Si è persa qualsiasi lungimiranza, qualsiasi progetto serio per il futuro e  siamo tutti ostaggio di poteri forti, spesso nascosti, e trasversali, con mire prevalentemente di rapina
Impressioni di novembre: dove sta il potere?

                                      di Nonna Abelarda      versione stampabile

  Un cavallo tende il collo verso il prato, e sta fermo, come me…”  Ricordate la leggendaria PFM e le sue “Impressioni di settembre”? Be’, adesso siamo a novembre, mese un po’ buio e che inclina alla depressione, e anch’io, come il  personaggio della canzone, me ne sto metaforicamente seduta all’umido sul prato, a rischiare i reumatismi, e rimugino con una certa malinconia.

Pensate un po’. Mi viene da riflettere sulla politica che abbiamo intorno, dall’ambito locale a quello nazionale e sovranazionale, e al di là delle indubbie differenze di situazione mi pare di individuare un dato certo che le accomuna: che si è persa qualsiasi lungimiranza, qualsiasi progetto serio per il futuro, e che siamo tutti ostaggio di poteri forti, spesso nascosti, e trasversali, con mire prevalentemente di rapina. Si va dalle grandi multinazionali, compagnie petrolifere, energetiche, mediatiche, telefoniche ecc. che influenzano la grande politica, all’ambito spicciolo e locale e squallidino che purtroppo abbiamo intorno, di speculatori, immobiliaristi, operatori portuali e carboniferi, “padroni del vapore” che delle figure dure ma pur meritorie di un tempo hanno mantenuto solo l’arroganza e l’avidità. (E spesso, purtroppo, l’ignoranza).

Il modo in cui tante decisioni vengono fatte passare “non si sa bene come”, e “non si sa bene da chi”, ma comunque il più possibile nel silenzio, quando non sottobanco. Il modo in cui si cerca di ingannare la volontà popolare con la scarsa informazione e la disinformazione, alimentando apatia e indifferenza. Il modo in cui cambiano i nomi (quando cambiano) e a volte le sigle, ma certi andazzi continuano… Insomma, alcuni comportamenti si perpetuano indisturbati, attraversando periodi e mutamenti, e ne vediamo gli effetti nefasti. Qualcuno, come Micromega, li ha anche un po’ fatti, questi nomi, ma ahimè, chi lo legge? Chi si sofferma a interpretare?

Le tecniche sono sempre quelle: terreni che cambiano proprietari e destinazione d’uso per favorire speculazioni immobiliari, il tutto con accordi discreti o sotterranei, presentando poi le cose come dato di fatto su cui l’approvazione consiliare è  ormai “un atto dovuto” ; ditte in crisi rilevate da personaggi di pochi scrupoli al solo scopo di agitare i lavoratori, poverini, davanti al naso di politici e opinione pubblica, come ricatto occupazionale per propiziare nefandezze, in realtà avendo poco o nullo interesse per i lavoratori medesimi, solo uno stillicidio di vittime da sacrificare con calma; proclami di sviluppo economico e di occupazione attraverso cementificazione, inquinamento, fonti non rinnovabili, progetti grandiosi ma già vecchi in partenza.

A questo punto, apro una parentesi, dovremmo smetterla di farci sempre incantare dalla sirena dei posti di lavoro: spesso è un miraggio ingannevole e basta, con il quale si vuole adescare dando una falsa speranza, e tappare la bocca a chi protesta. Se una ditta è in crisi perché le sue tecnologie sono obsolete e la ricerca inesistente o smantellata da tempo, non può essere rilanciata. Punto e basta.

Il cemento fine a se stesso non dà occupazione, ma sfruttamento delle risorse umane e dell’ambiente e danni incalcolabili a lungo termine. 

Certi grandiosi sviluppi portuali occupano territori immensi con opere devastanti e non danno lavoro. Beppe Grillo sostiene che nel porto di Rotterdam, uno dei più grandi e moderni per traffico container, tutto l’insieme sia manovrato da non più di una decina di operatori.

I posti di lavoro costruiti sulla speculazione, sulle tecnologie vecchie e inquinanti,  sono perennemente a rischio, a breve scadenza, e soggetti a ricatti continui.

Gli unici investimenti che creano posti di lavoro più dignitosi, più sicuri, sviluppo più solido e durevole, qualità della vita migliore per tutti,  sono quelli che guardano avanti:  formazione e cultura, tecnologia e ricerca e loro applicazioni, salvaguardia e miglioramento dell’ambiente, agricoltura più responsabile, turismo e commercio sostenibile, valorizzazione delle bellezze naturali e artistiche, servizi efficienti. A questo dovremmo puntare. Gli altri sono solo bombe a orologeria con tempi più o meno lunghi. Dove i soliti noti (pochi)  si arricchiscono enormemente, ma la comunità e l’ambiente alla lunga si impoveriscono anche di più. E come ci viene sempre più spesso fatto notare, in modo veloce e drammaticamente irreversibile.

Attenzione poi al termine “trasversale”: dimentichiamoci, per favore, le vecchie divisioni e gli schieramenti ideologici. Ora servono solo di facciata per interessi che riguardano personaggi dall’una e dall’altra parte. Mentre noi ci scanniamo con pregiudiziali di partito, puntando il dito sui responsabili di un gruppo piuttosto che di un altro, mentre litighiamo secondo la vecchia moda di dividersi in fazioni opposte, che dai guelfi e ghibellini arriva fino a juve e milan e rossi e neri, facciamo il loro gioco, e semplicemente qualcuno ci trafuga il malloppo di sotto il naso, mentre siamo occupati a discutere.

Non ci caschiamo più, impariamo a separare le nostre idee (spesso principi sacrosanti, per carità: va ancora bene quando ci sono, le idee) da queste ideologie di  facciata, e badiamo più ai fatti, alle responsabilità e alle conseguenze.

Ma non cadiamo neppure nell’errore opposto, nel “sono tutti uguali”, perché questo qualunquismo, scadendo subito nel cinismo disfattista, di fatto si trasforma in una specie di impunità, di assoluzione collettiva, in un senso di impotenza diffusa, non individuando bersagli precisi da combattere. Senza contare il danno gravissimo per il futuro, dei giovani sempre più delusi e lontani dalla politica, nella convinzione che sia una “cosa sporca” da lasciare ai professionisti specializzati nel galleggiare in questa melma maleodorante.

E allora, cosa ci rimane? Davvero la democrazia è solo “lasciar scegliere al popolo da chi farsi opprimere”, come dice Guzzanti in Fascisti su Marte?

Scartando le soluzioni estreme, come ritirarsi in un eremo o fare la rivoluzione, io dico che  qualcosa si può tentare. Piccoli spunti, partendo dal basso.

 Alla prossima puntata.

Nonna Abelarda