Una limitazione o una penalizzazione al traffico cittadino andrebbe pensata: magari ampi parcheggi fuori porta, possibilmente gratuiti
( ancor meglio se sotterranei! Ma qui so di sognare)
 
Ancora su auto, traffico e commercio

                                      di Nonna Abelarda      versione stampabile

Come dicevo la volta scorsa, parlare  di soluzioni al problema automobile è un po’ arduo, inserendosi il discorso in un contesto talmente ampio, da dover essere esaminato sotto prospettive non certo limitate alle singole realtà cittadine, forse neppure nazionali. (Anche se noi italiani mica per niente siamo maglia nera in proposito). Al massimo si può parlare di “ricerca” di soluzioni. Si può parlare di piccoli passi in tante direzioni diverse, sperando che maggiori consapevolezze e cambi di mentalità ci illuminino, se non di virtù, almeno di necessità.

Partiamo, tanto per cambiare, dai soliti SUV, quei fuoristrada enormi e inquinanti che si dice spesso essere, con frase fatta,  “nel mirino degli ambientalisti”, quasi che costoro fossero una categoria di cecchini appostati qua e là e dediti, nel tempo libero,  a sparare ai gipponi.

Sono auto per sadomasochisti, costose come prezzo e come consumi, ingombranti, inquinanti al massimo, quasi mai necessarie o almeno acquistate per l’uso a cui sarebbero preposte, ma semplicemente “modaiole”, come tante altre assurdità. Se  persino negli USA, famosi per i macchinoni e dove pure esisterebbero spazi più adatti per le loro scorrerie, i SUV sono auto sempre più criticate, se persino il governatore della California Schwarzenegger (e non mi direte che è un ambientalista no global!) le ha “nel mirino”, figuriamoci qui da noi, dove strade e spazi sono ben più angusti.

Proprio adesso sento parlare di superbolli (un po’ mi preoccupa questa telepatia con il governo…) e non ci trovo niente da ridire: se uno ha i mezzi per permettersi, anche contro ogni buon senso, tali mastodonti, può anche pagarvi su tasse adeguate. Ma io sarei anche per la proibizione d’ingresso in città: tanto inquinamento, ingombro e traffico in meno. E per favore, non mi si dica che hanno diritto di circolare, eccetera eccetera. Uno avrebbe anche il diritto di andare a spasso o al cinema con tuta e scarponi da sci, ma di solito non lo fa: non vedo invece che bisogno ci sia di farsi largo nel centro storico con rostri antibufalo.

(Se per questo, non vedo perché si continuino a produrre e a vendere auto e moto capaci di velocità da circuito di formula uno, anziché pensare a risparmio di carburante, o addirittura a mezzi alternativi, per le normali velocità da crociera urbane ed extraurbane. Ma questa è un’altra storia, e un po’ troppo complicata da trattare qui.)

In ogni caso, una limitazione o una penalizzazione al traffico cittadino andrebbe pensata: magari ampi parcheggi fuori porta, possibilmente gratuiti (ancor meglio se sotterranei! Ma qui so di sognare)  e per il centro possibilità di car sharing, di mezzi alternativi, di servizi pubblici veloci, competitivi ed efficienti, aumentando le tanto vituperate corsie preferenziali. E poi mini-autobus su prenotazione, magari per le frazioni scomode e non servite o per gli orari di tarda sera e notturni, come già si fa in qualche caso, per esempio a Milano e, a livello di esperimento limitato, a Genova. Insomma, mezzi pubblici intermedi fra autobus e taxi, dai costi un po’ meno proibitivi di questi ultimi, specie rivolti agli anziani. Altri espedienti fatti per scoraggiare gli eccessi e incoraggiare comportamenti migliori possono essere utili: da qualche parte ho sentito parlare, per esempio, di pedaggio all’ingresso in città, per le auto con una sola persona a bordo.

Per creare posti auto comodi e nascosti per i residenti, nel centro storico, si era parlato tempo fa di ricuperare i vecchi cortili, spesso sotto utilizzati: basterebbe qualche incentivo in proposito, magari sotto forma di defiscalizzazione.

E poi ci vorrebbero piste ciclabili degne di tale nome, che collegano e portano da qualche parte, non che nascono e finiscono nel nulla come l’arcobaleno. (Almeno ci fosse una pentola d’oro, a incentivare il ciclista che le percorre a suo rischio e pericolo). E delle zone pedonali propriamente dette, curate e molto più ampie…

Mi fermo qui, perché sento già gli strilli dei commercianti del centro, tutti convinti che, se i clienti non possono parcheggiare con il muso alla vetrina, vadano altrove, magari all’Ipercoop. A loro vorrei semplicemente chiedere: se i negozi del centro commerciale hanno tutti questi vantaggi, com’è che chiudono o cambiano così spesso? Secondo me, è per il tipo di merci spesso monotone o scadenti che vendono, da rivendite “mordi e fuggi”. A mio sommesso parere, la concorrenza il commercio tradizionale la può fare solo con la tipologia di merce proposta, con il rapporto qualità/prezzo, con la professionalità, la competenza e la cortesia. Non con le auto in terza e quarta fila, a tentare la scommessa persa in partenza, di competere in comodità con i centri commerciali. Anzi, le zone pedonali, sempre a parer mio, attirano il passeggio e il commercio, se propongono spazi vivibili e belle vetrine. Altra obiezione: e la popolazione anziana come fa… Io a dire il vero non vedo tutti questi anziani nei negozi “giovanilistici” dell’Ipercoop, piuttosto li vedo seduti sulle panchine come in un parco; e anche dalle famose auto in quarta fila in centro vedo scendere sempre uomini e donne giovani o di mezza età. Mentre noto molti anziani, ad esempio, sui mezzi pubblici e sull’utilibus. Se si garantiscono buoni collegamenti e offerte interessanti,  le persone si muovono, e lo shopping, si sa, è anche uno svago, più rilassante senza ansie da traffico o parcheggio.

Il che non è un inno alla libera concorrenza senza freni, concetto che mi è estraneo: sono e resto convinta che tutti questi centri commerciali già esistenti o in progetto siano un danno, una degenerazione del commercio, uno scadere della qualità dell’offerta a vantaggio della quantità.

Certo che però… qualche dubbio ogni tanto sorge…Mi sono sempre chiesta perché le ferramenta e i negozi per l’edilizia abbiano come giorno di chiusura il sabato, proprio quando la maggior parte di persone si dedica ai lavoretti e riparazioni in casa, come se dopotutto non gli importasse di vendere. Se l’avvento di qualche grosso bricocenter può dare uno scossone a tutto questo, che dire: in fondo, non è poi del tutto un male!

Nonna Abelarda