certo facili. E poi, tutti a soffiare sull’incendio accampando princìpi! Basta non affrontare la questione di fondo: il fronte antidestre non governa se non sta incollato: si scelga allora se allearsi vuol dire cercare onestamente e faticosamente strade che possano battere tutti o sentirsi subito “traditi”,”riformati” appena il gioco non va come si vorrebbe e come le utopie dettano.

Che cos’è, davvero, pacifismo? Mi viene sempre alla mente ciò che mi disse l’amico Nuto Revelli:”Avevo, in Russia, recuperato un fucile Kalashnikov e volevo portarlo in Italia. L’ho sfasciato sulla testa di un kruko !”

Credo che pochi come Revelli abbiano pagato la propria, profonda volontà di pace tra uomini e popoli. Non vorrei che qualcuno tirasse fuori l’accusa che non ripudiò abbastanza la guerra!

Fermi alle dichiarazioni di principio della Costituzione, cerchiamo però di non fare di questioni certo difficili e spinose come il permanere; anzi l’estendersi di basi americane in Italia il solito vento dell’assalto al potere in nome della santa piazza.

Netto, irredimibile sia il giudizio negativo sulle imprese belliche americane & soci (non noi! E non è poco merito esser rimasti fuori). Ma torni, torni il primato della politica, quella che studia i problemi, ha vista presbite, rispetta i trattati nel mentre s’impegna per cambiarli se iniqui. La “democrazia” del bercio appartiene da sempre alla destra violenta e cialtrona, che vomita perché non sa digerire. A noi compete la discussione a 360 gradi, il dire aperto, ma conscio e sommesso. Solo con tale costume maturano scelte serie e condivise e solo per tale strada si guadagna davvero un elettorato convinto, capace e che sa che i problemi, soprattutto quelli gravissimi, non si affrontano col grido, ma con la “lotta”, che è studio, riflessione, abbandono di egoismi e preparazione.

  Sergio Giuliani