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PROGRAMMA  DI  a sinistra per savona 

Programmazione Pubblica, Intervento Pubblico, Gestione Pubblica.

Queste le tre direttrici sulle quali poggiano le discriminanti programmatiche per la presentazione della candidatura a Sindaco di Savona di Patrizia Turchi, collegata alle liste“ A Sinistra per Savona” e “Partito Pensionati”.

Una proposta alternativa di governo della Città, sotto l’egida dell’opposizione ai “Poteri forti” e alle loro dirette rappresentanze istituzionali, contro la governabilità intesa quale ossequio ai corporativismi.

Il nostro programma si colloca, invece, con chiarezza in rappresentanza dei bisogni collettivi della popolazione savonese.

Premessa Politica

I cittadini savonesi giudicano negativamente l’operato dell’amministrazione comunale uscente.

Sulla base di questo comune sentire, allo scopo di proporre una precisa alternativa di governo della Città di Savona presentiamo la candidatura a Sindaco di Patrizia Turchi, collegata alla lista  allo scopo di affermare un livello di alta qualità culturale nell’indispensabile contraddittorio politico che intendiamo tenere vivo nella nostra Città

“A Sinistra per Savona” svolgerà così un compito preciso.

Centrodestra e centrosinistra, infatti, appaiono concordi (ancora una volta, nella realtà savonese) a spartirsi il messaggio, per poter abbassare i toni, dal punto di vista della qualità dell’impatto del discorso politico (beninteso, non dal punto di vista della virulenza verbale, un terreno che a noi, sinceramente non interessa), dividendosi i compiti: il centrosinistra manovrando in modo da evitare i giudizi sul passato ed esprimere, così, il massimo della continuità possibile sulla base degli schemi (negativi) fin qui perseguiti dalle passate amministrazioni; il centrodestra tendendo ad una finta concretezza del “minimalismo dei fatti”, per potersi ritagliare uno spazio di apparente espressione di buon senso, in realtà per non disturbare il manovratore, che rimane sempre lo stesso,annidato in quei tre palazzi dove il potere economico coincide con quello politico e le espressioni istituzionali risultano del tutto secondarie, dal punto di vista della possibilità di incidere sulla realtà.

Restiamo convinti che Savona meriti altro, soprattutto sotto l’aspetto del dibattito politico.

Ecco, questo è punto che ci sta particolarmente a cuore: siamo nati come realtà locale, sentendo però tutto il peso di una politica ridotta a personalizzazione, scambio, occupazione del potere.

Così vanno le cose dappertutto, ci è stato detto: ma vederle andare a questo modo nella nostra Città; assistere allo spettacolo di forze di sinistra che si adeguano clamorosamente a questo stato di cose; veder smarriti i canoni minimi dell’impegno sociale e politico ci ha indignato profondamente.

Savona non è un’isola: ci è capitato di affermarlo qualche tempo fa e si tratta di ribadire con forza proprio questo concetto.

Nel proporre una ipotesi di novità politica , intendiamo rilanciare il dibattito sui grandi temi: non si può e non si potrà governare il Comune, senza capire ciò che accade intorno a noi sui temi della pace e della guerra; della sfida del modello europeo di fronte alla globalizzazione; al ruolo e alla qualità delle nostre istituzioni.

Sono soltanto alcuni esempi, tra i tanti che si potrebbero sviluppare: nel prossimo consiglio comunale interverremo, come gruppo, con puntualità su questi temi, li solleveremo, cercheremo di fare in modo che il consesso elettivo maggiormente rappresentativo della nostra realtà locale si pronunci.

Non si tratterà di semplici esercizi retorici, ma di un impegno politico complessivo che dal locale deve salire al generale, via, via, trovando la capacità di tutti di intervenire, incidere, proporre, fare in modo che la politica si radichi sulle idee: su quelle grandi idee che, loro soltanto, possono poi generare i fatti concreti.

Egualmente dobbiamo saperci occupare per intero della realtà politico – istituzionale rappresentata dal sistema degli Enti Locali e dal ruolo dei consessi elettivi, in questo ambito.

Non dimentichiamo la situazione concreta che indica come il sistema incontri forti difficoltà , sul piano finanziario, e che ci sono rischi di vero e proprio crollo, con gli Enti Locali stretti tra la debolezza delle riforme attuate dal centrosinistra sul titolo V della Costituzione e l’incombere della cosiddetta “devolution”.

Si tratta di elementi fondamentali, che non possiamo dimenticare o sottovalutare, perché ci indicano come sia sempre più difficile per il sistema degli Enti Locali, poter incidere concretamente sulla condizione materiale di vita della gente.

