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Romanzo in dieci racconti di Gloria Bardi

Matilde Agosti: un 'avventura ovvero "la dilatazione del possìbile"

Matilde Agosti era uno di quelli individui che si ritrovano sprovvisti di un saldo criterio di distinzione tra il possibile e l'impossibile, nel senso che la prima tra le due categorie si trovava in lei notevolmente dilatata rispetto a quella, se non di altri, certo del torinese medio. Accadeva sovente che le suonasse se non normale quasi tale, ciò che per altri era inusitato. Pronunciare un giudizio di incredibilità non era, in­somma, immediato per Matilde Agosti o, per usare l'espressione di Ernesta Franzone in Agosti, "se le dicono che un asino vola, ci crede". E questo commento da parte della madre valse anche in occasione di un'avventura occorsa a Matilde che esemplifica in pieno il tratto del suo carattere di cui ci stiamo occupando.

Era un giorno di pioggia e Matilde Agosti, allora al terzo anno di università, doveva attendere un'ora tra una lezione e la successiva, siccome era turbata da alcune preoccupazioni, preferì lasciare l'Ateneo alla ricerca di un po' di solitudine, di quel tipo mistico e profondo che solo i templi sanno offrire anche a un'agnostica quale lei era, tra gente che prega o perpetua antiche sacralità che posseggono comunque un qualche respiro dell'universalmente umano.

Matilde fu quasi divertita nel sorprendersi seduta dentro alla Chiesa della Gran Madre tra le pie donne, intente a recitare il rosario con espressione variante tra contrito, devoto e ispirato,  e pensò alla vecchia zia Marianina e alla coroncina simil diamante che le abitava in tasca, a zavorra della sua sana e prorompente vitalità.

Passò poi a considerare in generale il problema della fede e la questione della confessionalità, ad operare distinguo e confronti che vedevano via via, da un lato la zia Marianina e dall'altro la Conferenza episcopale, da un lato i postulati della kantiana Ragion pratica e dall'altro l'Inquisizione spagnola, e Dostoevskji e la mentalità gesuita e via discorrendo.

Mentre era intenta a questi pensieri, notò un magro giovanotto che aveva preso posto al capo estremo della sua fila, precisamente a otto sedie da lei. Lo notò per l'aria ispirata e perché era l'unico individuo di sesso maschile e l'unico, oltre a lei, di età inferiore ai quaranta. Pur procedendo nei suoi pensieri, Matilde Agosti si accorse che la distanza tra lei e il giovanotto era misteriosamente diminuita di due sedie. Non ne pensò niente di particolare ma decise di tener d'occhio l'avvicinato vicino. Ne notò così il viso lungo e scarno, i grandi occhi febbricitanti e un'aria imbarazzata e agitatissima, di un’agitazione tutta interiore e comunque visibile, come Matilde immaginava dovessero avere i grandi attentatori quando, mescolati alla folla, sono sul punto di estrarre l'arma e colpire, concedendosi un ultimo istante di titubanza.

Matilde si agitò, comprese che qualcosa stava per accadere, qualcosa di grave, forse un attentato al sagrestano, unico rappresentante visibile in quel momento del potere temporale dei papi, e pur rendendosi conto che la cosa migliore sarebbe stata urlare, fermare il tizio, fare qualcosa, restò, come paralizzata, in fatalistica attesa degli eventi.

Il giovane si avvicinò ancora di due sedie, così da ridurre a quattro quelle che li separavano, che percorse una dopo l'altra mentre Matilde si sentiva precipitare addosso carichi inso­stenibili di omissione morale e di responsabilità storica, che minacciavano di sfogare nell'urlo, per Matilde simbolicamente suicida: "voglio la mamma!".

Ed ecco quello che accadde: il tizio, giunto all'ultima sedia, si gettò ai piedi della futura signora Campochiesa, e con febbricitante concitazione produsse la seguente domanda: "signorina, posso baciarle i piedi?". Allo sbigottimento di Matilde, si spiegò: "Mi sono appena confessato e il prete me lo ha dato per penitenza. Sia buona, mi lasci espiare".

