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UOMINI E BESTIE

8: Prospezioni dell’immaginario

Leones

Parte sesta

 Costellazione del Leone 

Il Leone,      ascensione retta 10h40’, declinazione 16°27’, comprende: 
        
   Signum Leonis

·      Alpha Leonis: Kardía léontos, Basilískos (GEM. el. astr. 3, 5: “L’astro luminoso che sta sul cuore del Leone si definisce appunto Cuore del leone, come il luogo in cui si trova; alcuni lo chiamano il Piccolo re [Basilískos], perché pare che quanti nascono sotto quella stella abbiano un destino regale”), Stella regia (Plin. XVIII 235), Cor Leonis (medievale), Al Kalb al Asad (in arabo “Il cuore del Leone”), Regulus da Copernico in poi; forse c’è qui un originario fraintendimento, perché il basilisco è anche un serpente, nel qual caso potrebbe essere l’ureo della tradizione egizia;

·      Beta Leonis: Denebola;

·      Gamma 1 Leonis: Algieba;

·      Delta Leonis: Zosma o Duhr;

·      Epsilon Leonis: Ras Elased Australis o Algenubi;

·      Zeta Leonis: Adhafera;

·      Theta Leonis: Chort o Coxa;

·      Kappa Leonis: Al Minliar al Asad;

·      Lambda Leonis: Alterf;

·      Mu Leonis: Ras Elased Borealis o Alshemali;

·      Omicron Leonis: Subra.  

Poiché nei testi del periodo di Assurbanipal la costellazione si chiama “Il gran Cane” o “Il leone”, è probabile che i Greci abbiano mutuato dai Babilonesi l’idea nel VI sec. e piú tardi l’abbiano collegata al mito di Ercole: ciò spiegherebbe anche lo scolio citato nella precedente scheda: fu asterizzato da Zeus “perché è il re dei quadrupedi, o perché fu l’oggetto della prima fatica di Ercole” (schol. AR. 149 MD D A). Si trova rappresentato, tra gli altri, nel Globo Farnese, sulla terrazza occidentale del complesso di Nemrud Dagh ed in molte monete micrasiatiche. È associato al mese di agosto e con Sirio alla vampa estiva, onde Orazio (car. III 29, 19) lo chiama vesanus (“folle”), al corso del Nilo (PLUT. quaest. conv. 670c: “[In Egitto] le fontane gettano acqua da bocche leonine perché il Nilo inonda di nuovo i campi quando il Sole entra nella costellazione del Leone”), al ciclamino, al crisolito, al culto mitraico, già ricordato nella quarta parte, in cui i misti compaiono in forma leonina (CUMONT I 315), finalmente gli sono subordinati tre Decani, come anche appare dal registro intermedio del mese di agosto a Schifanoia (“The Peoria Astronomical Society Newsletter”; GUNDEL, PW s. v. “Leo”). Un cenno va anche dedicato alla presenza della belva nelle favole (Vacca et capella, ovis et leo; Asinus et leo venantes).

Il Fisiologo (1; la versione lat. aggiunge solo alcune strampalate etimologie) dichiara che il leone ha tre peculiarità.

1.     Se s’accorge d’esser seguíto, cancella le impronte spazzandole colla coda: cosí Cristo fatto uomo celò la sua divinità.

2.     Dorme ad occhi aperti: cosí Gesú dormí il sonno della morte umana sulla croce e nel sepolcro, ma la sua pars divina fu sempre desta.

3.     Partorisce cuccioli morti, che il terzo giorno son richiamati alla vita dal ruggito del padre: cosí Cristo, anch’egli morto da tre giorni, fu risuscitato dalla voce di Dio.

