Osvaldo Soriano quando un  grave incidente di gioco lo costrinse a lasciare il calcio si  dedicò al giornalismo. Dapprima al giornalismo sportivo, poi a quello  politico.
Osvaldo Soriano aveva però velleità letterarie che lo portarono, nel giro di alcuni anni, ad affermarsi come scrittore.

IO E OSVALDO SORIANO

 di Massimo Bianco

Come forse i lettori abituali di Trucioli savonesi avranno intuito leggendo un precedente articolo da me firmato, mi occupo attivamente di giornalismo sportivo e in particolare di calcio giovanile. Avrete inoltre notato che saltuariamente sono apparsi o appariranno un paio di miei brevi racconti. Insomma il sottoscritto, Massimo Bianco, si occupa di giornalismo sportivo e ha velleità letterarie che lo hanno portato a scrivere e pubblicare due romanzi. Il primo è un creativo ma forse ancora acerbo e non sempre scorrevole romanzo a tesi sulla natura violenta dell’uomo dal titolo “Civiltà violenta”, oggi fuori catalogo, un complesso gioco a incastri ambientato su più piani temporali con il nucleo centrale un po’ sul tipo di Un giorno di ordinaria follia, il noto film con Dustin Hoffman. Il più maturo secondo romanzo è invece ambientato nel mondo del calcio giovanile. Il titolo di quest’ultimo lavoro è “PER GLORIA O PER PASSIONE” e si tratta dunque di una storia sul calcio, rappresentato senza trascurare alcuni suoi lati negativi evidenziati tra l’altro dallo scandalo di calciopoli. Il libro racconta quel mondo in maniera corale, osservandolo principalmente dal punto di vista degli adolescenti con le loro passioni, ma anche da punto di vista dei genitori, non di rado principali responsabili dei dannosi sogni di gloria sviluppati da alcuni ragazzi. Per gloria o per passione descrive un ambiente, il calcio giovanile, che troppo spesso dimentica i suoi scopi educativi per ricreare, ahimè, pregi e difetti del football professionistico. Come ha detto Vincenzo Eretta, il capace allenatore del Vado, è “un libro che tutti i genitori dovrebbero leggere” ma, perché no, meritevole di essere letto dai ragazzi stessi, aggiungerei io. L’autore “racconta la sua storia con asciuttezza (…) Lo stile è scarno, la sua prosa puntuale (…) Il calcio come metafora della vita.” Così ha scritto Ferdinando Molteni nella recensione pubblicata sul Secolo XIX. Il libro, Edizioni Di Vincenzo, è reperibile nelle librerie di centro città dove potrete trovarlo con certezza, in alcune decine di edicole di Savona e dintorni (non in tutte) e in varie edicole di Genova. Lo so, non sembra bello approfittare di questo spazio per farsi pubblicità e me ne scuso, purtroppo però la difficoltà di farsi conoscere nel mondo editoriale lo rende necessario. 

Quel che qui mi piace sottolineare, però, è una piccola mia similitudine con un grande della letteratura a cui, per carità, non ho assolutamente la pretesa di paragonarmi al di là di della semplice coincidenza di cui andrò a raccontare. Lo scrittore in questione è Osvaldo Soriano.

Osvaldo Soriano nacque in Argentina a Mar del Plata nel 1944 ed è purtroppo prematuramente morto nel 1997 a soli 53 anni. Soriano da ragazzo giocava a calcio.

<Mi ricordo i tempi in cui abbiamo cominciato a rotolare insieme, la palla e io. È stato su un prato a Rio Cuarto de Cordoba che ho scoperto la mia vocazione di attaccante.> Scrisse.

Era, a quanto pare, un’ottima punta. Un grave incidente di gioco lo costrinse a lasciare l’attività. Si dedicò allora al giornalismo. Dapprima al giornalismo sportivo, raccontando con particolare attenzione il mondo che conosceva meglio, cioè quello del calcio, in seguito anche al giornalismo politico. Osvaldo Soriano aveva però velleità letterarie che lo portarono nel giro di alcuni anni ad affermarsi come scrittore.