Matilde Agosti, in una frazione di secondo intensificò il ritmo delle sue pensate, giungendo a concludere che pur nell'assurdità del concetto di perdono che stava a monte, non era suo diritto mancare di rispetto alle esigenze spirituali altrui e negare a quel poverocristo ciò in cui pareva disperatamente credere. Perché, e qui sta il fatto che ci interessa allo scopo di capire il nostro personaggio, Matilde Agosti non dubitò un solo istante di quanto il tizio le aveva detto e interpretò quella richiesta non come follia ma come l'applicazione fanatica e oscurantista della concezione cattolica a proposito del rapporto peccato-pena. Matilde, cioè, non interruppe il corso dei suoi pensieri precedenti ma li riprese specificandone la direzione argomentativa.

E mentre nella sua mente risaliva secoli di Tomismo e operava confronti con Agostino, senza trascurare Lutero né la questione delle indulgenze, mentre considerava l'ideologia sottesa alla tortura medievale, mentre le giostravano nel pensiero passi di Kung e di Rhaner, di S. Paolo e di Guglielmo di Ockam, mentre rievocava con antipatia encicliche papali e ottusità di teologi ufficiali, e confrontava tanta saccertà con l'ingenua fede della zia Marianina, trovò la voce per dare al penitente giovanotto la risposta che attendeva: "e va bene, ma una volta sola". E questo nella considerazione che, pur nel rispetto per le esigenze spirituali altrui, non è comunque bene assecondare il fanatismo.

Ma il fanatismo è tale proprio perché non sa darsi dei limiti e il giovane brancò una caviglia di Matilde,  e prese a tempestare di baci la punta dello stivale che lei, la prescelta, cercava di ritirare dicendo: "Adesso basta. Non esageri. Sia razionale" e cose simili. Tutto ciò mentre le pie donne cominciavano a essere attirate dalla concitazione dell'ultima fila e a lanciarvi sguardi di fuoco, immediatamente ritirati e immediatamente espiati, pronti ad essere lanciati di nuovo.

Quando finalmente Matilde con uno strattone ridivenne padrona del proprio piede e il giovanotto, guardandola con espressione di deluso rimprovero, si allontanò, le donne riguadagnarono, poco a poco, il ritmo solito del rosario.

Matilde tossicchiò, si ricompose, raccolse i pensieri e poi si alzò, risoluta, alla volta del confessionale, con la ferma inten­zione di discutere col mandante, ovverosia il medievale che aveva ordinato quella bella penitenza, la legittimità di una tale prescrizione, argomentando e dal punto di vista religioso e da quello filosofico, senza trascurare neppure notazioni psicologiche e antropologiche.

Matilde si inginocchiò e, al "sia lodato Gesù Cristo" del prete, avvertì subito, per onestà, di essere lì non come penitente ma come antagonista dialettica, e procedette sciorinando pari pari i pensieri messi assieme nel corso di quella sosta in Chiesa.

Fu interrotta dalla voce baritonale dell'ecclesiastico che, anziché rispondere alle sue osservazioni, esclamò alla volta del sagrestano: "Tutti qui vengono a parare i matti! Non bastava il baciapiedi." Matilde arrossì, borbottò qualcosa come: "mi scusi", ma poi ritenne doverosa una maggiore sintonia con lo spirito del luogo e recitò così, per quanto poteva ricordarselo quale la zia Marianina glielo aveva insegnato da bambina, incespicando più volte, l'atto di dolore. Non ricevendo alcuna risposta, precipitò a rinforzo, alcune parole che le piovvero nella memoria: "o Gesù d'amore acceso non ti avessi mai offeso, o mio caro e buon Gesù non ti voglio offender più".

E senza più attendere nulla si allontanò di corsa e guadagnò la porta dopo aver urtato due sedie e abbracciato, per non cadere, l'acquasantiera.

Mentre scendeva la gradinata, chissà perché, la selva dei suoi pensieri si dileguò per lasciare emergere alla sua mente un'immagine familiare, rassicurante e indisponente assieme: il volto di Ernesta Franzone in Agosti, sua madre, e la celebre, già citata frase: "se ti dicono che un asino vola...".

Matilde ebbe un vero e proprio sbocco di dispetto e, nel bel mezzo di una folla frettolosa ed umidiccia, proruppe in un urlo che serbava, nel tono, tutto il pathos disperatamente trasgressivo della peggior bestemmia: " stramaledetto asino!".

Ma dato uno sguardo all' espressione di chi le stava passando accanto, pensò bene che per quella giornata aveva davvero parlato abbastanza.

La prossima settimana 

IL FIGLIO DI MATILDE AGOSTI