I buchi neri della tutela IL SECOLOXIX
L' incidente di lavoro lungo l'autostrada Catania-Siracusa, costato la vita a Antonio Veneziano, operaio di 25 anni di Messina, ha suggerito molte riflessioni agli osservatori meno distratti. Le parole del presidente Giorgio Napolitano, da una parte, e i dati degli incidenti sul lavoro, dall'altra, hanno ricevuto la dovuta attenzione.
Le parole del Presidente, anzitutto. È stato detto che il forte richiamo con cui Napolitano ha voluto sottolineare nel suo messaggio la «necessità di una più costante e forte vigilanza per il rispetto delle norme e delle condizioni di lavoro»è stato anche un modo per fuoriuscire da una dimensione solo istituzionale e "di palazzo" da parte di una presidenza che, iniziata con un voto di maggioranza, ha tentato fin dall'inizio di superare quel dato numerico, temendo di rimanere schiacciata sotto un profilo "partigiano". È probabile. Del resto, non casualmente, Napolitano ha tentato in queste settimane di rivolgersi con parole equilibrate ad entrambi gli schieramenti.
Tuttavia sorprende che il dibattito politico, tutto concentrato sui numeri che usciranno dalle urne referendarie, non abbia trovato se non episodicamente il tempo per riflettere sul "tuffo di realtà" che ci propongono la tragica morte di Antonio Veneziano e il ferimento di 14 suoi compagni di lavoro. Nel messaggio di Napoletano in fondo c'è anche questa distonia rispetto a un mondo politico assorbito dallo scontro referendario. In questo senso, si potrebbe osservare, la necessità espressa da Napolitano di rivolgersi al Paese, al di là del sistema dei partiti, secondo uno stile che è stato a lungo di Carlo Azeglio Ciampi.
Ma, una volta considerata la sfera dei messaggi formali o di stile, sulla scena della politica restano alcuni dati su cui forse sarebbe bene riflettere senza concedere molto al codice dei segnali del "politichese". Il problema è quello rappresentato dagli incidenti sul lavoro in Italia.
Che cosa richiama con urgenza la sciagura di due giorni fa? Si potrebbe dire genericamente una maggiore attenzione alle condizioni della sicurezza sul posto di lavoro. Certamente. Ma questo aspetto non è un dato tecnico. Chiede un preciso governo "delle cose". Secondo i dati complessivi riferiti al 2005 diffusi dall'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (Inail), l'Italia è interessata a partire dal 2001 da un costante abbassamento del tasso di incidenti sul lavoro sia nell'Industria e Servizi sia nell'Agricoltura. Una tendenza opposta, invece, si registra tra i dipendenti statali.
Ma questo dato, che sembrerebbe indicare un miglioramento della qualità dell'assistenza e della previdenza, e al più sottolineare un'anomalia nell'ambito delle strutture pubbliche, riproduce solo parzialmente l'andamento della realtà. Altri dati esprimono, invece, una condizione di vuoti di tutela che caratterizza quella realtà delle "grandi opere" al centro del dibattito politico ed economico di questi giorni, e a cui sono affidate molte delle chances di ripresa complessiva del Paese. Il dato generale più indicativo, reso noto un mese fa, è quello degli atipici: tra il 2003 e il 2005 si ha un abbassamento di un'unità di casi mortali (da 14 a 13), ma un aumento di 558 unità (da 7110 a 7768) di casi di infortunio.
L'Associazione nazionale mutilati e invalidi del lavoro (Anmil) ha diffuso il 22 maggio uno studio prodotto da Cgil-Nuove identità di lavoro (Nidil) su dati messi a disposizione dall'Inail dove evidenzia come gli infortuni sul lavoro subiti dai parasubordinati, cioè da coloro che hanno sottoscritto contratti atipici, sono aumentati del 25,98%, dal 2002 al 2004, passando da 5.904 a 7.438, mentre il dato parziale del 2005 mostra una crescita del 3,25% con 7.678 collaboratori infortunati. Il numero maggiore di infortuni si è verificato nel Norditalia, con 5.026 infortuni nel 2005, in lieve diminuzione rispetto ai 5.081 del 2003; al Centro gli infortunati da lavoro atipico crescono dai 1.516 del 2003 ai 1850 del 2005; nel Sud ed Isole si sono verificati 513 infortuni nel 2003 rispetto agli 802 del 2005. Il lavoro di ricerca della Nidil-Cgil ha appurato che il settore in cui risulta una maggiore concentrazione di sinistri, nel 2004, è quello dei servizi, con 3.471 incidenti, seguito dall'industria con 1.322.
Ma questo dato generale è oltremodo richiamato e sottolineato dai dati relativi agli infortuni nel settore edile, un settore in cui l'Italia sembra godere di un triste primato in Europa. Secondo un dossier sugli infortuni sul lavoro nelle costruzioni, presentato il 21 marzo scorso a Torino, nell'ambito delle manifestazioni dedicate dalla Consulta dei consigli regionali per l'XI Giornata nazionale per le vittime delle mafie, risulta che nel settore edile si registrano in Europa circa 850 mila incidenti all'anno. In particolare i morti nei cantieri sarebbero 300 in Italia a fronte di un dato accertato complessivo di 1300 in Europa.
Un dato che di per séè eloquente, senza considerare il fatto che secondo il Ministero della Salute (sempre in data 20 marzo, dunque ancora con Silvio Berlusconi primo ministro) il 40% degli infortuni sfugge a qualsiasi statistica perché nessuno li denuncia, a causa della irregolarità dei contratti e dell'utilizzo del lavoro nero. Un aspetto che deve ritornare al centro dell'attenzione.
Non c'era alcun bisogno del brusco risveglio di sabato per sapere che il quadro della sicurezza in Italia è alquanto incerto e fortemente preoccupante. Comunque pieno di "buchi neri".

(David Bidussa)
26/06/2006