Non credo che una nuova vita debba distruggerne un’altra.
E’ giusto?

Margherita Pira

Abbiamo sentito tutti, perché i telegiornali le hanno dato ampio spazio, la notizia della donna che, accortasi in gravidanza di avere un cancro, ha preferito rinunciare alle terapie del caso perché le medicine avrebbero potuto nuocere alla bimba e, di conseguenza, ha rinunciato a curarsi ed ha portato a termine la sua gravidanza conclusasi con la nascita di una nuova creatura.

La mia reazione immediata è stata: “Bene, così la bimba vivrà orfana di una madre santa!”

In realtà spero veramente che le cure mediche riescano a salvare ugualmente la donna e che la piccola famiglia possa condurre un’esistenza felice con due genitori legati da profondo affetto tra di loro e capaci di dare un amore profondissimo alla loro figliola.

Lo spero, ma non ci credo molto.

Sappiamo tutti come il cancro sia una malattia terribile contro cui si combatte soprattutto con interventi il più possibile rapidi e immediati.

Comunque, a parte questa speranza e l’augurio che rivolgo di cuore alla neo mamma, la mia posizione non cambia rispetto alla prima reazione istintiva.

Per me, e sottolineo per me, questa non è la scelta giusta.

Non credo che una nuova vita debba distruggerne un’altra.

Anzi, la scelta della signora mi sembra eroica, ma non condivisibile.

L’eroismo, per me, è una delle più terribili tentazioni.

Io ho paura degli eroi. Nell’animo degli eroi  a freddo ( diversa la situazione di coloro che la vita ha costretto ad essere eroi ) c’è sempre la vocazione al martirio.

In “Assassinio nella cattedrale” di Eliot, la peggior tentazione cui deve resistere Becket è proprio la vocazione al martirio.

Ma è un discorso diverso. Torniamo al fatto da cui siamo partiti, cioè la difficile scelta di questa neo mamma.

Io non credo al “partorirai con dolore”, o, meglio ci credo perché in effetti è così, ma non credo alla mistica del dolore.

Penso che la vita sia spesso crudele con gli esseri umani e quindi che sia giusto, quando è possibile evitare una sofferenza o come in questo caso un potenziale dramma, il farlo.

Probabilmente sono un po’ di parte perché accetto tranquillamente il lavorare e il guadagnarsi il sostentamento con la fatica, ma trovo giusto evitare alla donna le fatiche e i pericoli di un parto che, nonostante i progressi in questo campo, può ancora essere fonte di angoscia e peggio.

Sono, come è facile intuire, una sostenitrice del parto indolore e non solo…

Qui è meglio che mi fermi perché rischio di andare fuori da ogni linea di buon senso, ma i vecchi rigurgiti di femminismo mi spingono ad ipotizzare chimere che io stessa riconosco assurde oltre che impossibili.

Penso tuttavia che la mistica sulla maternità vissuta come esperienza sacrale proprio perché santificata e purificata dal dolore sia assurda.

“E’ una mentalità superata” si può dire.

 Non è vero. E’ assai più diffusa di quanto si pensi. Basta a dimostrarlo la lentezza dell’affermarsi della pratica del parto indolore, dovuta, certo, a una questione di costi, ma anche al persistere di una mentalità che molte donne accettano perché così è stata tramandata.

Si tratta,  come al solito, di una questione di cultura; di una nuova cultura che stenta ad affermarsi.

A posizioni chiuse corrispondono, per reazione, affermazioni assurde ed esasperate che non è neppure il caso di citare.

E’ un po’ il caso del cosiddetto “orgoglio gay” .

 Le sfilate in piazza sono patetiche e anche, a volte irritanti, ma sono frutto di una compressione sociale che trova espressioni esagerate, ma comprensibili.

Comunque termino con il mio caloroso augurio alla nuova bimba e alla sua mamma.

“Che la vita vi offra quella gioia cui avete diritto anche solo per il fatto di essere creature umane!”

Margherita Pira