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Cedri del Libano e foglie di fico: la questione dei box della Villetta

Annotazioni culinarie sul PUC adottato 

La Città di Savona è ritualmente interessata allo svolgersi delle feste natalizie e agli immancabili auguri di buon anno in Darsena.

I Savonesi un po’ meno, se si assume come parametro di giudizio cosa babbo natale ed il nuovo anno porteranno a loro in qualità di cittadini e non di sudditi.

La befana lo sappiamo già: carbone!! 

I prodromi non sono esaltanti: a fronte di lotte di potere tra membri dello stesso ceto politico, e di cosa rappresentano, assistiamo a “donazioni” e “regalie” offerte con mano adunca.

I “padroni di Savona”, che non sono più quelli dell’opificio o della fabbrica, ma coloro che decidono le sorti della nostra Città in termini di speculazioni edilizie, ci “regalano” spazi di posteggio, assunto che il Comune di Savona ha una dotazione pubblica inadeguata alle sue necessità.

Non solo: l’anno nuovo ci consegnerà, sempre ad opera degli stessi con qualche infelice aggiunta, ancora molta speculazione edilizia: che sia sulle aree di Margonara, dell’ex-OMSAV, del Water front, di Mottura e Fontana o del Seminario poco importa.

Ci troveremo tutti più poveri. Non nel senso che ci mancherà la minestra nel piatto (a quello ci hanno già pensato negli anni precedenti, quando si chiudevano fabbriche come ventagli) ma perché la nostra città vive un periodo di grande evoluzione cementizia, che nulla ha a che fare con il suo sviluppo e le sue potenzialità, assumendo come valore derogabile quello della “res pubblica” (per tutti)  a fronte di quello assai più appetitoso (per pochi) dell’interesse privato. 

Pongo, come ultimo esempio, quello della realizzazione dei box di via Ottaviano.

C’è un progetto, che prevede la realizzazione di circa un centinaio di box interrati, per 200 auto.

Il progetto è conforme al PUC adottato. Nel senso che nelle norme di attuazione si legge che tale area è classificata come verde attrezzato, sportivo, parchi urbani e servizi pubblici. Dunque “ci sta”.

Primo problema, non proprio di lana caprina: quanta validità ha un PUC adottato?

Per essere più chiara: si intende un PUC adottato quando è stato votato un progetto preliminare di piano. Pensiamo ad esempio -per rendere le cose banali ma comprensibili- che si proponga una “minestra di ceci”. Bene. Tutti d’accordo? Nessuna idea alternativa? Ecco che la legge urbanistica ci dice che tutti (anche i poveri sudditi) possono attraverso le “osservazioni al piano” fare proposte diverse. Quindi a rigor di logica potremmo cambiare e decidere, approvando il Piano, di fare una “minestra di fagioli”. La vecchia legge urbanistica ci diceva i tempi entro i quali si poteva decidere: x giorni per la pubblicazione dell’adozione (minestra di ceci), x giorni per le osservazioni (non sarebbe meglio di fagioli?), x giorni per le contro-osservazioni (vediamo un po’ se le proposte sono giuste), per arrivare entro una certa data all’approvazione definitiva. Oggi il PUC adottato ha una estensione temporale indefinita, tanto è vero che dalla sua adozione (la famosa “minestra di ceci”) nessuno conosce i tempi per la presentazione di proposte alternative, e neppure quando questo iter si concluderà.

Secondo problema. Le varianti al PUC adottato. Intanto però qualcuno propone che alla famosa “minestra” si aggiungano varianti di ingredienti: si aggiunge qui, si allunga là, si alza altrove, si amplia in fondo, e finora è sempre avvenuto a vantaggio dei Privati proponenti (non mi si dica che 100 parcheggi in più fanno la qualità dell’intervento della Amministrazione comunale, faremmo ridere le galline). Chiaro? Per ritornare al nostro esempio culinario, la “minestra di ceci” diventa un’altra cosa, senza che nessuno possa mettere becco.

Terzo problema: oggi possiamo occuparci di una porzione della Città, piccola ma significativa perché comprende il Verde storico, un piccolo polmone verde nella nostra soffocata Città.

Come si fa?