Ha elaborato una serie di narrazioni sul calcio, surreali e spesso iperbolici, scritte con uno stile scarno e puntuale (sic). Racconti immaginifici e davvero splendidi. In Italia sono stati pubblicati dall’Einaudi, editrice italiana di tutta la sua opera, in due raccolte, “Futbol - storie di calcio” che ne contiene diciannove e “Pensare con i piedi”, dove oltre a essere ripresi sei dei racconti calcistici apparsi su Futbol ne appaiono ventisette di argomento non calcistico, anche se in alcuni di essi il popolare sport fa capolino. Le sue storie sul calcio sono grottesche e fascinose. Parecchie meriterebbero una segnalazione ma, in questi giorni di calcio scandalo e di arbitri aggiustatori di partite mi piace citare suoi racconti con arbitri come protagonisti : “ Il rigore più lungo del mondo”

<…Fece uscire dal fischietto un suono stridulo, imponente e indicò il punto del rigore. (…) Rivero, detto el Cholo, cioè il Meticcio, lo stese con un pugno sul naso…” “Il figlio di Butch Cassidy”,  “Corrotti e venduti” e “Gallardo Pérez, arbitro”. <Quando io giocavo a pallone, più di trent’anni fa, in Patagonia, l’arbitro era il vero protagonista della partita. Se la squadra locale vinceva, gli regalavano una damigiana di vino di Rio Negro; se perdeva, lo incarceravano. È chiaro che la cosa più frequente era il regalo della damigiana. (…) A Dio non piace il calcio, ragazzo. Perciò questo paese va così, come la merda.> Non vi ricorda qualcosa di familiare questo breve passo?

Quattro Storie di direttori di gara giusti o ingiusti, alle volte folli ma sempre azzeccati nella loro caratterizzazione così come riuscitissima è l’ambientazione naif degli episodi.

Almeno in un'altra sua opera, però, si parla di sport, in questo caso di pugilato. Accade nel bellissimo romanzo “Quartieri d’inverno.” La storia si svolge durante una dittatura militare, una delle tante subite nel corso del ventesimo secolo dalle popolazioni sudamericane. Gli eventi iniziano con l’arrivo dei protagonisti in una cittadina immersa in un atmosfera resa plumbea dalla presenza dei soldati, ottusi e violenti. I protagonisti sono il narratore della storia Andrè Galvan, cantante di tanghi di fama ma in disgrazia a causa di alcune sue prese di posizione, azzardate in un paese che non conosce i termini libertà e democrazia e Tony Rocha, un gigantesco pugile, un “Carnera” un tempo grande picchiatore, ancora solido ma ormai suonato ed entrato nel viale del tramontato. Il cantante e il boxer sono stati invitati per vivacizzare la festa della cittadina. L’uno dovrebbe cantare davanti a un pubblico scelto, l’altro affrontare il campione locale, dal quale tutti, e sopratutto le forze militari, si attendono ed esigono una sonante vittoria che gli apra le porte verso un incontro valido per il titolo. Qui Soriano è al suo meglio, cupo e amarognolo eppure dotato di humour nel descrivere con apparente leggerezza un ambiente che poco per volta si rivela in tutta la sua oppressività e invivibilità. È un romanzo affascinante e scorrevole, non il suo più noto ma a personalissimo parere di chi scrive forse il più riuscito.

Insieme con i racconti sul calcio, l’opera per cui è forse maggiormente conosciuto e altro suo capolavoro è “Triste, solitario y final.” Romanzo abbastanza breve ma genialoide. Soriano, che appare anche come personaggio del racconto, immagina che Stan Laurel, il mitico “Stanlio” protagonista in coppia con “Ollio” delle immortali comiche dell’epoca del cinema muto e dei primi decenni del sonoro, ricorre all’investigatore (letterario) Marlowe per scoprire i motivi per cui non ha più successo e non trova ingaggi. Poco dopo l’assegnazione dell’incarico Stan Laurel muore, ma Marlowe, insieme a un grasso giornalista appassionato della coppia (Soriano, per l’appunto), continuerà a indagare per conto proprio, impelagandosi in improbabili ed esilaranti avventure fino ad arrivare a scombussolare catastroficamente la manifestazione per la consegna dei premi oscar e dando vita a tutta una serie di situazioni tragicomiche. Il tutto con la solita ineguagliabile capacità dello scrittore a fare sorridere e perfino ridere il lettore benché tutto il romanzo sia impregnato di una profonda e amara malinconia. Soriano è unico nella sua capacità di stendere atmosfere apparentemente inconciliabili. Non tutte le sue opere naturalmente sono altrettanto riuscite. Ad esempio il tardo “Un ombra ben presto sarai” sembra al sottoscritto confusa e poco lucida, faticosa da leggere anche perché a tratti poco comprensibile. Rari tuttavia sono i passi falsi dell’autore. Tra i restanti suoi lavori si segnalano “Mai più pene né oblio”, breve e farsesca disavventura collocata in piena guerra civile e “La resa del Leone”, ambientato stavolta in trasferta, cioè in un paese dell’Africa nel quale un console argentino viene implicato in uno strambo e irresistibile intrigo internazionale.

Osvaldo Soriano è un grande della letteratura, autore di lavori scarni e affascinanti, di piacevole lettura eppure non di puro e semplice entertainment, perché riescono a lasciar traccia nell’animo del lettore.

Massimo Bianco