«Senza la centrale sarà una mini-Ferrania con cento dipendenti»
La proprietà gioca la carta dell'occupazione
 
Cairo. Pronti a rimanere anche senza la possibilità di fare le centrali, ma sarebbe un'azienda ridotta, una mini-Ferrania, soltanto con un centinaio di dipendenti. È l'allarme rivolto ieri dalla proprietà (gruppo Gambardella) ai sindacati nella sede dell'Unione Industriali di Savona.
«L'accordo di programma sottoscritto da istituzioni ed enti locali è ancora valido? Se lo è, si faccia allora un passo concreto in questo senso» così Cgil, Cisl e Uil incalzano la Regione. Per la centrale termoelettrica a Ferrania è l'ora del dentro o fuori. «In tema di energia la centrale sarebbe una priorità per il paese, per il territorio italiano, non solo per la Valbormida» ribadiscono le segreterie confederali. È il monito emerso dalla riunione di ieri pomeriggio, dove si è saldato l'asse tra sindacati e azienda, che all'unisono hanno rilanciato il tema della centrale, cercando di stanare sull'argomento la Regione.
I vertici dello stabilimento al tavolo istituzionale di ieri hanno ribadito la volontà di rimanere proprietari del sito anche se l'accordo di programma, contenente le centrali, non si dovesse concretizzare. Ma in questo caso, avverte la proprietà, «sarebbe una mini-Ferrania, con un centinaio di dipendenti al massimo, dopo aver tagliato i rami secchi».
Segreterie e management sono stati convocati per lunedì mattina alle ore 10 a Genova dal presidente della Regione Claudio Burlando, proprio per fare chiarezza. All'incontro di ieri a Savona erano presenti il presidente Ferrania Giovanni Gambardella, l'amministratore delegato Giuseppe Cortesi, con la delegazione sindacale capeggiata dai segretari Francesco Rossello (Cgil), Maresa Meneghini (Cisl), Roberto Fiore (Uil), Fulvio Berruti (Filcem,) Giorgio Cepollini (Femca) e Pino Congiu (Uilcem).
«Non abbiamo mai fatto sconti all'azienda, ma questa volta non possiamo che essere dalla sua parte. Adesso tocca alla politica dare delle risposte, ma finora nessun passo avanti è stato fatto». È il duro atto d'accusa di Fulvio Berruti che ritorna sulla bocciatura da parte della commissione Via regionale dell'impianto a biomasse (10 megawatt): «Perché si è scoperto soltanto adesso che per farlo di quella taglia bisogna disboscare la Valbormida e il Basso Piemonte?».
Alberto Parodi