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Ambientalismo, Animalismo e Verdi
2° (e ultima) parte
 

Le cifre parlano chiaro. Nelle case degli italiani vivono 7 milioni di cani, 7 milioni  e mezzo di gatti e 13 milioni tra canarini, coniglietti, tartarughe e criceti. L’industria del petfood, poi, non solo non conosce crisi ma è in continua espansione. Insomma, l’amore degli italiani per gli animali domestici ha raggiunto livelli mai raggiunti prima.  

E’ vero che il triste fenomeno dell’ abbandono e dei maltrattamenti è tutt’altro che scomparso ma il persistere di questa realtà può essere ragionevolmente equiparata al persistere di analoghi comportamenti delittuosi in campo umano - rapine, stupri, omicidi – che esisteranno, ahimè, fino a che esisterà la nostra specie. Se le brutte notizie che ci giungono sembrano aumentare di numero anziché diminuire, ciò è molto probabilmente da imputare proprio alla nostra maggiore sensibilità che non ad un effettivo peggioramento delle condizioni oggettive. 

Questo amore per cani e gatti è un dato talmente acclarato da aver attirato l’attenzione del mondo politico. A destra come a sinistra, lo sbandieramento di buone intenzioni a favore degli animali domestici è ormai d’obbligo anche perché, se è vero che non sono molte le persone disposte a tradire il partito del cuore per i presunti interessi degli animali, è vero anche che ci sono tante persone che, nauseate dai partiti tradizionali e dalle loro tante false promesse, scelgono di votare proprio chi propone idee alternative. Forse qualcuno ricorderà come, nelle regionali del 2000, la lista ANIMA-LISTA, in realtà una lista al servizio di cani e gatti, sorta (e immediatamente scomparsa) in concomitanza della chiamata alle urne, mancò di poco la conquista di un seggio.  

Nelle ultime campagne elettorali, il numero di candidati che vanta (talvolta come unica credenziale) il titolo di “gattara” o di “volontario dell’ ENPA e della Lega difesa del cane” è in continuo aumento. Chi si occupa regolarmente di animali, a vario titolo, scopre improvvisamente di essere merce preziosa per il mondo della politica e, come tale, viene corteggiato dai partiti più svariati. Insomma, un pizzico di “animalismo” - diciamo così – è, per un partito quel tocco di grazia che, per una donna, è una spolverata di cipria sulla punta del naso. Premesso che, proprio come una spolverata di cipria, questo interesse per gli animali tende a volatilizzarsi con estrema rapidità,  rimane il fatto che esso si limita a questo, ai cani e ai gatti.  Così come si ferma qui, purtroppo, l’ “animalismo” dei tanti zoofili.  

I Verdi si distinguono nettamente in questo panorama generale. Tanto per cominciare, seppure il numero di animalisti “doc” all’interno del Sole che Ride è oggettivamente modesto, così come è modesto all’interno della società nel suo complesso, l’ impegno dei Verdi per gli animali ha caratterizzato il partito sin dalla sua fondazione ed è sempre stato parte integrante dei programmi. Per maggiori dettagli, si veda il sito... www.verdiliguria.it... al capitolo Documenti o, anche, la sintesi del programma per le politiche 2006 da me pubblicata sui numeri 52, 53 e 54 di questa rivista. 

I Verdi si pongono inoltre obiettivi a favore di TUTTI gli animali e non solo degli animali domestici. Sono stati i Verdi, ad esempio, che nel ’91 hanno introdotto il diritto all’obiezione di coscienza nei confronti della vivisezione effettuata all’interno delle università; è stato un ministro Verde che ha varato decreti legge a favore degli animali d’allevamento (ad esempio, quello che prevede il divieto di ingozzamento cruento delle oche utilizzate per la produzione di patè o quello che prevede condizioni di vita meno aberranti per i visoni destinati alla produzione di pellicce); e sono solo i Verdi, notoriamente, che si battono per porre un minimo di ordine in quel Far West che è il mondo venatorio italiano.  

Se i risultati sono spesso inferiori a quanto si vorrebbe è solo perché tutti gli altri partiti, su questi temi, che demagogici non sono, mostrano la più totale insensibilità e, agli interessi più elementari degli animali e dell’ambiente, preferiscono quelli di allevatori, cacciatori e circensi (che, contrariamente agli animali, hanno diritto di voto…). Chi volesse approfondire questo tema, è caldamente invitato a visitare il sito... www.osservatoriopolitico.org. 

