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UOMINI E BESTIE 

8: Prospezioni dell’immaginario

Anguina numina

 Parte seconda

La tradizione persiana conosce tra gli altri Azhi Dahaka (il nome palesemente si richiama al sscr. Ahi cit. nella scheda prec., av. azi: “serpente”, farsi moderno azidaha: “drago”), l’attendente del Gran nemico Ahriman, un demone tricipite della tempesta che sottrae il bestiame e reca danno agli esseri umani; catturato dal dio guerriero Thraetaona (“colui dal triplo tuono”? cfr. Thor e sscr. trit), secondo la versione zoroastriana dal dio del fuoco Atar, e incatenato sulla vetta del Demavand alla fine dei tempi durante il Frasho-kereti, liberatosi, perirà nel fiume ardente di Ayohshust ad opera dell’eroe Keresapa dopo aver disfatto un terzo del mondo, quando le forze maligne saranno annientate per dar spazio ad una nuova età saturnia. Il grande mito iranico mostra un’evidente parentela ie. colla saga norrena (infra) e ittita (nella scheda prec.). Ora, nell’inno XIII della Khorda Avesta: Frawardin Yasht o degli Angeli custodi, tradotto da James Darmesteter (Sacred Books of the East, ed. americana, 1898) si legge: 

We worship the Fravashi [il “potere creativo”] of the holy Thraetaona, of the Athwya house; to stand against itch, hot fever, humours, cold fever, and incontinency, to stand against the evil done by the Serpent” (131). 

Evidentemente la malattia era equiparata all’avvelenamento secondo un’analogia fantastica sottesa anche alla teoria della medicina umorale, onde si cura chi è infermo col salasso allo stesso modo che chi è stato morso da un serpente coll’estrazione del sangue infetto.  

Secondo Hartmann, 

für die Griechen war die Schlange in erster Linie das Tier der geheimnisvollen Erdentiefe [...] In der Tiefe walten die Dämonen, die die Kräfte des Erdbodens ausüben, einerseits böse Gase, Nebel, Stürme, Vulkane, anderseits gute Gaben, wie Quellen, Heilkräuter, Fruchtbarkeit, Schätze, Träume usw.” (PW s. v. “Schlange”). 

Essi sono dunque figurazioni animalizzate dello spirito della Terra. Le favole di Pitone, di Echidna, dell’Idra, di Tifone, di Cecrope, di Trofonio, di Asclepio mostrano che in tempi dimenticati in molti luoghi della Grecia si veneravano demoni e vecchi dei ctonii erpetomorfi, poi sconfitti dai nuovi dei olimpici, antropomorfizzati e ridotti al compito di comprimari delle forze che prima incarnavano. Un luogo a parte tocca alla credenza che in aspetto di serpenti si manifestassero le anime dei morti e degli eroi (l’aghatòs daímōn, che in origine era il pater familias defunto), assai comprensibile se si ricorda che i cadaveri, arsi o no, vanno sotterra (Rodhe, Psyche I). Ecco nel paludato racconto virgiliano (Aen. V 83-93) Anchise in tal modo apparire al figlio:  

ille e concilio multis cum milibus ibat

ad tumulum magna medius comitante caterua.

hic duo rite mero libans carchesia Baccho

fundit humi, duo lacte nouo, duo sanguine sacro,

purpureosque iacit flores ac talia fatur:

“salue, sancte parens, iterum; saluete, recepti

nequiquam cineres animaeque umbraeque paternae.

non licuit finis Italos fataliaque arua

nec tecum Ausonium, quicumque est, quaerere Thybrim.”

dixerat haec, adytis cum lubricus anguis ab imis

septem ingens gyros, septena uolumina traxit

amplexus placide tumulum lapsusque per aras,

caeruleae cui terga notae maculosus et auro

squamam incendebat fulgor, ceu nubibus arcus

mille iacit uarios aduerso sole colores.

obstipuit uisu Aeneas. ille agmine longo

tandem inter pateras et leuia pocula serpens

libauitque dapes rursusque innoxius imo

successit tumulo et depasta altaria liquit.

 

                                      Enea disceso

dal parlamento, in mezzo a quante intorno

avea schiere di genti, umile e mesto

al sepolcro d’Anchise appresentossi:

e con rito solenne in terra sparte

due gran coppe di vino e due di latte

e due di sangue, di purpurei fiori

vi nevigò di sopra un nembo, e disse:

‘A voi sant’ossa, a voi ceneri amate

e famose e felici, anima ed ombra

del padre mio, torno di nuovo indarno

per onorarvi; poi che Italia e ‘l Tebro

(se pur Tebro è per noi) ne si contende.

