Ci mancherà il tuo facile e bello scrivere; non la tua rabbia, Oriana
Sia pace per Oriana Fallaci!
                                                 di
Sergio Giuliani      versione stampabile

 Davanti al tremendo mistero della morte, si deve senz’altro tacere e vorrei tanto che queste mie parole servissero a rifare silenzio, fossero silenzio. Ma oggi venerdì il telegiornale delle 13 apre e dedica otto minuti alla cronaca della scomparsa della scrittrice, al “coccodrillo” e alle reazioni tempestive e commosse delle massime autorità e dei politici.

Non ricordo (allora non vedevo la tv) cosa accadde nel settembre 1981, quando morì Eugenio Montale; ricordo con pena che Mario Luzi morì in punta di piedi, quasi travolto da uno stizzito Berlusconi, che doveva odiarlo in quanto poeta e non canzonettista e in quanto capace di pensare in libertà e non per interesse spicciolo.

Si dà il caso che Oriana, da scaltra giornalista com’era, abbia soffiato la ribalta a Papa Ratzinger oggi sul tema dell’antiarabismo e proprio il giorno in cui si accusa il Pontefice di aver condannato la “guerra santa” (ed io sono d’accordo con lui!) e non si legge davvero il discorso di Regensburg per sfuggirne la gravissima filosofia che gli è sottesa (v il numero di ieri de “Il riformista”).

Per la Fallaci calza a pennello l’epiteto di “redenta”, che fu coniato per i fascisti traghettati presto-e-subito a sinistra e che il bel volume (troppo poco chiacchierato!) di Mirella Serri ha riportato in auge.

Noi ce la ricordiamo inviata alle Olimpiadi in Messico del 1968 (quelle in cui i due atleti neri vincitori nella corsa piana veloce abbassarono il volto ed alzarono un pugno fasciato di nero quando suonò l’inno degli Stati Uniti, spettatrice ( e ferita) nella sparatoria di Tlatelolco, la piazza delle tre culture, a Città del Messico. Del cruento episodio fornì una precisa e sentita cronaca, assai di parte, per “L’europeo”.

Poi venne la “storia” (!!!) con Aleikos Panagulis, eroico oppositore dei “colonnelli” (filoamericani!) in Grecia, torturato e forse assassinato (lo lascia intendere Oriana in “Un uomo”) in un falso incidente d’auto (quella auto verde “primavera” che tutti ricordiamo) Scrivere una biografia post mortem è farla da padroni; ma non ci importa di sapere se fra i due ci fu amore: il libro ha il grande merito di presentarci un uomo raro (lui sì; non certo il nostrano “ricresciuto”!) e vero come lo è chi ama la libertà assoluta e immutabile nei principi).

“ Lettera a un bambino mai nato” (col furbo dubbio che fosse di Panagulis!) prese, al tempo della battaglia sull’aborto, una posizione che non era quella di chi aveva voluto ed aveva poi vittoriosamente difesa (le donne!) la legge. Ma su un tema tanto privato, difficile e responsabile, ben venga ogni contributo, se autentico e sofferto. Ormai Oriana è una star delle vendite ed io ricordo tante ragazze entrare dal libraio e far scendere abbastanza alla svelta la gran pila del piccolo ed agevole libro bianco di copertina.

Poi….io, almeno, ho chiuso le orecchie. Per indignarmi alla grande allorché, cattivo frutto dell’11 settembre, escono interviste, articoli e libri marcati da un fortissimo,crociato risentimento antiarabo e da un grande amore, giustificato certo, ma di cui non mi fiderei troppo, visto le conversioni di cui è stata capace, per lo stato d’Israele,sia aggressivo per rappresaglia e per paura, sia avamposto, in partibus infidelium, di valori che l’Islam non riconosce o conosce poco,preferendo rimanere incartato,come un cioccolatino vischioso per il caldo) a una lettura fondamentalista dei cardini della propria fede (e dire che i tre popoli del libro hanno tutto da guadagnare da una raccolta a fattor comune delle proprie fedi, molto più analoghe di quanto si possa pensare.

Certo che il nostro mondo è a rischio non tanto di invasione, quanto di pervasione (come accadde all’Impero romano che fu “conquistato” non certo con battaglie, ma con una incontenibile metamorfosi dall’interno,allorché i suoi generali furono reclutati tra i “barbari”). Gli arabi sono tanti, giovani, ricchi/poveri di petrolio. Hanno una notevolissima tradizione culturale (Dante rispettava i loro filosofi), ma è mancata loro l’esperienza dell’Illuminismo roussoiano, ovvero il valore della democrazia come tolleranza, di cui i tanto da loro odiati americani sono stati maestri costruendo una nazione da un melting pot di popoli.

Oriana, rabbiosa ed impaurita, temeva i tentacoli del polpo e ci insegnava a vivere con l’accetta. Noi rifiutiamo la chiusura a fortezza, l’arrocco, quella che Hitler impose alle città di una Germania ormai battuta e invasa uccidendo o terrorizzando chiunque osasse parlare di bandiera bianca,ormai.

Noi abbiamo paura del fondamentalismo, certo; ma non diremo mai che le cluster bombs sono santità e sistema a difesa dei nostri valori. Se portati sulle bombe e sulle durezze di Guantanamo, i nostri valori si adulterano immediatamente e diventano vuote parole.

Ben altro, ben più immane è il compito dei politici cui tocca la trattativa insonne, la continua e rispettosa attenzione delle mosse dell’”avversario” sminate da un’alta concezione dei valori della pace.

Ci mancherà il tuo facile e bello scrivere; non la tua rabbia, Oriana. Abbiti pace.

                                                                                                                    Sergio Giuliani