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UOMINI E BESTIE

NOTA: Come preannunziato nella scheda della scorsa settimana, s'interrompono in questa le Prospezioni dell'immaginario per fare spazio ad una notizia sul Romanzo di Alessandro. Gli animali fantastici riprenderanno la settimana prossima colla prima parte dell'articolo sui Grifoni. 

Lo PseudoCallistene 

Callistene di Olinto (test.: FGrH 124B631-39 e B743add.; frag.: FGrH 124B639-57 e B743add. JACOBI; integrati da H. J. METTE, Die “kleinen” griechischen Historiker heute, “Lustrum” 1978; bibl.: JACOBI e KROLL in PW s. v. “Kallisthenes” 2; G. CARY, The Medieval Alexander, 1956; CHIARA SETTIS FRUGONI, La fortuna di Alessandro Magno dall’antichità al Medioevo, 1978; D. J. A. ROSS, Alexander historiatus: A guide to medieval illustrated Alexander literature, 1988; Il romanzo di Alessandro, a c. di M. CENTANNI, 1991; Alessandro nel Medioevo occidentale, a c. di P. BOITANI et al., introd. di P. DRONKE, F. L. Valla, 1997; S. DÖPP, Alexander in spätlateinischer Literatur, in “Göttinger Forum für Altertumswissenschaft” 2, 1999, p. 193 sqq.), nato intorno al 370, nipote (o pronipote) di Aristotele, reclutato nella spedizione di Alessandro con ogni probabilità per diffondere la conoscenza delle imprese del nuovo Achille al pubblico ellenico, entrò durante il viaggio in un conflitto sempre più aspro col re per motivi che non ci è dato sapere, ma che la propaganda peripatetica (ricorderò in particolare l’epicedio teofrasteo Kallisthénēs ē perì pénthous: DIOG. LAERT. V 44, ove, secondo CIC. Tusc. III 21, “Teofrasto, deplorando la morte dell’amico e collega Callistene, dice che incontrò un uomo potentissimo e baciato dalla sorte, ma incapace di fare un uso conveniente dei favori della fortuna”), attribuì alla genuina parrēsía dello spirito greco, naturalmente invisa al tiranno, sinché non fu coinvolto nella congiura di Ermolao, o dei paggi, e giustiziato, verisimilmente nella primavera del 327. Non conosciamo il ruolo di Callistene ma certo quello di Alessandro: una categoria indispensabile della “grandezza” storica è infatti l’assoluto disprezzo delle vite altrui, ed al progetto, in sé geniale, del Macedone, di fondere Oriente ed Occidente sotto un unico re divino non poteva far ostacolo la “vecchia” mentalità egualitaria e senofoba dei Greci. I suoi scritti più importanti erano gli Helleniká (ATHEN. X 75), in 10 ll., sembra dalla pace di Antàlcida allo scoppio della terza Guerra sacra, ossia dal 387/6 al 357/6, e le Alexándrou práxeis (STRAB. XVII 1, 43), ovviamente incomplete. 

Ora, proprio da quest’ultimo titolo viene (in epoca bizantina, ad es. da TZETZ. chil. I 327, e saltuariamente presso alcuni mmss della recensio b, Giulio Valerio -infra– fa il nome di Esopo, la versione armena quello di Aristotele, la tradizione rabbinica quello di Tolomeo, di solito l’opera è anonima) l’attribuzione a Callistene di un gran guazzabuglio di Wundergeschichte che noi indichiamo col nome di Romanzo di Alessandro o Historia Alexandri Magni, e diciamo appunto dello Pseudocallistene, o lo Pseudocallistene tout court.

Carl Mueller, il grande filologo tedesco che per primo pubblicò l’opera nel 1846, trovatosi dinnanzi una trad. ms. negligente quant’altra mai, ove neppure un testimonium concorda completamente cogli altri, la divise in tre rami, che chiamò, rispettivamente:

1.          Recensio A´;

2.          Recensio B´;

3.          Recensio C´.  

Oggi la situazione, compresi i recentiora bizantini*, di cui non ci occuperemo, è questa (le prime tre recc. corrispondono a quelle di Mueller):

1.          Recensio alpha o Recensio vetusta (cod. Paris. Graec. 1711 e cod. Leidens. Vulc. 93 partim; ed. da KROLL, Historia Alexandri Magni, vol. I, 1926);

