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L’origine

della moneta

e la sua evoluzione
Terzo di sette brevi contributi

Dario Ferro

Circolo culturale filatelico numismatico savonese
 

Via Sormano 11
17100 Savona
1 - Primitive forme di scambio e genesi dei mezzi di pagamento

 

2 - Chi ha inventato la moneta?

 

3 - Monete arcaiche nel medioevo e nell’età moderna (questa settimana)

 

4 - L’esplosione artistica della Grecia classica.

 

5 - La moneta in Italia in età antica: dai pani di bronzo al trionfo del ritratto

 

6 - Mille e una monetazione nel mondo antico

 

7 - Miti, leggende e misteri della numismatica classica  

Monete arcaiche nel medioevo e nell'età moderna  
 

Dopo la battaglia di fort Adigrat (4 maggio 1896) gli Abissini risarcirono in parte gli italiani con blocchetti di sale, che da molto tempo, in Etiopia, svolgevano funzione di moneta.
Il sale circolava come mezzo di pagamento in moltissimi Paesi, dalla Guinea alla Liberia. Come il sale, innumerevoli sono stati nei secoli i beni che hanno sostituito la moneta, ed ancora oggi tra alcune popolazioni è difficile trovare vere e proprie monete.
Insieme alle forme premonetali, le monete primitive costituiscono l’alba della numismatica. Non tutte queste monete sono servite per commercio; alcune avevano un valore puramente ornamentale: si portavano come simbolo di ricchezza e potere; altre avevano un valore religioso o sociale e, come tali, venivano tesaurizzate.

Alcuni esemplari di Cypræa Moneta

 

 
 

Nel Pacifico, sulle isole Palau, le perle hanno svolto funzione di moneta sino al XIX secolo. Nelle Caroline venivano usate stuoie di paglia, mentre nel Messico del XVI secolo si utilizzavano i semi di cacao. Molto note anche le manillas, tipiche di molte colonie spagnole e portoghesi in Africa, forme in rame a foggia di anello anche usate come gioielli da portare alle caviglie, di valore variabile a seconda della grandezza e della qualità delle decorazioni.
Ma la parte del leone spetta forse alle conchiglie, soprattutto ai cauri, che dalla loro funzione hanno addirittura derivato parte del loro nome scientifico (Cypræa Moneta).
Abbiamo visto come un oggetto, per assumere il ruolo di moneta, deve poter soddisfare alcuni requisiti basilari: essere facilmente reperibile, avere dimensioni contenute e costanti, essere difficilmente contraffattibile e non logorarsi rapidamente in seguito a frequente utilizzo.

Le conchiglie in generale e le cipree in particolare posseggono senza dubbio tutti questi requisiti e quindi non stupisce il fatto che nel mondo antico, come pure tra i popoli nativi che vivono al di fuori dei comuni cicli commerciali, esse rappresentino in assoluto la materia prima universalmente più diffusa, dopo i metalli, per ottenere monete. Le principali zone di raccolta erano inizialmente l’Africa orientale, le Maldive, le Filippine e la Malesia. In alcune regioni, come il Nord America e la Nuova Guinea, altri tipi di conchiglie acquistavano valore di moneta solo dopo aver subito dei processi di elaborazione assimilabili in un certo senso al conio.
L’uso dei cauri come monete si è spinto fino a tempi recenti (XIX secolo) presso molte popolazioni africane, arrivando in certi casi, come in Uganda, ad assumere una “quotazione ufficiale” basata sul numero di conchiglie necessarie per acquistare una mucca (circa 2500 cauri). Con questo “cambio”, una capra valeva 500 cauri, un pollo 25, una pipa da 50 a 100.
Nel XVII e XVIII secolo i cauri erano comunemente usati nel commercio degli schiavi e nel XIX secolo gli inglesi le adottarono per i loro baratti di merci nelle regioni dell’Africa occidentale.
 

Grivna (equivalente locale del Sommo genovese) della Dobrugia settentrionale (Romania), del periodo delle invasioni tartare dell’Orda d’oro

 

 

 

Merita una menzione poi l’utilizzo, a medioevo inoltrato, dei lingotti d’argento. Un esempio che interesa abbastanza da vicino la storia ligure è quello del Sommo, utilizzato come moneta effettiva dai nostri mercanti nel bacino del Mar Nero nel XIII, XIV e XV secolo.
Gran parte degli scambi del traffico commerciale che irradiava dai porti costieri verso l’interno avveniva col baratto o mediante il pagamento in argento, solitamente in verghe o lingotti al cui uso le popolazioni locali già erano avvezze. L’unità di peso dell’argento era appunto il sommo, che variava da una località all’altra sempre aggirandosi attorno ai 200 grammi, e che talvolta veniva identificato con il marchio del Comune di Genova.

In basso: a sinistra, pane argenteo della Dobrugia meridionale (Romania), a destra lingotti medioevali del peso di circa 200 grammi utilizzati dalle popolazioni della regione del basso Volga (attuale Repubblica Russa)  - ca. sec. XIII

Lingotto argenteo cinese
del sec. XX

 

Appare implicitamente evidente un concetto ormai scomparso dalla consapevolezza dell’uomo di oggi: la “sostanzialità” della moneta estrinsecata nella concettuale coincidenza fra il metallo in essa contenuto ed il valore nominale della moneta stessa. Concetto che ormai, oggi, abbiamo quasi completamente dimenticato, in un sistema che in un certo senso si potrebbe impropriamente definire come basato “sulla fiducia” e “sulla stabilità” e “non più sulla solvibilità”.

Un avvenimento non direttamente correlato a tale concetto, perché legato a più complessi meccanismi finanziari, può però aiutarci a comprendere la profonda differenza che vi è fra la moneta di oggi e quella che l’uomo ha conosciuto per 27 secoli: la decisione del 15 agosto 1971 con la quale il governo degli Stati Uniti sganciava del tutto il dollaro dal valore delle proprie riserve auree. Dollaro che, già dal 1934, non poteva più essere convertito in oro dai privati.
 


Arrivederci alla prossima settimana con l'incontro numero 4 a tema:
L’esplosione artistica della Grecia classica


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