Or, quel ch’io posso con devoto affetto

v’adoro e ‘nchino come cosa santa’.

Mentre cosí dicea, di sotto al cavo

de l’alto avello un gran lubrico serpe

uscio placidamente; e sette volte

con sette giri al tumulo s’avvolse.

Indi, strisciando infra gli altari e i vasi,

le vivande lambendo, in dolce guisa,

con le cerulee sue squamose terga

sen gio divincolando, e quasi un’Iri

a sole avverso scintillò d’intorno

mille vari color di luce e d’oro.

Stupissi Enea di cotal vista; e l’angue

di lungo tratto infra le mense e l’are,

ond’era uscito alfin si ricondusse” (trad. di Annibal Caro).

 

Ci sono poi:

·         le epifanie dei draghi al tempo della nascita o della puerizia dei grandi uomini: Ercole, Alessandro, Scipione l’Africano, Augusto;

·         la superstizione romana che nullus locus sine genio, qui per anguem pleruque ostenditur (Serv. in Verg. Aen. V 85);

·         il ruolo, centrale ma oscuro per noi, dei serpenti nei culti misterici, in particolare in quello eleusinio, e nel mitraismo (nelle rappresentazioni della bufonia un aspide beve il sangue del toro);

·         i geni dei fiumi erpetomorfi, ad es. l’Acheloo e il Tevere, e le attribuzioni divine, a Demetra, Cibele, Atena, Dioniso Zagreo (figlio di Persefone e di Zeus rettile);

·         il serpente del giardino dell’Eden, che passa dalla cultura ebraica alla cultura greca tramite i Settanta, e da essi alla tradizione cristiana, onde l’interpretatio malvagia diviene dominante, cancellando liturgie e devozioni molto piú antiche.  

Quanto agli esempi concreti, limitandoci ad una disordinata elencazione, perché son cose note: la pótnia thērō’n minoica che stringe fra le mani due colubri, Zeus Meilichio (lett. “melato”, una divinità ctonia in aspetto di serpe barbuto venerata ad es. a Selinunte e a Pompei), Dioniso bassareo (Clem. Al. protr. II 22, 4), Ofione (Ap. Rhod. I 503 sqq. = Orph. fr. 16 VS Diels-Kranz), Ercole ovvero il Tempo che ignora vecchiezza (nella Teologia di Orfeo tràdita da Ellanico un dragone alato figlio dell’Acqua e della Terra primeve, con testa di toro e di leone e viso divino: Hell. fr. 4F87 FGrH Jacobi = Damasc. de princ. 123 bis, I 317 Ruelle), Tifone (la descrizione di Hes. theog. 830 sqq. conserva alcuni tratti dell’originario drago procelloso), Pitone il serpente profetico del santuario di Delfi prima di Apollo (Psap. I 22), i Giganti anguipedi nati dalla Terra (gēgenē’s), l’Idra di Lerna (Psap. II 77), la costellazione del Draco (Ladone custode dei pomi delle Esperidi, ucciso da Ercole nel corso dell’undicesima fatica: Psher. cat. 1, 3, o il drago suscitato dai Giganti contro Atena, che lo scagliò in cielo: Hyg. astr. 2, 3; l’idea della costellazione viene con ogni probabilità da Babilonia, ove figurava la creatura di Tiamat), Melampo (comprende il linguaggio degli uccelli quando due serpenti gli leccano le orecchie: Psap. I 96), il culto di Asclepio-Esculapio (basti ricordare la thólos di Policleto il Giovine, ca. 350a, nel santuario epidauriense, riprodotta nell’ill. qui sotto, splendida quanto enigmatica fabbrica a pianta circolare con portico esterno di ventisei colonne doriche ed uno interno corinzio, raffinatamente decorata di stucchi, marmi policromi e cesellature, e progettata in modo che le sostruzioni ipogee formassero intorno al pozzo sacro un labirinto in cui si crede fossero allevati i serpenti del dio; e la costellazione dell’Ofiuco: Igino, astr. II 14; il mito del trasferimento di Esculapio in Roma sotto forma di serpente in occasione di una pestilenza si legge tra gli altri in Porph. in hor. ser. I 3, 25)... 