2. Recensio beta (cod. Leidens. Vulc. 93 partim, cod. Paris. gr. 1685, cod. Messan. praeex. 62, cod. Laur. 70 37 e cod. Vat. 1556; ed. da BERGSON, Der griechische Alexanderroman. Rezenzion beta, 1965; è quella trad. dalla Centanni: supra);

3.3.Recensio gamma (cod. Paris. Suppl. 113; ed., rispettivamente, il I vol. da URSULA VON LAUENSTEIN, Der griechische Alexanderroman. Rezension gamma. Buch I, 1962; il II da ENGELMANN, ... Buch II, 1963; il III da PARTHE, ... Buch III, 1969, in tre nn. dei “BKPh”);

4.          Recensio delta (cod. Vat. gr. 1700, 88v-89r, frammentaria; ed. da Ballaira, Frammenti inediti della perduta recensione delta del Romanzo di Alessandro in un codice vaticanono, 1965, “BollClass” 13);

5.Recensio epsilon (ed. da TRUMPF, Anonymi Byzantini vita Alexandri regis Macedonum, 1974);

6.          Recensio lambda o dell’Apocalissi dello Pseudometodio, Redactio 1 e Redactio 2 (ed. da VAN THIEL, Die Rezension lambda des Pseudo-Kallisthenes, 1959);

7.          Recensio f*: Hē phylláda toû megaléxandrou;

8.8.Recensio E* (cod. Eton College 163);

9.          Recensio F* (cod. Flor. Laurentianus Ashburn 1444);

10.     Recensio K* (cod. 236 Kutlumussiu-Kloster des Athos);

11.     Recensio V* (cod. Vind. theol. gr. 244);

12.     Recensio Byzantina poetica* (cod. Marc. 408);

13.     Recensio poetica o Recensio R*: Diēgēsis toû alexándrou  

Grosso modo, narrata la nascita meravigliosa di Alessandro, che è in verità figlio di Olimpiade e del faraone Nettanebo, e la sua splendente adolescenza, dopo l’incoronazione vengono i viaggi in Sicilia e in Italia, ove assoggetta i Romani, a Cartagine, al tempio di Ammone nell’oasi di Al-Siwa e alle foci del Nilo, ove fonda Alessandria; poi la conquista di Tiro, la sconfitta di Dario, la distruzione di Tebe.

Nel secondo libro, ottenuta la sottomissione di Atene, espugna Sparta, passa in Asia, scambia lettere con Dario, si reca al suo campo travestito, lo sconfigge e ne cattura madre, moglie e figli, vendica la sua morte per mano di due satrapi infedeli e ne sposa la figlia Rossane.

Il terzo comincia coll’ammutinamento delle truppe macedoni e la sconfitta di Poro. Seguono due inserzioni, nell’ordine la prima parte dell’Epistolè perì tōn tēs Indías ethnōn kaì tōn Bragmánōn dello PseudoPalladio e la sintesi della Lettera di Alessandro ad Aristotele sulle meraviglie dell’India, con serpenti e scorpioni straordinari, l’odontotiranno, gli alberi parlanti e i terribili temporali, cui l’autore aggiunge, da altra fonte, le avventure a Prasiache e il mostro marino grande come un’isola. Raggiunge poi a Meroe (in India!) la regina Candace, che gli s’è spontaneamente sottomessa, sotto le mentite spoglie di Antigono ed aiuta il figlio di lei, Candaule, a ricuperare la moglie rapita, accoglie la resa epistolare delle Amazzoni, tocca l’Ipani e torna in Babilonia, donde manda una corrispondenza alla madre sulla spedizione alle colonne d’Ercole e nel paese delle Amazzoni e sugli splendori della città regale di Ciro. Gli predicono la prossima fine per un avvelenamento ordito da Antipatro, scrive un’ultima lettera ai Rodii e fa testamento. Dopo la morte, la salma è traslata ad Alessandria.

