Ma perché il giornalista si arroga un compito censorio che non so quanto gli competa?
Del giornalismo provinciale
                                                 di
Sergio Giuliani      versione stampabile

La nostra città “legge” due quotidiani: tutti e due hanno le rubriche delle “lettere” che, se non se ne abusa, sono l’unica forma di ritorno, di interattività fra chi scrive e chi legge. La  presenza dei cittadini che segnalano fenomeni di trascuratezza diventa, da  necessaria opera di sollecitazione, una querela che il giornalista di turno culla con la ninnananna dell’impotenza: ”Sarebbe giusto fare come lei dice, ma….Speriamo che chi di dovere la ascolti…”

Il cittadino si lagna sempre di più,sempre più minimalista e, come per sfogo, ringrazia di continuo i bravi medici del “San Paolo” che curano gli ammalati davvero molto, molto bene. Tra ernie risolte e tombini in  Val Bormida, si procede coi buoni sentimenti e le rabbiette.

Ma non sarebbe meglio, possibile, attivare un “question time”, come in Parlamento, dove chi deve risponda a concreti quesiti? Chi sfugge dal confronto diretto? I giornalisti o i politici che, ancora pochi mesi fa, ci hanno trattato a lettere ed a dépliants? Saperlo!

Ma perché il giornalista si arroga un compito censorio che non so quanto gli competa? Perché decide sul “peso” e sull’opportunità temporale della lettera inviata al giornale? E’ lui che decide che, per quindici giorni, non si parli d’altro che di “Maria” e poi si passi subito ad altro, senza sosta e senza il tempo della riflessione? E’ lui che inventa l’attualità o ne viene a sua volta spinto? Saperlo!

Se ne parla troppo poco, ma probabilmente, all’Itis di via alla Rocca arriveranno altre centinaia di ragazzi “trasferiti per risparmiare” (sulla scuola NON si risparmia; gli sprechi, quelli sì, si tagliano, ma la funzione didattica NON si tocca!)

Conoscete la viabilità-circuito via alla Rocca-via Romagnoli. Si tratta, in ascesa, della vecchia “crosa” “La Parpagliona”, strettissima e in discesa di una serpentina senza visuale stretta ancor di più dalla licenza di parcheggio su un lato (eppure i vigili la conoscono bene, dalla loro sede ex scuola media “Corradini”)

Ho scritto queste cose nella lettera che segue e l’ho inviata al giornale “torinese” Credevo fosse importante e speravo, illuso, addirittura in risposta di assessori (come sono lontani i tempi in cui, in analoga situazione, (entrava l’Ipsia all’Itis) l’assessore Tealdi mi telefonò per una lunga chiacchierata esplicativa e documentata nel suo ufficio.

Si vede che la questione importa soltanto a me e che il “giornalista” preferisce altro da dire. Chissà se si rende conto che condanna il giornale, nato per confrontare idee, all’inutilità e, quindi, taglia l’albero su cui è postato!

Eccovi la lettera non vista: 

Leggo e condivido del tutto le lettere al giornale che condannano la politica scolastica messa in atto contro l’Istituto tecnico nautico “Leon Pancaldo” e ricordo con simpatia l’amicizia che legava noi del Liceo classico ai futuri macchinisti e capitani e i grandi nomi dei loro e dei nostri insegnanti: Guido, Corsiglia, De Chiffre, Guerrini,Villa e tanti, tanti altri, ora soltanto  care memorie.

Le regole della politica, purtroppo, prescindono dai valori didattici (né, forse, potrebbe essere altrimenti, in clima di puro pragmatismo), ma la scuola non è soltanto rapporto alunni/spazi, ma uso diverso di strutture diverse, spesso non assimilabili o ”accorpabili”, come con brutto vocabolo si dice e si pratica adesso.

Ora tocca all’Itis “Galileo Ferraris” subire (e non da oggi!) la “cura” abrasiva. Inaugurato nel 1969/1970, il vasto istituto di via alla Rocca ha avuto in sorte di diventare un multimarsupio: prima si ospitò l’istituto tecnico per geometri “Leon Battista Alberti”, con grave sacrificio di spazi  e perdita di parte dell’Aula magna e della circolarità dei piani che furono divisi; poi fu la volta della palazzina nord, ceduta in gran parte all’Ipsia con relativo sfratto e ridimensionamento dei laboratori e delle officine.

Ora si parla di altra ospitalità, concessa al “Mazzini” perché i politici trattano gli spazi scolastici come scacchiere e non come entità didattiche che non si possono comprimere come sardine, pena lo scadimento (e la distruzione) della qualità degli studi tecnico scientifici.

L’Itis ha in organico ben cinque specializzazioni: meccanica, chimica, elettrotecnica, elettronica e informatica, oltre ad un liceo tecnologico-scientifico e di certo dalle “camerae caritatis” della politica partitica ci si rende difficilmente conto della esigenza di non costipare, di non sovraccaricare una struttura amputando di continuo laboratori e spazi; da qualche anno il cartongesso trionfa all’Itis, dove si divide e (vivi)seziona di continuo.

Fra due anni si celebreranno (speriamo da non sfrattati!) i settant’anni di una scuola a dir poco gloriosa che ha fornito quadri all’Università ed all’industria anche europea con una preparazione seria ed invidiabile. Vorrei che gli ex allievi ed insegnanti come me, gli allievi e gli insegnanti attuali e, soprattutto, i genitori, insorgessero contro questo continuo pressing e che la politica, cui compete la sana direzione della cosa pubblica e non l’accomodamento, capisse che l’istruzione è un valore, il valore per il quale occorre saper vedere nel futuro e non navigare a vista sistemando aule come scatole da scarpe.

L’Itis vuole e deve vivere: alunni e genitori hanno diritto all’istruzione moderna e completa e gli insegnanti alla serenità e non al tumulto. La coabitazione è un ricordo del dopoguerra: fu breve, perché, in pace, le case e le scuole si costruiscono.

Sergio Giuliani