 

Lo gnosticismo ricorse spesso all’emblema dell’ourobóros, il serpe che si morde la coda, simbolo del tempo e dell’eterno (ripreso da Evola nell’Arco e la clava, da Jung quale archetipo dell’inconscio, e piú volte da Bachelard nella sua monumentale serie); in particolare, una confessione era detta degli Ofiti perché adorava il drago edenico, come raccontano Ireneo (adv. haer. I 28 sqq.) ed Epifanio (panar. II 54 sqq.), che descrive scandalizzato una loro eucaristia serpentesca. Sarà opportuno a questo punto ricordare che Eliano (nat. an. VI 17) parla di una fanciulla giudea o idumea posseduta durante il regno di Erode il Grande da un drago, nella quale Frazer (Golden Bough V) riconosceva la Vergine Maria. E a proposito di questi connubi “interspecifici”, che agli Antichi, come già osservai, non sembravano così assurdi, Salomon Reinach (Orpheus, 1930) riferisce la tradizione rabbinica che le donne ereditassero le mestruazioni dalla loro progenitrice quando costei ebbe rapporti col Serpente dell’Eden.

 

I Vichinghi immaginavano il mondo di Miðgarðr circondato dal gran serpente Jörmungandr (“il Mostro poderoso”), figlio di Loki, immerso nelle profondità dell’Oceano ove si morde la coda in attesa del Ragnarök (in ted. Götterdämmerung, il “crepuscolo degli dei”), quando i suoi movimenti causeranno un maremoto che sommergerà la terra; sarà infine ucciso da Thor, che gli fracasserà il cranio col suo divino martello, il Mjöllnir, ma a sua volta morrà soffocato nel lago di veleno uscito dalla carcassa (Gylfaginning 34, 51; Hymiskvida, 5, 19, 23 sqq.; Völuspa 55). Bellinger nel Knaurs Lexikon der Mythologie scrive che dopo la cristianizzazione fu identificato col biblico Leviatano.

 

Nel mondo celtico il serpente criocefalo compare spesso a fianco di Cernunnos (il dio cervo) e, senza corna, diventa, a sentire Barbara Walker (The Woman’ Dictionary of Symbol and Sacred Objects), emblema della Sposa celtica, sincretizzata poi nel culto cristiano di Santa Brigida. Ha comunque significati ambivalenti: o indica il disordine e la carestia, ad es. nel Morte D'Arthur di Malory il sovrano sogna di draghi e di serpenti nel giorno in cui vien concepito Mordred, che porterà sventura al suo regno; oppure è insegna del potere, come il dragone rosso di Cadwallader che è ancor oggi emblema del Galles. Ci sono poi le molte leggende epicoriche di mostri che infestano specchi d’acqua e pozzi, custodi di tesori ed avidi di giovani donne, meglio ancora se di sangue reale, passati al folclore inglese: il Laidley Worm di Bamburgh nel Northumberland, la Wybrant Viper del Gwynedd, Penmynydd nell’Anglesey, i due draghi nemici di Oxford nel Mabinogion, Uffington nell’Oxfordshire, la foresta di Shervage nel Somerset e di San Leonardo nel Sussex, il celebre Lambton Worm a Penshaw nella contea di Durham, Killerton nel Devon, il drago rosso dei Britanni e bianco dei Sassoni a Dinas Emrys (Dinas Ffareon, Snowdonia), ecc. ecc. (Jacqueline Simpson, British Dragons).

 

Del serpente nella tradizione ebraica s’è già detto nella scheda 7 di Uomini e bestie: “Il lavoro”; trascrivo qui di séguito quanto scrissi allora: 

Tu dissipasti in fortitudine tua mare, contrivisti capita draconum in aquis. Tu confregisti capita Leviathan, dedisti eum in escam populo Aethiopum. Tu disrupisti fontem et torrentem, tu exsiccasti flumina fortia (ps. 73 [74], 13-5).  

Il Leviatano, il serpente edenico (che erat callidior cunctis animantibus terrae quae fecerat Dominus Deus: gen. 3, 1), l’idolo di rame di Mosè (num. 21 8 sqq.), il drago sconfitto da Michele (et factum est proelium in caelo. Michahel et angeli eius proeliabantur cum dracone, et draco pugnabat et angeli eius, et non valuerunt, neque locus inventus est eorum amplius in caelo, et proiectus est draco ille magnus serpens antiquus, qui vocatur Diabolus et Satanas, qui seducit universum orbem, proiectus est in terram et angeli eius cum illo missi sunt: ap. 12, 7-9) e da San Giorgio (che viene dalla Legenda aurea e non sembra testimoniato prima del XII o XIII sec.; alcuni pensano che si tratti di un’allegoria tarda delle persecuzioni dioclezianee, Hartland lo interpretava quale un proseguimento cristiano del mito di Perseo: Catholic Encyclopedia, s. v.), infine San Patrizio che libera l’Irlanda dai serpenti secondo un racconto popolare assai diffuso e festeggiato nell’isola: tutto ciò suggerisce che nella consuetudine ebraico-cristiana antichi culti siano stati razionalizzati in forma monoteistica e subordinati all’identificazione del serpente col diavolo. Poi, per lunghi secoli, nell’Occidente non ci sarà se non il paesaggio desolato dell’oltretomba in cui son puniti i peccatori (DANTE, Inf. XXV).

