Se la stagione va avanti così, c’è di che sperare per i patiti del teatro, anche se in provincia
Lo spettacolo di Milva a Savona: ancora una volta il teatro entusiasma.
                                                 di
Sergio Giuliani      versione stampabile

 Dobbiamo tutti essere grati al direttore, dott. Roberto Bosi, perché riesce ogni stagione, fra le ben note difficoltà economiche e di spazio (in un moderno teatro di duemila posti si potrebbero mettere in scena quattro spettacoli diversi e non per quattro serate lo stesso; ma è un vecchio discorso,di antica miopia) a offrire un cartellone di tutto rispetto. Questo malgrado che il “Chiabrera” sia una raffinata bomboniera ottocentesca a posti risicati e che certe regie (una per tutte, Ronconi) non vi possano trovare spazio scenico.

Qualche savonese, per non perdere il vizio del mugugno “cicciollo” storceva il naso:la Milva dei festival, la Milva Brecht-e-basta,la Milva orfana di Corgnati e di Strehler. Come se si trattasse di una qualsiasi Nilla Pizzi per piccoli palcoscenici di profonda provincia!

E invece! Milva ha lavorato,ininterrottamente e con passione, sulla voce, sui testi, sul corpo, sulla presenza scenica, su come “bucare” la quarta parete, quel muro buio per abbaglio oltre il quale, appena appena al di là, ma indistinguibile, l’artista sente il pubblico. Il teatro è un mestiere d’amore e se lo si ama davvero si è condannati a ripetersi,ovvero a tradirlo ed a renderlo oscenamente insulso.

“Variazioni Brecht”, veniva da dire, pensando alle “Goldberg” di Bach ed a come sono state ripetute mai eguali, se pur monocromatiche, da Gould e da molti, molti altri pianisti.

Quasi irriconoscibile il Brecht stranoto ed un poco bercione della nostra giovinezza. Milva non si è davvero rivolta al passato per ripetercelo: la scelta dei testi non ha più accettato canzoni scontate come “Mackie Messer”,dal facile ritmo trascinante; ha recuperato la tradizione del grande teatro-commedia moderna tedesco con le sue punte di “varietà” e di Tingeltangel facendo nuove scelte e nuove messe in scena nel vasto ed alle volte corrivo patrimonio brechtiano.

Nessuna nostalgia larmoyante per un’epoca del teatro (Strehler, il “Piccolo”,Milano) ormai trascorsa, ma greve ancora di insegnamenti tutti da sfruttare da una docile e sensibile alunna come Milva: si riparte a nuovo, ma col bagaglio del passato. “Surabaya Johnny” controllatissima e senza sguaiataggini, con una voce condotta, frenata, dominata e fatta suggestiva e ricchissima, il baschetto da “apache” che salta per liberare la cascata di capelli rosso-Milva che si fanno mare, onde in cui nuota il canto come sirena; ma soprattutto “Jenny dei pirati”, anch’essa dilatata nella melodia ed un poco distolta dalla tremenda carica aggressiva di un testo che, soltanto cantato e recitato come abbiamo sentito sere fa, rimane concreto, ma, in qualche modo, si violenta e trova non le solite strade immediate, ma altre, più riposte e svelate da “quella” voce per la sensibilità di chi ascolta.  E non importa se si conosce il testo e la melodia e verrebbe, alle prime note, da canticchiare: questo meccanismo scontato si rimuove quasi subito ed il fascino è del tutto nuovo.

Ci piace che un’artista resti fedele al suo innamorato lavoro, un’artista non più giovane e che deve guadagnare ogni volta un pubblico che l’avvicina probabilmente con sufficienza e che con gran fatica scenica e d’intelletto, ella riacquista nuovo .

Il pubblico savonese ha partecipato divertito e sempre “toccato” dai testi brechtiani, come ha detto Milva, violenti ma anche comico-grotteschi. Tanto è vero che Brecht, come racconta una disorientata Christa Wolf, assistendo alle prove dei suoi spettacoli veniva preso da un’irrefrenabile voglia di…ridere.

Ma anche Jenny ride: prima di salire sulla sua nave e distruggere i suoi sopraffattori di prima. E’ la speranza che fa crescere la risata (ritroviamola! Anche rileggendo il teatro).

Se la stagione va avanti così, c’è di che sperare per i patiti del teatro, anche se in provincia.                                                                                                            

Sergio Giuliani