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RICORDO DI GERMANO DA ANGELINI

Germano

La sera  del 21 luglio si è spento l'avvocato Angelo  Luciano Germano. Aveva  81  anni.  Lascia  la moglie  Teresa, i figli Giuliano, anche lui avvocato, e Marina. Le ceneri sono state tumulate nella tomba di famiglia  nel cimitero della Pace ad Albisola Superiore.
Luciano  Angelini, giornalista, amico  personale  dello scomparso, ci ha inviato questo ricordo che volentieri pubblichiamo.

Arguto, combattivo, caustico, altruista, elegante, pragmatico, brillante, rigoroso. Con se stesso prima che con gli altri. Anticonformista, nemico dell'ipocrisia (nel testamento ha "dispensato" l'Ordine degli avvocati e il Tribunale dal rito della commemorazione). Tenace. Nel lavoro e nell'affrontare la sofferenza che se l'è portato via in pochi, terribili mesi.

 Non è facile ripercorrere il lungo cammino di Angelo Luciano Germano, aspirante giornalista prima ancora che avvocato, politico, amministratore. Un uomo che ha attraversato con impegno e determinazione, coerenza anche nell'andare contro corrente, spesso come protagonista, la storia savonese dal primo dopo guerra fino all'altro ieri.

Capitava a volte di sentirgli ricordare le scapigliate e ruggenti esperienze all'Unità. Erano gli anni Cinquanta. Destinato alla toga, una grande passione per il giornalismo, sapeva navigare tra cronaca bianca e nera, codici e pandette. Un tocco in più verso la futura professione. E forse proprio quei trascorsi gli consentivano, con un pizzico di narcisismo, di segnalare al giovane cronista un processo interessante, un caso singolare, una sentenza che poteva "fare notizia". Avvocato e giornalista, insomma.

Importante e di spessore il coté politico. La forte presenza nel Pci in anni di forti tensioni e contrasti. La sua capacità di mantenere autonomia di giudizio, di non seguire la corrente o gli "ordini di scuderia". Il forte impegno nell'esperienza di consigliere provinciale. Ma anche la sensibilità e lo spirito di servizio come presidente dell'ospedale San Paolo. Con lui decolla il progetto per il trasferimento del vecchio San Paolo, iniziano i lavori per il monoblocco, diventano operativi i padiglioni Vigiola (pneumologia) e Astengo (maternità e pediatria). E' anche la stagione dei grandi primari: Casabona, Pescetto, Seghini, Salomone, Amicarelli, Peluffo. Con il trasferimento dal pronto soccorso alla divisione di chirurgia decolla la carriera di Renzo Mantero, futuro "mago della chirurgia della mano".

Ma c'è un altro versante che va ricordato. Germano promotore, sostenitore, difensore e animatore della vita artistica albisolese. Erano i tempi, troppo spesso e a lungo dimenticati, del "cenacolo degli artisti". Delle estati in cui l'avvocato, svestita la toga, diventava protagonista delle serate albisolesi. Abbronzato, pantaloni di lino rigorosamente bianchi, camicia aperta sul petto, viveur e tombeur des femmes suo malgrado. E poi la passione per il mare, le battute di pesca, le spedizioni in motoscafo con Bajma Riva. E ancora la presenza viva e partecipata, il dialogo intenso con i grandi artisti della fucina albisolese: il grande amico Agenore Fabbri, Lam, Jorn, Mario Rossello, Lucio Fontana, Crippa, Sassu, Mazzotti, Virio, Eliseo Salino.

E infine l'avvocato, il professionista determinato, serio, meticoloso nel curare ogni causa, oltre che accanito difensore del territorio dagli attacchi della speculazione edilizia. Ricordiamo il suo ruolo nel portare alla luce lo scandalo che spedì in carcere il sindaco di Albissola Marina, la battaglia contro la cementificazione di Torre del Mare, l'appoggio non solo come legale al sindaco di Borgio Verezzi trascinato in giudizio per essersi opposto ad una lottizzazione che insidiava uno dei borghi più belli della Liguria.

 E poi il suo impegno a fianco dei lavoratori della Piaggio e dell'Acna di Cengio, a giudizio per i blocchi stradali e ferroviari in difesa del posto di lavoro. Mai domo, in ogni grado di giudizio, fino alla Cassazione. E alla conquista dell'assoluzione. Per tutti.

Come dimenticare infine la lunga battaglia a fianco di Angelo Viveri, sindaco di Albenga. Trentasette rinvii a giudizio, nessuna sentenza definitiva. Un record. "Ho difeso il sindaco più processato d'Italia", era solito dire con un sorriso tra l'ironico e il compiaciuto. Sempre in trincea, fino alla fine. L'ultima apparizione in aula il 18 aprile. L'addio.

Giornalista, appassionato d'arte, avvocato, padre di famiglia affettuoso ("Vorrei brindare con voi, ma non posso", ha lasciato scritto nelle sue ultime volontà), ma rigoroso fino all'intransigenza. Soprattutto un gentiluomo. Ora le sue ceneri riposano nel silenzio del Santuario della Pace, nella tomba da lui stesso disegnata con l'aiuto dell'architetto Dagna, una nuda panchina, l'albero della vita, una nicchia per custodire gli utensili per la pulizia. Imprevedibile Luciano. Ci mancherai.


Luciano Angelini