BIOPOLITICA
Siamo arrivati al fondo?

Sono le risorse morali di un intero popolo che si trovano in pericolo

                          di GIULIO MAGNO    versione stampabile

 

La Liberia, paese centroafricano martoriato da una guerra civile che ha già provocato la morte di 250mila persone e la deportazione di un altro milione e mezzo circa, è uno dei paesi più poveri del mondo, con un reddito medio pro capite che non supera i 450-500 euro all’anno.

Ciò che sta accadendo laggiù ai bambini e ragazzi sotto ai diciotto anni,, stando alle denunce di Organizzazioni non governative, tra le quali spicca Save the Childrens, rasenta l’inverosimile.

Dalle persone che assistevano, i volontari delle Ong, venivano a sapere che un costume diffuso si era oramai affermato tra le popolazioni costrette a vivere nell’abbandono: offrire, quale merce di scambio, l’unica cosa loro rimasta, e cioè il loro corpo, in cambio di benefici più disparati, e cioè denaro, generi di consumo, addirittura la possibilità di studiare.

La cosa più terribile che si raccontava è che il maggiore potere di scambio dei più giovani, cioè i bambini e i ragazzi di entrambi i sessi, li spingeva a praticare il transational sex, cioè il sesso a fini economici. Tale pratica era associata a qualunque altro mezzo utile per sbarcare il lunario della famiglia, soprattutto da parte delle ragazze.

Prestazioni sessuali in cambio di qualcosa, dunque: cibo, vestiti, combustibile, ma anche (e questo è una indicazione ancora più intollerabile) di piccole gioie del consumo, cioè cellulari, profumi, etc., o addirittura in cambio di un esame superato a scuola!

Il metodo della ricerca

La ricerca compiuta da queste organizzazioni, nella seconda metà del 2005, è consistita in una serie di approfondite interviste (in-depth interviews) somministrate a 158 ragazzi e 167 adulti, divisi in due insiemi definiti, l’uno di persone ancora residenti in campi di profughi, e l’altro di cittadini che avevano già fatto ritorno alle loro case di origine.

La ragione è evidente: se si fosse trattato di gruppi omogenei, entrambi costituiti da persone ancora ospitate in campi governativi per profughi, sarebbe venuta meno la certezza di non influenzabilità del campione. In altre parole chi era già tornato a casa poteva riferire con maggiore serenità e indipendenza ciò che aveva visto o sentito durante la permanenza nel campo.

I soggetti coinvolti

Benestanti, (relativo, il termine, atteso il reddito medio dei liberiani), personale dei campi profughi, insegnanti, ma soprattutto gli addetti alla distribuzione dei generi di prima necessità forniti dalle organizzazioni umanitarie, i militari delle forze di pace e dell’ONU(!), i membri delle Ong stesse (!!).

Oltre a costoro, il circuito dei night-clubs, delle sale da ballo e centri di divertimento costituisce un poderoso (ma prevedibile) meccanismo di reclutamento.

Le ragioni

Il rapporto cita i seguenti fattori come esplicativi del fenomeno:

  • estrema povertà delle famiglie, assistite dalle associazioni internazionali da molti anni, straniere in patria perché sradicate da tempo
  • pressioni del gruppo dei pari (cioè i coetanei del gruppo, nel quale il minorenne cresce, spesso non seguito dai genitori, costretti a rincorrere ogni giorno la possibilità di guadagnare da vivere per la famiglia). Questi, con un perverso meccanismo emulativo, inconsapevolmente inducono a percorrere le medesime “scorciatoie” da loro seguite, al fine di procurarsi il denaro necessario per i beni-simbolo.
  • Pressioni del nucleo famigliare, che non riesce a uscire dalla spirale della miseria.

 

Nelle risposte che gli intervistati fornivano, in merito alle possibili ragioni del fenomeno, soprattutto in riferimento alla situazione prebellica, che non conosceva la prostituzione minorile, se non nelle grandi città, si indicava come preponderante la perdita di valori morali causata dalla guerra, che, costringendo moltissimi liberiani a diventare profughi, aveva di fatto sgretolato le comunità basate sui villaggi, le loro tradizioni, i loro valori. 

La conclusione del rapporto

Tristissima, è la presa d’atto di come la guerra non solo porti sempre lutti e sventure, ma alteri sostanzialmente la capacità delle persone di conservare i valori condivisi durante i periodi di pace precedenti al conflitto. Una degenerazione che certamente ha un impatto a lungo termine sull’assetto sociale ed economico di qualsiasi paese.[1] 

Quali considerazioni possiamo fare, di fronte a questo tipo di notizie? Al di là dello sdegno per il coinvolgimento di parte del personale delle organizzazioni internazionali, nonché di soldati laggiù impegnati in operazioni di peacekeeping (e diciamolo in italiano: operazioni di supporto alla pace), colpisce la gravità delle ripercussioni della guerra sulla popolazione civile (non dimentichiamoci che in questo caso l’ONU è arrivato, altrove non si ha lo stesso tipo di “presenza”), non solo dal punto di vista della sussistenza.

 Sono le risorse morali di un intero popolo che si trovano in pericolo

Bisognerebbe ricordarlo a chi parla da tempo della bontà della strategia della guerra preventiva, a chi vuole esportare la democrazia con le bombe a grappolo e via scherzando.

Ma soprattutto, in questi giorni, e scusate lo sfogo, bisognerebbe ricordarlo ai nostri mezzi di informazione, pubblici e privati, che non fanno altro che parlare e scrivere (ohibò lo sto facendo anche io…) di un branco di disonesti faccendieri che sono diventati ricchi (o più ricchi) grazie alle pochezze di un mondo in mutande e pallone.

D’altronde, di fronte a tale preoccupante degrado morale, come ci si può aspettare un qualche sentimento che non sia l’indifferenza?


[1] Il sito, ve lo segnalo, è www.savethechildren.org.uk  documento Liberia sexual exploitation

Giulio Magno