Due cose sono possibili per i consiglieri comunali.

  1. Scalpitare, lanciando anatemi contro la realizzazione di questi box, sapendo di non pagare pegno, non avendo, per norma, possibilità di “votare” il progetto in Consiglio comunale.
  2. Presentare in Consiglio una proposta di delibera, assumendosi la responsabilità dell’atto amministrativo, utilizzando questo malefico strumento che è la “variante al Piano adottato”.

Perché? Perchè oggi il Consiglio comunale, così come la Giunta, non avrebbero modo di modificare alcunché del progetto, dato che non è nelle loro funzioni e ruoli (vedi la prima scelta). Chi si occupa, oggi, di tutta questa vicenda è il dirigente preposto, che assunto come positivo il parametro di congruità del progetto dei box con gli strumenti urbanistici, non può che dare parere favorevole. 

Panico generale quando viene proposta dal nostro gruppo consiliare la famosa “variante” (cancellare la possibilità che nell’area del Seminario si possano realizzare box interrati), così finalmente tutti i consiglieri comunali potranno dare voce e voti alla scelta che ritengono più opportuna, dato che la “variante” è invece competenza del Consiglio.

“Verrete chiamati a pagare i danni!!” tuonano da più parti i favorevoli al progetto. E poi, “con la Curia (ed i petrolieri), come la mettiamo”? 

Panico ancora maggiore. Che si fa? Non si può, dopo aver dichiarato ai quattro venti che si è contrari alla realizzazione dei box, rimangiarsi la parola…

Ecco che spunta la terza soluzione: uno strumento straordinario che si chiama Ordine del Giorno, altrimenti noto come “foglia di fico”.

Nelle ipotesi degli eventuali proponenti che non vogliono pagare “pegno”, c’è la salvifica idea di votare un ordine del giorno, che abbia come tema il “dare mandato al Sindaco affinché questi intervenga nei confronti del Dirigente perché il progetto non sia così impattante”, appioppando a questi la patata bollente. La soluzione famosa del cavolo e della capra.  

Ma stavolta “tertium non datur “ perché c’è un problema di fondo, che ostentatamente viene celato: non avendo né il Sindaco, né il Consiglio funzione regolatrice di un progetto ammesso e ammissibile, l’ordine del giorno è aria fritta.

Pura aria fritta. La famosa “foglia di fico” che nasconde le vergogne facendo apparire solo la finta buona volontà.

Infatti ci dovremmo chiedere perché mai un Dirigente dovrebbe andare, sotto la sua unica responsabilità e la spinta di un Consiglio comunale incompetente per ruolo, a “limitare” un progetto quando le norme di attuazione non glielo consentono.

Perché delle due l’una: o siamo di fronte ad un progetto difettoso, ed allora la limitazione è ovvia, oppure il progetto è congruo e quindi non c’è potere che possa limitarlo, se non la mefitica urbanistica contrattata nelle segrete stanze di Palazzo.

L’unico potere legittimo e trasparente è dato dalla famosa “variante al piano”. 

Non parlo in questa sede della inopportunità della realizzazione di questo manufatto, né della rivolta popolare che si è coagulata contro questo progetto, non parlo dei cedri del Libano, né della perizia dell’esperto. Non accenno ai problemi di viabilità, e neppure a quello dei costi per chi acquisterà uno di questi box. Neanche approfondisco l’elemento deterrente che viene sbandierato, relativo alla responsabilità in solido degli amministratori, qualora la società proponente i box, a fronte della irrealizzazione, faccia causa al Comune, perché è “pane” di tutti i giorni, per qualunque delibera. 

Colgo solo l’occasione per manifestare un grande disagio, che temo l’anno nuovo non diminuirà. Colgo, ad esempio, l’incompetenza ad hoc degli amministratori, la mano pesante dei Privati, la faciloneria con la quale si rilasciano dichiarazioni, la squalifica delle assemblee elettive, l’assoluta elasticità unidirezionale con la quale vengono usati ed interpretati gli strumenti urbanistici. A ben guardare nulla di così rivoluzionario… 

Possiamo dirci “buon 2007”? 

Patrizia Turchi  Consigliera di “A sinistra per Savona”