L’origine della moneta
e la sua
evoluzione Dario Ferro |
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Circolo culturale filatelico numismatico
savonese
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Dopo la battaglia di fort
Adigrat (4 maggio 1896) gli Abissini risarcirono in parte gli
italiani con blocchetti di sale, che da molto tempo, in Etiopia,
svolgevano funzione di moneta.
Il sale circolava come mezzo di pagamento in moltissimi Paesi,
dalla Guinea alla Liberia. Come il sale, innumerevoli sono stati
nei secoli i beni che hanno sostituito la moneta, ed ancora oggi
tra alcune popolazioni è difficile trovare vere e proprie
monete.
Insieme alle forme premonetali, le monete primitive
costituiscono l’alba della numismatica. Non tutte queste monete
sono servite per commercio; alcune avevano un valore puramente
ornamentale: si portavano come simbolo di ricchezza e potere;
altre avevano un valore religioso o sociale e, come tali,
venivano tesaurizzate.
Alcuni
esemplari di Cypræa Moneta
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Nel Pacifico,
sulle isole Palau, le perle hanno svolto funzione di moneta
sino al XIX secolo. Nelle Caroline venivano usate stuoie di
paglia, mentre nel Messico del XVI secolo si utilizzavano i
semi di cacao. Molto note anche le manillas, tipiche di
molte colonie spagnole e portoghesi in Africa, forme in rame
a foggia di anello anche usate come gioielli da portare alle
caviglie, di valore variabile a seconda della grandezza e
della qualità delle decorazioni.
Ma la parte del leone spetta forse alle conchiglie,
soprattutto ai cauri, che dalla loro funzione hanno
addirittura derivato parte del loro nome scientifico (Cypræa
Moneta).
Abbiamo visto come un oggetto, per assumere il ruolo di
moneta, deve poter soddisfare alcuni requisiti basilari:
essere facilmente reperibile, avere dimensioni contenute e
costanti, essere difficilmente contraffattibile e non
logorarsi rapidamente in seguito a frequente utilizzo.
Le conchiglie in generale e le
cipree in particolare posseggono senza dubbio tutti questi
requisiti e quindi non stupisce il fatto che nel mondo antico,
come pure tra i popoli nativi che vivono al di fuori dei comuni
cicli commerciali, esse rappresentino in assoluto la materia
prima universalmente più diffusa, dopo i metalli, per ottenere
monete. Le principali zone di raccolta erano inizialmente
l’Africa orientale, le Maldive, le Filippine e la Malesia. In
alcune regioni, come il Nord America e la Nuova Guinea, altri
tipi di conchiglie acquistavano valore di moneta solo dopo aver
subito dei processi di elaborazione assimilabili in un certo
senso al conio.
L’uso dei cauri come monete si è spinto fino a tempi recenti
(XIX secolo) presso molte popolazioni africane, arrivando in
certi casi, come in Uganda, ad assumere una “quotazione
ufficiale” basata sul numero di conchiglie necessarie per
acquistare una mucca (circa 2500 cauri). Con questo “cambio”,
una capra valeva 500 cauri, un pollo 25, una pipa da 50 a 100.
Nel XVII e XVIII secolo i cauri erano comunemente usati nel
commercio degli schiavi e nel XIX secolo gli inglesi le
adottarono per i loro baratti di merci nelle regioni dell’Africa
occidentale.
Grivna (equivalente locale del Sommo genovese) della Dobrugia settentrionale (Romania), del periodo delle invasioni tartare dell’Orda d’oro
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Merita una menzione poi l’utilizzo, a
medioevo inoltrato, dei lingotti d’argento. Un esempio che interesa
abbastanza da vicino la storia ligure è quello del Sommo, utilizzato
come moneta effettiva dai nostri mercanti nel bacino del Mar Nero nel
XIII, XIV e XV secolo.
Gran parte degli scambi del traffico commerciale che irradiava dai porti
costieri verso l’interno avveniva col baratto o mediante il pagamento in
argento, solitamente in verghe o lingotti al cui uso le popolazioni
locali già erano avvezze. L’unità di peso dell’argento era appunto il
sommo, che variava da una località all’altra sempre aggirandosi attorno
ai 200 grammi, e che talvolta veniva identificato con il marchio del
Comune di Genova.
In
basso: a sinistra, pane argenteo della Dobrugia
meridionale (Romania), a destra lingotti medioevali del
peso di circa 200 grammi utilizzati dalle popolazioni
della regione del basso Volga (attuale Repubblica Russa)
- ca. sec. XIII
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del sec. XX |
Appare implicitamente evidente un concetto
ormai scomparso dalla consapevolezza dell’uomo di oggi: la “sostanzialità” della
moneta estrinsecata nella concettuale coincidenza fra il metallo in essa
contenuto ed il valore nominale della moneta stessa. Concetto che ormai, oggi,
abbiamo quasi completamente dimenticato, in un sistema che in un certo senso si
potrebbe impropriamente definire come basato “sulla fiducia” e “sulla stabilità”
e “non più sulla solvibilità”.
Un avvenimento non direttamente correlato a tale concetto, perché legato a più
complessi meccanismi finanziari, può però aiutarci a comprendere la profonda
differenza che vi è fra la moneta di oggi e quella che l’uomo ha conosciuto per
27 secoli: la decisione del 15 agosto 1971 con la quale il governo degli Stati
Uniti sganciava del tutto il dollaro dal valore delle proprie riserve auree.
Dollaro che, già dal 1934, non poteva più essere convertito in oro dai privati.
Arrivederci alla prossima settimana con
l'incontro numero 4 a tema:
L’esplosione artistica della
Grecia classica
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