A questo minestrone della Recensio alpha, che nella sua forma greca tramanda un Urtext lacunoso, i codd. della beta, che dovrebbero risalire ad un archetipo costantinopolitano del tardo IV sec., aggiungono nel II l. la Lettera ad Aristotele e ad Olimpiade o delle meraviglie (Der Brief Alexanders an Aristoteles über die Wunder Indiens und der Brief Alexanders an seine Mutter Olympias: synoptische Edition herausgegeben von M. Feldbusch, 1976), in cui compaiono giganti, cani con tre occhi, onagri con sei, uomini senza testa, granchi grandi come corazze, Alessandro palombaro, la fontana della vita e il fortunato cuoco Andrea, notti che durano dieci giorni, il viaggio nel Paese dei beati, dove colloquia con due uccelli dal volto umano e finalmente Alessandro trasvolatore. In particolare, il Leid. Vulc. 93 incorpora nel III l. una lettera consolatoria ad Olimpiade, che secondo alcuni proviene da un’antica fonte indipendente. Al pari delle integrazioni di lambda (infra), anche queste di betata sembrano conservare il ricordo di antiche saghe orientali.

Recensio gamma, che dipende da epsilon, aggiunge la seconda parte dell’Epistola dello PseudoPalladio nel III l., e nel II il viaggio in Israele, già registrato nelle Antiquitates Iudaicae di Giuseppe Flavio (XI 8, 5) e in AUG. civ. Dei XVIII 45, ove Alessandro riconosce ed accoglie il “vero Dio unico”.

La Recensio lambda, che è una trad. dell’Apocalisse siriaca dello PseudoMetodio, del VII sec., introduce nel III l. la leggenda d’origine giudaica dei due battenti bronzei, sigillati colla magica pozione dell’asincitum per sbarrare il passo alle orde impure di Gog e di Magog e degli “altri ventuno”, ricordata di sfuggita anche da alcuni testimonia di beta e nella sura coranica della Caverna.  

Come si vede, l’ignoto autore dell’Urtext non s’è posto alcun problema di verisimiglianza: svarioni cronologici, incredibili assurdità geografiche, contraddizioni, un amore sfrenato per le cifre iperboliche, il meraviglioso e il soprannaturale sparsi a piene mani; ciò perché, come mostrerebbe l’inserzione di alcune parti poetiche (I 33, 46; II 20), intendeva forse scrivere un romanzo alla maniera di Petronio, non un’opera storica. Chi fosse non si sa, ma la sua lingua, priva di volgarismi e d’arcaismi, dimostra una cultura retorica media e, se si accoglie quanto ragionevolmente argomenta Kroll, e cioè che colui che soggiogò l’Egitto non ci viene qui presentato come uno straniero invasore, bensì quale rampollo della casa regnante egizia, se non addirittura del dio Ammone, potrebbe appunto essere un pagano (dico pagano perché i due presunti riferimenti al cristianesimo: I 5 l’“incarnazione” di Alessandro, III 6 la “Provvidenza” nel discorso ai bramini, secondo me non sono tali) originario dell’Egitto, vissutovi in un’epoca che, dall’espressione poetica e dalla forma prosastica usate, non dovrebbe essere lontana dall’inizio del IV sec.

Quanto alle fonti, abbandonata l’idea che si trattasse della trascrizione di antiche saghe popolari tramandate per via orale, Rhode fu il primo a sostenere che il redattore avesse accorpato narrazioni diverse redatte in forma epistolare. Ausfeld pensò invece che ad un nocciolo originario antico, d’epoca prototolemaica, fossero state via via interpolate aggiunte posteriori, tra le quali le lettere. Indubbiamente, il materiale è assai composito. Oltre a quanto già ricordato, e cioè lo PseudoPalladio, l’Epistola Alexandri ad Aristotelem, la storia delle avventure a Prasiache e la lettera ad Olimpiade, sembra un nucleo indipendente la favola di Candace, intervengono poi forse alcuni carteggi fittizi, Itineraria, le biografie imperiali, certamente notizie erodotee e altro ancora, come dimostrano i numerosi riscontri con gli Alessandrografi conservati. Si riteneva che la lista dei maestri di Alessandro in I 31 fosse attinta al quarto libro della Poikílē historía di Favorino, ma ora quest’idea è stata revocata in dubbio. L’ossatura del racconto è però tratta da uno storico, che potrebbe essere Onesicrito (di Astipalea, o di Egina, 360-300 ca., FGrH 134 JACOBI, pilota della nave ammiraglia durante la navigazione dell’Idaspe e dell’Indo, a quanto si ricava da Plut. Alex. 46 uno dei primi responsabili della favolizzazione delle imprese del Macedone), o Timagene di Alessandria (retore e storico del Ia, FGrH 88 Jacobi).  