Effettivamente, se teniamo presente la natura solare della regalità, già prima delle lucubrazioni del Fisiologo Cristo fu assimilato al sole e dunque al leone (resplenduit facies eius sicut sol: Matth. 17, 2; die media in via vidi, rex, de caelo supra splendorem solis circumfulsisse me lumen et eos qui mecum simul erant: act. 26, 12; et facies eius sicut sol lucet in virtute sua: ap. 1, 16; ne fleveris: ecce vicit leo de tribu Iuda, radix David: ap. 5, 5). Altrimenti, l’ambivalenza già riscontrata: liberatus sum de ore leonis: II Tim. 4, 17; adversarius vester diabolus tamquam leo rugiens circuit quaerens quem devoret: I Petr. 5, 8; ma et animal primum simile leoni, et secundum animal simile vitulo, et tertium animal habens faciem quasi hominis, et quartum animal simile aquilae volanti: ap. 4, 7 (da Ez. 1, 10; diverranno, come si sa, gli emblemi del Tetramorfo evangelico, la cui piú antica attestazione nei mosaici del battistero di Napoli e nell’abside di S. Prudenziana a Roma; dal leone di Marco poi il leone della repubblica di San Marco, ossia Venezia). Molti secoli dopo, distillato d’ogni contenuto religioso l’insegnamento degli antichi bestiari sacri passerà a quelli erotici medievali, per tutti Richard de Fournival, ove si legge che, se l’uomo solleva lo sguardo allo sguardo del leone, súbito viene assalito: cosí Amore non assale se non chi lo guarda; inoltre, come il leone elimina le sue tracce, cosí “un uomo saggio che abbia prudenza, quando è costretto a fare qualcosa che, se fosse conosciuto, gli attirerebbe il biasimo, usa precauzioni tali per cui nessuno lo sappia mai; in modo che la sua prudenza cancelli le orme dei suoi piedi, ossia la buona o cattiva reputazione che può derivare dalle sue azioni” (Il bestiario d’amore e la risposta al Bestiario, trad. it. di F. ZAMBON, 1987).

Le rappresentazioni delle chiese cristiane (Troia, Altamura, Bari, Conversano, Bitetto...), cui s’è già accennato in altra scheda, vengono da una tradizione antichissima secondo la quale le fiere stanno a custodia perenne dell’ortodossia e della giustizia, tanto che i processi erano celebrati, come allora si diceva, inter leones et coram populo, cioè sul sagrato. Una vetrata della cattedrale di Bourges ne figura uno che monta la guardia alla tomba di Cristo resuscitato. Se lo si vede straziare colle zampe e coi denti un animale, è l’immagine della giusta severità della gerarchia contro coloro che si ostinano a disconoscerne l’autorità; in particolare, se è un becco allora si tratta di Satana, se è una donna è l’eresia. Secondo Moretti, dalla credenza che le qualità di destrezza e forza della bestia fossero tutte concentrate nella parte anteriore (che per Eliano significativamente corrisponde al fuoco; anche Plinio, VIII 49, diceva che la loro forza stà nel petto, ed Aristotele, 630a3 sqq., che patiscono solo le ferite nel ventre), sorse l’idea di assumerlo a simbolo della duplice natura di Cristo, quella divina davanti e quella umana dietro. È anche l’emblema negativo della superbia vitae (I Io. 2, 16), come sa ogni lettore di Dante (Inf. I 45). Sfogliando infine l’Iconologia del Ripa, il leone figura tra l’altro:

·      l’Agricoltura, tramite la pariglia di Cibele;

·      l’Ambizione: “Una donna giovane vestita di verde con fregi d’hellera, in atto di salire un’asprissima rupe, la quale in cima habbia alcuni scettri, e corone di piú forti, et in sua compagnia vi sia un leone con la testa alta”;

·      l’Ardire: “Un Giovane di natura robusta, e fiera in viso, haverà il destro braccio armato col quale cacci per forza con gagliarda attitudine la lingua ad un gran Leone, che gli stia sotto le ginocchia”;

·      il Castigo: un uomo che vibri un colpo di scure “ et à canto vi sia un Leone in atto di sbranare un’orsa” (si noti la connotazione negativa dell’orso, di cui si parlerà nella scheda specifica);

·      la Clemenza: “Donna sedendo sopra un Leone” (la giustificazione dell’iconografia trae in ballo la fola di Giuba riferita da Eliano e già riportata in altra scheda);

·      il Dominio di se stesso: “Huomo a sedere sopra un Leone”;

·      l’Etica: “Donna di aspetto grave, terrà con la sinistra mano l’istromento detto archipendolo, et dal lato destro haverà un Leone imbrigliato”;

·      la Febbre: la presenza della fiera accanto all’emaciata figura femminile è spiegata dalla sua natura ignea;

·      la Fortezza: “Donna armata, e vestita di lionato [...]  et nel braccio sinistro uno scudo, in mezzo del quale vi sia dipinto un Leone che s’azzuffi con un cignale”, ecc. ecc.  

