FOGLI MOBILI

La rubrica di Gloria Bardi  

CANNABIS TERAPEUTICA 

Lo scorso 19 ottobre il consiglio dei Ministri ha approvato due disegni di legge proposti dalla Ministra Turco, che meritano davvero attenzione, al di là del solito sensazionalismo dei “titoli grossi”, apparsi sui quotidiani, all’insegna della solita cannabis.

Si tratta invece di due specifiche applicazioni di un principio che contribuisce a spostare virtuosamente il concetto di medicina dal piano delle patologie e, nei migliori auspici, della loro prevenzione al piano del dolore.

La cosa rappresenta un’evoluzione importantissima, verso il riconoscimento della “salute” come “benessere” in senso non semplicemente clinico.

Quante volte abbiamo sentito dire cose come “affetto da un male incurabile” e lo abbiamo ripetuto senza renderci conto di dire una mostruosità? Non esistono malattie incurabili, esistono caso mai malattie inguaribili ma cura e guarigione non si identificano. La sconfitta della medicina tesa a guarire non sarà la sconfitta della medicina del “curare” se questa saprà affermarsi eticamente, culturalmente e imporsi nelle politiche sanitarie e nei finanziamenti che le accompagnano.

Si tratta, per molti versi, di una riforma del mestiere di medico, non emarginato dall’insuccesso terapeutico ma caso mai chiamato, in quel caso, all’esercizio di nuove competenze.

Nella lingua inglese esistono due parole differenti: “cure”, che definisce l’attività terapeutica tesa a guarire, e “care”, che definisce l’attività di presa in carico, a prescindere dall’esito previsto.

Una struttura come l’hospice, pensata perché ci si prenda cura dei malati terminali, con un ventaglio di figure professionali distinte, sta a dimostrare questa evoluzione ma, purtroppo, la scarsità della sua diffusione sul territorio nazionale, testimonia come per ora ci si muova sul terreno delle pie intenzioni. La via intrapresa dalla Ministra fa sperare che in futuro ci si prenda politicamente  cura anche di questa grave carenza e contraddizione.

E comunque, nel caso dei malati terminali si parla di cure palliative, che non esauriscono la “terapia del dolore”, estesa anche a malattie dall’esito benigno, quando accompagnate da dolore “severo” e  inutile.

Anche a non malattie, come nel caso del parto, per cui nello specifico ddl si prevede il ricorso, nelle strutture pubbliche, a modalità per il controllo del dolore nel travaglio-parto, comprese anestesie locali ed epidurale.

Intendiamoci, il disegno di legge non introduce nulla che già non esistesse, né i derivati della cannabis o degli oppiacei nell’assistenza ai malati terminali né procedure anestetiche riguardanti il parto ma nel primo caso ne ha semplificato i complicati dispositivi di prescrizione (tutti ricorderemo la disavventura giudiziaria occorsa di recente al prof. Henriquet) e nel secondo ne ha previsto l’introduzione, mediante appositi stanziamenti, negli ospedali. E’ importante che la società sappia che una parte delle tasse che versa verranno dedicate al dolore ed è giusto che la cosa non venga lasciata, come è stato per molto tempo, a donazioni e volontariato, nel caso delle palliative, o all’iniquità dei portafogli privati, come nel caso del parto indolore.

Insomma, la Turco rende disponibili queste pratiche, prima rese spesso impraticabili da burocrazia o assenza di stanziamenti.

Questo è il contesto in cui va collocata la tematica e non c’entra nulla la liberalizzazione delle droghe leggere, confondere le cose significa moltiplicare gli ostacoli e  dare adito alla strumentalizzazione.

Semplificare le procedure di uso terapeutico dei derivati della cannabis significa limitare la sofferenza punto.

Del resto, consentire l’amputazione di un arto in cancrena non significa il via libera all’amputazione degli arti.

Altro contesto altri argomenti.

Personalmente sono orientata favorevolmente alla liberalizzazione delle droghe leggere ma in un ambito tematico e argomentativo tutto diverso, dove cambia nei contenuti il rapporto costi-benefici e dove non è la salute del singolo a essere principale oggetto di tutela  quanto altri riferimenti che, per alcuni potranno essere l’autodeterminazione e per altri l’afflizione di interessi malavitosi. Infatti alla liberalizzazione dovrebbe comunque, come per il fumo, accompagnarsi una campagna di dissuasione, del tutto impensabile nei confronti di chi usa terapeuticamente i derivati o, non mi formalizzarei, la cannabis stessa.

Un “brava” convinto alla Turco, quindi, nella convinzione che lo scopo primario di ogni politica sia rendere disponibili tutti i mezzi possibili per diminuire il tasso generale di dolore.

Gloria Bardi

   www.gloriabardi.blogspot.com

 

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