Ora, può parere strano alla nostra mentalità troppo cartesiana che un garbuglio tale avesse successo, ma in realtà lo ebbe, e fu immenso, tanto che di pochi altri testi si potrebbe tracciare una filiazione più articolata e far-reaching. Vediamone solo alcuni aspetti, senza nessuna pretesa di completezza. Le versioni medio e neogreche ho già elencate. La più antica versione latina è quella di Giulio Valerio Alessandro Polemio, che è forse il Polemio console nel 338 e lo stesso che compose un Itinerarium Alexandri Magni Traianique dedicato a Costanzo, compiuta al più tardi intorno al 330p (Iuli Valeri Res gestae Alexandri Macedonis translatae ex Aesopo Graeco, a c. di M. ROSELLINI, 1993), conosciuta però al Medioevo tramite un’Epitome del IX sec (Julii Valerii epitome zum erstenmal hrsg. von Julius Zacher, 1867). Verso il 960 l’Arciprete Leone pubblicò a Napoli una trad. da un ms. bizantino della Recensio alpha col titolo di Nativitas et victoria Alexandri Magni regis (queste notizie dal prologo autobiografico); il più antico cod. esistente, l’E. III 14, copiato nel Meridione d’Italia attorno al 1000, giunse a Bamberga durante il regno di Enrico II (†1024). Ma Leone non fu noto nella forma conservata dal Bambergensis, bensì in rielaborazioni e commistioni d’ogni genere. Nell’XI sec. fu ampliato con notizie da Orosio, Solino, Giuseppe, ecc., e dai trattatelli che sempre nel Bambergensis seguono la versione originale: Commonitorium Palladii (che è la prima parte del testo pseudopalladiano cit. sopra), Epistolae Alexandri et Dindimi (una compilazione cristiana da fonte greca perduta del IIIp), Epistola Alexandri ad Aristotelem (anche Alexandri Epistola ad Aristotelem de Regionibus Indiae, Epistola Alexandri ad Aristotelem de miraculis Indiae, Epistola Alexandri ad Aristotelem, magistrum suum, de itinere suo et de situ Indiae, un’elaborazione fantastica in greco del IIIp, forse dal viaggio di Nearco o forse dagli Indiká di Ctesia, pervenutaci nel sunto dello Pseudocallistene, che la interpola nel III l. come dissi, e in trad. lat., tramite Giulio e Leone nonché in due redazioni del V/VI sec. indipendenti ed assai più complete), risultandone un nuovo testo, che dalle più tarde edizioni conosciamo col nome di Historia de preliis Alexandri Magni, in tre redazioni: J1, J2, J3 (Die Historia de preliis Alexandri Magni, der lateinische Alexanderroman des Mittelalters; synoptische Edition der Rezensionen des Leo Archipresbyter und der interpolierten Fassungen J1, J2, J3; Buch I und II, hrsg. von H.-J. Bergmeister, 1975; Kleine Texte zum Alexanderroman: Commonitorium Palladii, Briefwechsel zwischen Alexander und Dindimus, Brief Alexanders über die Wunder Indiens: nach der Bamberger Handschrift, hrsg. Friedrich Pfister, 1910). Le conoscenze medievali, donde verrà l’interminabile serie dei Romans d’Alexandre volgari in versi e in prosa, son proprio queste:

1.1.          Curzio Rufo, del Ip, autore di Historiae Alexandri Magni in 10 ll., un centone prosastico senz’alcun merito conservatosi quasi completo;

2.          Pomponio Mela (Ip), Chorographĭa;

3.          la compilazione, derivante dalla Naturalis Historia pliniana, di Gaio Giulio Solino (IIIp), De mirabilibus mundi, altrimenti Collectanea rerum memorabilium;o anche Polyhistor, sive rerum orbis memorabilium collectanea;

4.          4. Giustino, un ignoto forse del III sec. d. C., autore di Historiarum Philippicarum T. Pompeii Trogi libri XLIV in epitomen redacti, ossia di un riassunto delle perdute Storie Filippiche di Tito Pompeo Trogo, vissuto nel I sec. a. C.;

5.5. Orosio, Historiarum adversos paganos libri VII (416-7p);

6.          6. le Etymologĭae di Isidoro (VIIin);

7.          7. l’Epitome di Giulio Valerio;

8.          8. la versione di Leone Arciprete con tutte le vicissitudini appena illustrate sino alle tre redazioni del Liber de preliis;

9.          9. i tre trattatelli del Bambergensis.  