La cultura indiana diede dell’animale un’interpretazione ambivalente analoga alla nostra. Fu in primo luogo emblema della regalità: attributo di Krishna nella Bhāgavad Gītā (X 16: “Tra i Daitya [demoni e giganti], sono Prahlada; fra i misuratori, Io sono il Tempo. Tra gli animali, sono il re delle bestie [il leone]; e tra gli uccelli sono Garuda [il “Signore dei cieli”, il veicolo di Vishnu]”); veicolo di Devī, la dea Durga, e di Shiva, forma di Narasimha, l’uomo-leone, quarto avatāra di Visnú; attributo del Buddha “leone degli Shakya” (Ashoka collocò una statua della fiera in cima ai pilastri iscritti coi precetti dell’Illuminato sparsi nel territorio del regno Maurya, ad es. a Vaishali ancora in situ;);

 

 Particolare del leone del pilastro di Ashoka a Vaishali] 

montura del primo dei Buddha Trascendentali, come mostra la seguente tabella (fonte: S. MARSHANK, Chart of the Five Buddhas).

 

Deità

Vairocana

Akshobya

Ratnasambhava

Amitaba

Amogasiddhi

Sentiero

Pura Autocoscienza

Trasmutazione del negativo

Equanimità

Dispiegarsi graduale

Potere ed energia

Orientamento

Centro

Oriente

Meridione

Occidente

Settentrione

Mudra

Dharmacakra

Bhumisparsha

Varada

Dhyana

Abhaya

Emblema

Ruota

Vajra

Gioiello

Loto

Doppio Vajra

Prima sapienza

Sfera della realtà

Rispecchiamento

Eguaglianza

Discriminazione

Compimento del tutto

Elemento

Cielo

Acqua

Terra

Fuoco

Aria

Montura

Leone

Elefante

Cavallo

Pavone

Grifone

Consorte

Tara Bianca

Lochana

Mamaki

Pandara

Tara Verde

Aggregato

Coscienza

Forma

Sensazione

Percezione

Volizione

Colore

Bianco

Azzurro

Giallo

Rosso

Verde

 

Ma pure emblema maligno: lo stesso Shiva tiene il piede sopra un leone panciuto, che figura l’avidità; un Rākşasa in aspetto leonino è cavalcato da Kuber, il principe dei demoni. Fa anche piú volte mostra di sé nell’ineguagliabile complesso sacro del Khajuraho nel Madhya Pradesh, ad es. nel tempio di Lakshmana (eretto circa il 930-950 d. C.), di Kandariya Mahadeva (1025-50) e di Vishvanath e Nandi (1002).  

Nella tradizione islamica sciita Alí è il leone di Allah; in Cina protegge dai malefici come il drago, con cui a volte s’identifica; in Giappone si fanno danze del leone (shishimai) davanti ai santuari scintoisti, il primo di gennaio e in altri giorni di festa (CHEVALIER-GHEERBRANT, Dizionario dei simboli, trad. it., s. v.).

Finalmente, del folclore africano vanno almeno ricordati gli straordinari petroglifi di Twyfelfontein, dell’inizio del primo millennio a. C., alle radici della catena montuosa del Brandberg in Namibia.

 

 Petroglifo di Twyfelfontein 

Molti degli animali, incluso il leone, che ricorre spessissimo, non sono rappresentati naturalisticamente, bensí tramite un’immagine delle loro impronte (spoor) all’estremità delle zampe; forse ha ragione Lewis-Williams a sostenere che si tratta di sciamani nell’atto di compiere un rito di caccia (G. S. MCCALL, Following Tracks, in “Tracce”, 8, luglio 1997).