FOGLI MOBILI

La rubrica di Gloria Bardi  

Amore che vieni amore che vai 

In realtà l’amore non c’entra se non di sguincio ma stamattina mi sono svegliata con in testa De Andrè e la frase come titolo funziona.

Quello di cui voglio parlare è il gran chiudere e aprire di finestre a cui assistiamo in questi giorni. Assistiamo e ci diamo da fare, ovviamente. 

Tra le chiusure c’è la scuola, salvo il pesante strascico esaminatorio che un tempo aveva la sfacciataggine di autodefinirsi “maturità” e “maturità” resta tra gli addetti anche ora che si chiama ormai da diversi anni, in forma più politicamente corretta ma meno fantasiosa: “esame di stato”.

Gli insegnanti coinvolti sono  reduci dalla compilazione di papiri nei quali devono descrivere la classe, la storia della classe, i livelli della classe, i programmi svolti ecc.

L’insieme ha un nome poetico: “documento del 15 maggio” (un mio collega lo chiama “nocumento”) ma in realtà viene varato in un qualsiasi giorno di maggio e solo un residuo di romanticismo può aver indotto il ministero a chiamarlo così.

La cosa più bella è che quel documento ponderoso gli insegnanti lo scrivono a se stessi. Da non credersi ma così avviene da quando la Commissione è costituita dagli insegnanti della classe, senza alcun esterno tranne un Presidente che però svolge una mera funzione burocratica, di controllo della legalità. 

Insomma, si tratta di un documento che non leggerà nessuno, perché se qualcuno poi se lo andasse anche a leggere saremmo in presenza di una grave sindrome di sdoppiamento della personalità, o più modestamente sindrome del “se la canta e se la suona”, che il ministero incoraggia ma da cui un certo senso del pudore preserva.

Ma il documento-nocumento non è il solo enigma (chiamiamolo così) dell’esame di maturità, restano incomprensibili le fibrillazioni degli allievi che mettono in moto tutte le psicosomatizzazioni del caso: perdita del sonno,  lievi tachicardie, pallore, inappetenza, sudori freddi, tic nervosi. Noi insegnanti restiamo sbigottiti dal fatto che prendano così sul serio un esame facile, che ha perso molto del suo fascino e della capacità di sorprendere, al di là dei decimali. Sarà che ci vedono tutti assieme invece che uno alla volta e l’addizione risulta di per sé orrorifica?

Probabilmente il lavoro lo fanno tutto loro, che proiettano sulla cosa il bisogno di riti di passaggio, come tali sempre ostacolanti.

Ma del resto, noi non ci agitiamo per un documento che nessuno leggerà?

E vi assicuro che il collega investito del compito di predisporlo va incontro a sintomi simili a quelli elencati sopra degli allievi: spesso non ci dorme la notte. 

Mi viene un sospetto: non sarà che ci siamo disabituati alle difficoltà quelle vere e ci inventiamo altre difficoltà, quelle false, in un gioco facilitato, scontato, poco serio e poco divertente? 

Salto di palo in frasca (che cosa significherà poi?).

Si è chiusa o si sta chiudendo la scuola e si è aperta, o si sta aprendo l’estate.

Impossibile non accorgersene: si sono materializzate le ormai consuete orde di barbarici professionisti del divertimento, una delle tante pessime idee di un mondo senza fantasia: gli animatori

Il residuo silenzio viene sconquassato da voci amplificate e bercianti  cose come : eee unooo eee dueeee e dest e sinist e dieeetro e avanti,  seguiti da turistame sorridente e vagamente esaltato, pronto all’obbedienza in nome delle addominali, dei pettorali e dell’estate. Il tutto su musica adeguata all’invadenza generale. A intervalli interviene qualche raffinamento di perfidia, tipo angurie da mordere genuflessi o acqua da travasare a gara di qua e di là o altre amenità scopiazzate dal peggio televisivo.

Parola d’ordine una massima bongiorniana:  ALLEGRIA! 

In spiaggia si trova lo stesso in versione-baby: tipi e tipe vestiti in genere di rosso o di giallo canarino, con altoparlanti stupraorecchie, che mettono in fila i bambini. Non si sa per fare che, magari il “ballo del qua qua anche il papero lo sa” o il trenino di capodanno, ma la costante è metterli in fila, e il fatto la dice lunga. E come ci patiscono le nonne e le mamme se quel “cretino” del loro pargolo non ci vuole andare perché si vergogna!    

Dovrebbero dargli il credito scolastico a vita a quello che si vergogna e invece la famigliola lo spinge ad omologarsi al qua qua, a farsi animare, a farsi “divertire”.

Integrerei così le beatitudini: Beati i timidi perché di essi è il regno dei cieli. Se la timidezza non è patologica e crea spazi di solitudine ben venga: solo i timidi potranno un giorno davvero trasgredire.  

Ieri ho percorso la  passeggiata a mare della mia città e non ho trovato un grammo di silenzio, si andava dal qua qua all’ eee unooo eeee dueeee.

Già patisco il periodo di Natale, quando i soliti buontemponi hanno pensato di mandare musica continua tramite altoparlanti disseminati nel centro storico, che ti fanno da colonna sonora e tu non ci devi mettere nulla.

Perché è questo il fatto: nessuno ci deve mettere nulla, tutto è già fatto.

Mi viene anzi un dubbio antropologico: dove e quando ce la siamo persa l’anima se abbiamo tanto bisogno di animatori? 

Eccolo qui il collegamento con la scuola: restituiteci il negativo sotto forma di difficoltà, rigore, solitudine, silenzio, noia. Tanto il prezzo dell’anima, comunque la si intenda.

O meglio, restituiamo tutto ciò ai ragazzi invece di nutrirli a cibi omogeneizzati, predigeriti, privi di rischi e indegni di qualunque palato.

Che mondo è quello dove tutto è spinto verso il basso e massificato, orbo di quella grandezza che non è mai senza un costo, dove in molti si incazzano e mai nessuno si indigna, dove molti si divertono ma nessuno punta alla felicità, dove molti si spogliazzano ma nessuno sa trasgredire, dove tutti inneggiano al “famolo strano” ma nessuno inventa e osa sconfinare?

Dove tutti sono compatibilmente scemi e nessuno riesce ad essere folle?

Dove siete finiti Don Chisciotte e Amleto? Dove sei finito Nietzsche? 

Ma  salvo che non siamo in condizione di fare la valigia giusta o di fare gli eremiti, non ci resta che questa finestra da chiudere e quest’altra finestra da aprire, per farci invadere, anche fisicamente, dal sole, dal salmastro e dal dilagante senso di stupidità. E’ vero che un po’ ci salva essere ironici,  ma quanto è difficile a volte, e queste parole le indirizzo personalmente al collega del “nocumento”, resistere alla tentazione della misantropia!  

Gloria Bardi

   www.gloriabardi.blogspot.com