C’è poi tutto il capitolo dei bestiari che, pur venendo dal Physiologus, attingono anche al Romanzo di Alessandro e verranno illustrati in una prossima scheda, interpolata anch’essa come questa alle Prospezioni dell’immaginario “zoematico”.

Fra i testi medievali che si richiamano attraverso mille peripezie allo o Pseudocallistene: l’Alexander puer magnus, una canzone lat. del IX sec. di autore forse gallico, forse italiano, probabile trad. di un poema greco composto ad Alessandria; l’Epistola Premonis regis ad Traianum [v. l.: Hadrianum] imperatorem de rebus in Oriente mirabilibus, nel ms. as.-lat. Cotton Tiberius Bv, British Library, Londra, sec. Xex. (Le meraviglie dell’Oriente. De rebus in Oriente mirabilibus, a c. di M. CICCUTO, 1994); il Secretum secretorum, un’opera esoterica sugli insegnamenti di Aristotele ad Alessandro risalente a un originale (Kitāb Sirr al-‘asrār) che sarebbe stato tradotto dal siriaco in arabo da Yahya ibn al-Bitriq (IX secolo), compare in Occidente in due versioni lat., rispettivamente di Giovanni di Siviglia ai primi del XII sec. e di Filippo di Tripoli ai primi del XIII, nonché in molti adattamenti volgari, tra cui quello ted. di Ildegarda di Hürnheim del XIII sec.; il poema di Quilichino di Spoleto, Historia Alexandri Magni o Alexandreis, XIIIin., volgarizzato in it. e in ted.; l’Alexandreis di Gualtiero di Châtillon (un tempo di Lilla), completato nel 1176 e tradotto in fr. da Vasco di Lucena nel 1468 per Carlo il Temerario... Né va dimenticata l’iconografia, in particolare il mosaico della basilica di S. Marco e quello di Pantaleone della basilica di Otranto, completato il 1165.

Dalla Recensio alpha sorgono anche alcune tradd. orientali: la trad. armena del V sec., pubblicata nell’800 dai padri mecitaristi di Venezia, e la retroversione siriaca del VII sec. da una perduta trad. in Pahlavī del VI, con un’ampia giunta che spedisce Alessandro sino in Cina. Dalla versione siriaca vengono la versione georgiana, quelle nei varii dialetti indiani, quella in malese. Dalla trad. Pahlavī i persiani Firdūsī (ca. 1000) e Nizāmī (ca. 1200) attinsero la storia di Iskender, figlio di Filiqus e di una figlia di Dārāb I, re di Persia. Da loro viene la conoscenza degli Arabi, che lo dicono Dū’l-qarnein, il “bicornuto”. Una perduta trad. araba di Mubaŝŝir è la fonte della trad. etiopica, che trasforma il re in un profeta e in un santo cristiano. Il Talmud e la Midrash dipendono in parte anche dalla trasmissione occidentale e da gamma. Una trad. ebraica di Leone inserì nella sua Storia Joseph ben Gorion (Xex.) e nel 1200 ca. Jehuda ibn Tibbon tradusse in ebraico una trad. araba di J2. Fra il X e l’XI sec. si compì una trad. copta, di cui restano frr., in uno dei quali il re della Gedrosia caccia Alessandro nel Caos.

Dai testi latini sopra ricordati vengono le opere francesi, in particolare il Roman d’Alexandre di Alexandre de Paris di cui parleremo a parte in altra occasione, lo spagnolo anonimo Libro de Alexandre e i tedeschi Alexandreis di Ulrich von Eschenbach, Alexander di Rudolf von Ems (1230-1250), Alexander di Lamprecht tramite Alberico di Besançon (p. XXXI). Ci sono poi la versione in antico bulgaro del X sec. e in serbo dell’XI e i testimonia della diffusione inglese: la Lyfe of Alisaunder (1330 ca., dal Roman de toute chevalerie di Tommaso di Kent, attivo nell’ultimo quarto del XIII sec.), (anonimo e frammentario, sull’infanzia, scritto nel 1400), The Wars of Alexander (un poema allitterante in vernacolo del nord, del XV sec., sempre anonimo, che viene dalla Historia de proeliis), The Scots Buik of the most noble and vailyzeand Conqueror Alexander the Great, forse di John Barbour, stampato verso il 1580. Il fascino del grande avventuriero fu tale che ancora Kipling lo subì nel suo bellissimo romanzo The Man Who Would be King.

MISERRIMUS