Giusto per capire quanto sia importante l’acqua e come dobbiamo difendere questa risorsa.
La pipì del sindaco di Londra

                                      di Nonna Abelarda      versione stampabile

La notizia ha girato tutte le agenzie: il sindaco di Londra, Ken Livingstone, detto Ken il rosso (eh, già: comunista…) ha annunciato che, causa siccità perdurante e magra del Tamigi, per dare il buon esempio e ridurre i consumi d’acqua non tira lo sciacquone quando fa pipì: né lui, né i suoi ospiti e familiari.

Immaginarsi i nostri media, specie la TV, tutto uno sfregarsi le mani soddisfatti, per il fatto “di costume” da commentare; pochi hanno dato la notizia inquadrata nella giusta cornice, i più, dopo un breve accenno al problema siccità, sono partiti in quarta con inevitabili dubbi sarcastici, sul fatto che almeno il sindaco usi lo sciacquone in caso di, diciamo, bisogni maggiori. E giù commentini ironici e sorrisetti di superiorità.  In TV si vedevano, sui giornali si immaginavano dal tono dell’articolo.

Eh, questi inglesi, questi barbari dall’igiene approssimativa… E pensare che danno  degli sporchi a noi, a noi, eredi della raffinata civiltà delle terme romane… E giù ammiccamenti a compiacere gli spettatori.

Qualche ingenuo difensore dell’ambiente ha tentato, in buona fede, di riportare il discorso al suo vero significato. Altro sfregamento di mani dei giornalisti sogghignanti, e titoli che annunciano: “Fulco Pratesi fa il bagno una volta alla settimana, e con poca acqua.”

Eh, che zozzoni, questi ambientalisti…

A parte l’evidente idiozia a cui sono ridotti i nostri notiziari, e che non riguarda solo l’ambiente, quanto avrei voluto far sparire quei sorrisetti dalle facce. Magari mostrando loro immagini di certe inaridite, desolate piane africane, con i cadaveri del bestiame morto e gli abitanti ancora vivi, ma non meno disperati e scheletriti. Giusto per capire quanto sia importante l’acqua e come dobbiamo difendere questa risorsa.

Ma forse non servirebbe. Che noia, questi apocalittici, questi catastrofisti, direbbero; perché le reazioni più frequenti, di fronte ai problemi ambientali, sono, o una accettazione e uno sgomento totali, che rischiano di trasformare chi li prova e li comunica in lugubri e vagamente menagrami Savonarola dell’ambiente, o un altrettanto totale rifiuto per autodifesa: uff, le catastrofi ci sono sempre state, il terzo mondo è sempre stato così, prima o poi tutto andrà a posto, troveremo rimedi per l’energia, le risorse, l’inquinamento, per tutto. Ci penseranno il progresso,  la scienza, la tecnologia, la natura che si autoequilibra, il Buon Dio…

Il fatto è, che se non ci pensiamo noi per primi, non ci penserà nessuno. Ecco la realtà. Quindi, dovremmo cominciare a riflettere sulle piccole cose, eliminare gli sprechi, ridurre i consumi, usare più attenzione e buon senso, migliorare le reti idriche per evitare le spaventose perdite, porre attenzione a costose e sospette privatizzazioni dell’acqua (il problema riguarda o potrebbe riguardare anche Savona!), ridurre l’enorme e inutile consumo di acque minerali, lavare un po’ meno la macchina, non far scorrere l’acqua inutilmente, riciclare l’acqua di lavaggio della verdura per innaffiare, e così via. Magari rendere obbligatoria, nel giro di pochi anni, l’installazione di sciacquoni a getto regolabile, per evitare di usare dieci litri di perfetta acqua potabile ogni volta.

Ma come la pensiamo, in realtà? Per qualche anno, ho frequentato uno stabilimento balneare che aveva installato sulla riva due getti doccia, quelli da usare per sciacquarsi rapidamente quando si esce dal mare. Purtroppo avevo la sdraio a due passi, e vedevo.

Quelli che stavano sotto per un’ora come stessero facendo la doccia della loro vita. Per poi ributtarsi in mare dopo due minuti. Quelli che aprivano il rubinetto e intanto chiacchieravano con l’amico/a. Quelli che facevano scorrere l’acqua a lungo per poi bere un sorso con le mani a conchetta. Quelli che si sciacquavano una manina, un piedino che subito dopo insabbiavano nuovamente. Quelli che dimenticavano il getto aperto, o con il gocciolio del rubinetto mal chiuso. Non dico poi i bambini: fin da piccoli, lasciati a loro stessi, giocavano a entrare e uscire, a insabbiarsi, a buttarsi in mare, poi doccia, poi mare, poi doccia, a fare il fiumiciattolo con lo scarico, ad aprire e chiudere per divertirsi, a riempire le pistole ad acqua, a spruzzarsi,  e lasciavano spesso la doccia aperta con indifferenza, andandosene. Con genitori magari a pochi passi che fumavano e chiacchieravano impassibili. Non ne ho mai visto uno, dico uno, rimproverarli: solo qualche nonno, ogni tanto. Raramente, il bagnino. Se poi era un altro adulto, a sgridarli, lo guardavano con aria ostile di sfida e continuavano, specie i più piccoli.

Non vi dico la sofferenza che ho provato nell’orribile estate del 2003, vedendo tutto questo, con le colline bruciate e le fonti inaridite tutto intorno.

A una bolletta particolarmente salata, (si sa, a comandare è il portafoglio), il proprietario dei bagni si è deciso a installare delle maniglie a tempo. Che peraltro, per l’uso frenetico e inappropriato si sono guastate subito, causando consumi anche maggiori.

Quest’anno ho cambiato bagni. Peccato che non si possa fare lo stesso con la Terra: è l’unica che abbiamo, perciò ci converrebbe mantenerla un po’ meglio.

Nonna Abelarda