  Gustavo Doré, La distruzione del Leviatano (Is. 27, 1)  

Quanto al continente africano, cito solo la cultura dei Fon nel Dahomey (Danhomé), i quali adorano un grande serpente di nome Aido-Hwedo, identificato coll’arcobaleno, paredro della dea primordiale Mawu, che lo generò ex nihilo perché la assistesse nella cosmogonia. Ma il mondo risultò oltremisura pesante, onde Mawu persuase il serpente a sostenerlo colle sue spire e, per evitare che nello sforzo troppo si riscaldasse, gli stese attorno l’Oceano, ov’è tuttora, nutrito dalle sbarre di ferro che gli procurano le scimmie rosse, ma quando il ferro sarà terminato, finirà anche il mondo perché non avrà piú sostegno (W. J. Argyle, The Fon of Dahomey: a history and ethnography of the Old Kingdom, 1966).

 

Nel Nord America la testimonianza piú impressionante è il Serpent Mound nella contea Amish del Sud Ohio, forse costruito dal popolo degli Adena intorno all’VIIIin d. C. (E. GREENMAN, Serpent Mound, 1970). I culti vodun in Haiti venerano col nome di Le Bon Dieu Dambala, anche Damballah-wedo, il serpente cosmogonico che creò le acque dell’universo (http://www.religioustolerance.org). Nella Mesoamerica l’ofiolatria raggiunse il suo culmine nel culto reso a Queztalcoatl (il “serpente piumato” in lingua nahuatl), il dio dei Toltechi di Tula venerato nel grande tempio di Teotihuacán (anche se oggi alcuni negano che fosse suo), Kulkulcán per i Maya adorato nella sua piramide di Chichen Itzá, Gucumatz presso i Maya Quiché, Huitzilopochtli per gli Aztechi, Urcaguary dal corpo di serpente e la testa di cervo custode dei tesori per gli Incas (M. E. Smith, The Ancient Civilizations of Mesoamerica: A Reader, 1999).

 

La credenza popolare cinese è fra le piú antiche, certo la piú ricca, documentata e continua. Solo a titolo d’esempio, esistono quattro re dragoni, i fratelli Ao: Ao Ch’in, Ao Jun, Ao Kuang e Ao Shun, che amministrano ognuno uno dei quattro mari e vivono in una dimora incantata subacquea detta il Castello di cristallo. Poi ci sono i quattro Lung: Tien-Lung, il drago del cielo, che sorveglia le sedi degli dei, Shen-Lung, il drago spirituale, che controlla il vento e la pioggia, Ti-Lung, il drago terreno, che amministra i fiumi e i mari, e Fut’s-Lung, il drago sotterraneo, che sovrintende ai metalli preziosi e alle gemme; da essi vengono i quattro gran fiumi cinesi: lo Heilongijan (Dragone Nero) nel nord, lo Huanghe (il Fiume Giallo) nella zona centrale, il Changjiang (lo Yangtze, il Fiume Lungo) nel centrosud, e lo Zhujiang (la Perla) nel meridione (http://www.theserenedragon.net/). Susa-No-Wo, il riottoso fratello di Amaterasu, è in Giappone il dio delle tempeste, del tuono, dell’agricoltura e dei serpenti, ma anche il dio argicida, che sopprime il drago ad otto teste di Koshihas a Tori-kami, presso il fiume Hi, nella provincia di Idzumo (http://cgi.www.nukapai.net).

 

Gli aborigeni dell’Oceania credono in un Serpente dell’arcobaleno, creatore del mondo nel Tempo del sogno (Mura-mura), chiamato con molti nomi secondo le tribú: Galeru (), Ungud (♂♀), Wollunqua (), Yurlungur  (), Julunggul (), Kalseru ()... (http://www.pantheon.org). Anche da noi tra l’altro l’arcobaleno fu percepito a volte quale un serpente (che beve), come indica l’ormai ignoto termine ligure arcumbè.

 Il Serpente dell’arcobaleno, graffito rupestre sul monte Borradaile nell’Arnhemland (Australia)

 

MISERRIMUS