L’ ultimo esempio di questo muro ostruzionista bipartisan ce lo fornisce il decreto legge dello scorso 4 agosto, a firma Pecoraro Scanio, che ha cercato di imporre un maggior rispetto della legge quadro nazionale sulla caccia, ormai completamente svilita da un’interminabile lista di deroghe regionali, e di avvicinare la pratica venatoria italiana a quella degli altri Paesi europei. Nonostante che l’obiettivo di questo decreto fosse, evidentemente, tutt’altro che rivoluzionario, le orde di cacciatori inferociti da una parte e le proteste da parte delle Regioni stesse, notoriamente prone ai desiderata (e ai voti) dei circoli venatori locali, ha fatto sì che il Consiglio dei Ministri abbia rivoltato il decreto legge come un calzino, svuotandolo, di fatto, di ogni significato.

A chi si chiede se l’animalismo sia elettoralmente conveniente, rispondo con una duplice risposta: la prima pragmatica, la seconda idealista.  

L’idea animalista, seppur sempre esistita a livello individuale, si è sviluppata in movimento, a cominciare dai Paesi anglosassoni, solo agli inizi degli anni ’70 e si è per ora diffusa principalmente tra le fasce sociali di cultura medio-alta e tra i giovani, notoriamente più permeabili al nuovo. In questi trent’anni, i cambiamenti culturali sono già stati tanti e notevoli. Vediamone alcuni: 

- dall’inizio degli anni ’90 ad oggi, il giro d’affari mondiale dell’industria pellicciera è crollato di quasi il 40%. In Italia, il Paese del mondo che più sostiene questo capo d’abbigliamento a causa della sua tradizione di alta moda,  il numero di allevamenti di visoni è sceso da 170 (1988) a 50 (2002) e, malgrado l’agguerrita offensiva pubblicitaria e le promozioni all’acquisto sempre più generose, in questi ultimi anni numerosi negozi di pellicce sono stati costretti a chiudere i battenti per mancanza di clienti. La pelliccia è ormai talmente demodè da essere rimasta appannaggio, mi si permetta questa osservazione personale, di donne anziane e neo-arricchite. Dulcis in fundo, è notizia di questi giorni che (su proposta di un’ europarlamentare verde) l’ intera Unione Europea si appresta a bandire l’importazione di pelli e prodotti derivanti dal massacro delle foche canadesi, decisione che il governo italiano ha peraltro già preso. 

- le indagini rivelano che oltre il 70% dei cittadini italiani vorrebbe che la caccia fosse abolita tout court. Indipendentemente dal sostegno politico di cui la caccia si è sempre avvalsa, il trend è inesorabilmente dalla parte degli animali: i 2 milioni di cacciatori degli anni ‘80 si sono ridotti a 700mila misere unità e, cosa ancora più importante, l’età media di questi nostalgici seguaci di Diana è superiore ai 50 anni… Segno che i giovani non apprezzano affatto. 

- l’agenzia di sondaggi Eurispes ci dice che in Italia il numero dei vegetariani irriducibili ha raggiunto quota tre milioni (altri tre milioni di persone si dichiarano però vegetariani “a singhiozzo”). In Gran Bretagna, che in fatto di diritti animali è sempre stata all’avanguardia, i seguaci della dieta verde sono tuttavia 7 milioni. La distribuzione sempre più capillare di alimenti a base vegetale, fino a poco tempo fa difficilmente reperibili, unitamente alle sempre più frequenti ammissioni ufficiali sulla salubrità di questa scelta dietetica, fanno sperare in ulteriori sviluppi futuri. 

Torniamo allora alla convenienza elettorale di una politica filo-animalista. Tutto fa pensare che la diffusione delle ragioni etiche alla base del movimento per i diritti animali, unitamente al progressivo cambio generazionale, non potrà che portare ad un aumento degli attivisti di questa nuova rivoluzione culturale ed alla loro organizzazione in soggetto politico. A quel punto, se i Verdi avranno avuto il coraggio di non tradire i loro ideali, potranno giustamente raccogliere quanto finora faticosamente seminato. 

Ed ecco, infine, la risposta idealista: trovo assolutamente lodevole che un partito abbia il coraggio di sostenere obiettivi che,  seppur ancora poco popolari, sono eticamente inattaccabili. Uno dei motivi per cui la politica ci risulta sempre più disgustosa non è proprio la sua mancanza di moralità? Per il momento, mi sento già sufficientemente appagata dalla convinzione di battermi per un mondo un po’ meno barbaro.

Antonella De Paola

responsabile provinciale diritti animali Verdi Savona