La nostra società sta naufragando verso “l’autismo”, senza neppure accorgersene.   

PENSIERI SPARSI
Ovvero ciò che non si ha più tempo di fare

                      Samantha Giribone     versione stampabile

A Scuola, a Lezione, sempre si apprende.  

Nozioni su nozioni, trasmesse, più o meno correttamente, da centinaia di anni, a centinaia di volti assonnati. 

Solo ogni tanto, forse due o tre volte nella vita, a Scuola s’impara.  

“Un professore deve essere interessato a quello che spiega, e deve imparare un po’ anche lui…sennò è impossibile lo scambio di Cultura”. 

Questa è l’ultima cosa che ho imparato, qualche ora fa. Una frase come tante, pronunciate da un mio docente in un’ora senza importanza, di quelle “burocratiche”, d’introduzione o “acclimatazione”, che dir si voglia. 

Come tutte le cose che s’imparano, l’avevo sempre saputa. Dormiva latente dentro di me, senza che sapessi darle un nome, una definizione. 

Non sapevo perché alcune lezioni mi interessassero, mi coinvolgessero, mi stimolassero riflessioni successive. Non riuscivo a capire perché non fosse così per tutte. 

È qualcosa che prescinde dall’argomento, dalla materia. È qualcosa di Umano. 

È “partorire nel Bello”.  

“…la generazione è ciò che ci può essere di sempre nascente e di immortale, in un mortale…” 

Così Platone diceva che l’Amore è desiderio d’Immortalità. L’Eros è desiderio di possedere qualcosa di Bello, perpetuamente. Per questo si generano figli, altri da noi che mantengano qualcosa di noi nell’oltre noi.  

Se poi s’incontra “un’anima bella”, conversando, si possono generare Figli comuni ancora “più immortali e più belli”: pensieri, discorsi, conoscenze. 

Volgarizzando, banalizzando, facendo mio il pensiero platoniano, mi chiedo, cari professori, gli studenti che avete di fronte non sono “anime belle”? 

Le Scuole, tutte, dovrebbero essere innanzitutto luoghi di Cultura. E la Cultura è dinamica, è viva, non può essere racchiusa in programmi, libri di testo, manifesti di fine anno. 

Vi sento già brontolare dietro agli schermi, vi sento protestare che siete obbligati, che comunque le cose si devono sapere, che gli insegnanti sono insegnanti: devono educare non essere “amici” di qualcuno. 

Non sto assolutamente contraddicendo questo.  

Vorrei però suggerire una cosa: l’importanza del “conversare”.  

Guardate il termine non nell’accezione “chiacchiericcio al bar”, ma in quella semplice semplice, purissima, del “comunicare”. 

Oggi (non tutte) le lezioni scolastiche sono un sommarsi di dati su dati, senza commento, senza attualizzazione, senza riflessione. Si presentano competenze ripulite, candeggiate, “sterili”. 

Cercherò di spiegarmi meglio: non si può parlare del Dante della Divina Commedia senza sottolinearne la rabbia, il rancore, la denuncia come non si può spiegare Hegel e senza rimarcare come il concetto di Stato Etico si rifletta precisamente in quello di “preservazione della famiglia tradizionale”.  

Non si può pretendere di insegnare qualcosa prescindendo dall’attualità, dalla realtà, dal mondo, dagli argomenti nuovi con cui ci si deve quotidianamente confrontare. 

Se un insegnante ha passione e volontà può benissimo inserire nelle ore curricolari momenti di riflessione di classe (per esempio, commentare alcune notizie di un quotidiano o informar(-si)are su un qualunque argomento di rilevanza intellettuale o sociale, immediata) senza che lo svolgimento del programma ne risenta. 

Certo bisogna avere, come detto, passione e volontà per “interessarsi ed imparare” per primi, qualità necessarie quando si ci confronta con altri punti di vista e di cui i nostri docenti sembrano molto carenti. 

Ringrazio tra i miei insegnanti, passati e futuri, quelli che sono stati Umani: cioè capaci di interpretare in questi termini, che ritengono giusti, il loro ruolo.

Grazie a loro, e da loro, ho ricevuto Cultura. 

Ho imparato a confrontarmi con le Idee altrui, l’unica arma di cui si ci può dotare per sconfiggere il Male dilagante: la solitudine. 

La nostra società sta naufragando verso “l’autismo”, senza neppure accorgersene. 

Se così non fosse, non potremmo accettare che i nostri “governanti” non siano quelli che Platone immaginava distanti da interessi personali (matrimonio, denaro, famiglia) e concentrati sul generale, ma quelli di Battiato, “perfetti ed inutili buffoni”, che si permettono ciò che a noi vietano. 

Dalla finestra, nel silenzio, guardo sotto la città che corre, tantissime macchinine piccole che contengono uomini piccoli, soli e muti, mi viene in mente una battuta di “Finale di Partita” di Samuele Beckett, su cui mi sono soffermata per molto colpita da una sensazione a cui non so dare un nome:

ve la regalo, fatene ciò che desiderate. 

Hamm             Perché non mi ammazzi? 

Clov                Non conosco la combinazione della dispensa. 

 

Samantha Giribone