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C'è voluto il "penultimatum" lanciato da Giovanni
Gambardella per convincere il Governo che la questione
Ferrania non poteva essere lasciata a macerare fino al
"fatale" luglio 2007, quando l'azienda potrà pesare costi e
ricavi senza dover fare i conti con una variabile
indipendente, quella dell'occupazione. Il rischio, ormai
presente ai sindacati e rilanciato alle istituzioni, era che
gli attuali 600 dipendenti, di cui circa 200 in cassa
integrazione speciale, si riducessero di almeno due terzi,
toccando un minimo storico pauroso praticamente
insostenibile per l'impatto sociale ed economico che ne
deriverebbe. Così da un lato il Cipe è intervenuto
confermando la disponibilità dei 20 milioni di sostegni
previsti dagli accordi di programma di primavera e
dall'altro la Regione Liguria si è impegnata a riprendere
politicamente in mano la questione della centrale a biomasse
vegetali che era stata bocciata dai tecnici della
commissione di Valutazione ambientale. Il progetto sarà
riformulato dall'azienda, ma sostanzialmente la "taglia"
della minicentrale sarà quella prevista dagli accordi e la
Regione instraderà il suo iter su una corsia preferenziale.
Politicamente significativo è stato poi l'incontro tra il
ministro Bersani, i vertici della Regione (Burlando e
Guccinelli) e la proprietà aziendale (Gambardella, Messina,
Malacalza). Confermato lo sblocco dei soldi, dovranno essere
formalizzati i progetti di rilancio industriale. Sullo
sfondo resta la più grande incognita, quella della
maxicentrale a combustibile fossile (carbone o metano) da
realizzare in Valbormida. Ma non necessariamente sulle aree
di Ferrania.
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