Emergono, sotto la spinta del liberismo imperante, tensioni vero la privatizzazione definitiva di settori decisivi nell’organizzazione dei servizi primari.

Ecco; impedire tutto ciò rappresenta una delle più belle gratificazioni ricevibili da chi, come noi, fa politica per pura passione.

Il ruolo dei consessi elettivi

Il Consiglio Comunale di Savona ha sofferto nel corso di questi anni, come è capitato all’insieme dei consessi elettivi, degli effetti di spostamento dell’asse della politica dalla rappresentanza alla governabilità.

Uno spostamento verificatosi almeno a partire dagli anni’80 e poi concretizzatosi attraverso i mutamenti legislativi degli anni’90.

Nel Consiglio Comunale di Savona questo fenomeno di sofferenza istituzionale è apparso, però, più accentuato, rispetto ad altre situazioni: un dibattito stentato, la formazione di “maggioranze variabili”, frequenta mancanza del numero legale, diventata quasi norma nel corso della sciagurata fase della “decadenza” di Giunta e Consiglio che si protrarrà, alla fine, per circa un anno causando guasti notevoli alla credibilità delle istituzioni cittadine.

Una vita difficile, quella della massima istituzione rappresentativa della nostra Città, la cui responsabilità va fatta risalire, prima di tutto, ad un forte deficit culturale presente nelle forze politiche savonesi.

Il primo compito, per chi intende misurarsi con il tema  dell’amministrazione della Città, diventa così quello del riequilibrio nell’ambito delle funzioni istituzionali.

Nell’ipotesi di porre mano qualsiasi tipo di impianto programmatico, occorrerà premettere due punti di riferimento di fondo: un’idea non professionale della politica (la politica deve essere intesa come attività inclusiva e non esclusiva) ; l’intendere la governabilità come fine non  esclusivo dell’agire politico (per Savona,quest’ultimo aspetto, in ragione delle riflessioni offerte dagli avvenimenti più recenti dai quali è emersa la presenza inquietante di una vera e propria “oligarchia” occupata a spartirsi e scambiarsi prebende e poltrone).

Risulterà, quindi, fondamentale la ripresa di ruolo da parte del Consiglio Comunale di Savona, su terreno previsto dalla legge: quello delle funzioni di indirizzo e di controllo.

Funzioni quasi mai svolte, durante le ultime tornate amministrative, anche a causa della natura del tutto spartitoria degli accordi di governo.

Indirizzo e controllo debbono essere intesi quali veri e propri punti di “balance of governament”, rispetto all’impianto sostanzialmente monocratico, del governo dell’Ente Locale.

Occorre rilanciare il livello della rappresentanza politica, rapportandosi, in quel modo, con i diversi livelli di insorgenza sociale organizzati magari attorno un solo, specifico tema.

I diversi soggetti organizzati rappresentativi di queste diverse, articolate, complesse insorgenze sociali dovranno contraddistinguersi in un rapporto dialettico che, preservata l’autonomia reciproca, si colloca per intero sul piano politico.

Restiamo contrari e diffidiamo , invece, di esaurire il processo di intervento popolare sulle scelte collettive, all’interno di  pubblicizzati strumenti di presunta partecipazione diretta, dal basso, giudicati innovativi (Agenda 21, Bilancio sociale, ecc.), ma che rischiano, nella sostanza, di produrre alla fine meccanismi di semplice assorbimento delle istanze più critiche della società.

Si tratta di iniziative che si possono fare, ma tenendo ben salda la barra verso il porto della politica, intesa come produzione culturale, di rappresentanza istituzionale, di offerta di una sintesi capace di produrre elementi di trasformazione nello stato delle cose presenti.

La nostra memoria storica

Esiste un altro grande terreno dell’impegno politico e culturale, al riguardo del quale ci pare, senza alcuna tema di presunzione, di essere chiamati al compito di rappresentare l’intera società savonese: ed è quella della custodia della memoria storica.

Nell’occasione del primo incontro organizzato , quasi un anno fa, su questi temi, capitò di citare Marcuse “Ricordare il passato può dare origine a intuizioni pericolose, e la società stabilita sembra temere i contenuti sovversivi della memoria”.

Ebbene, il caso savonese si riassume efficacemente in questa frase: da un lato, ricordare la città operaia per tentare di misurare un possibile futuro diverso da quello sterile e grigio di “terminal crociere” che pare ci sia stato imposto dall’alto, diventa un esercizio pericoloso, da rimuovere, quasi si trattasse di risvegliare stagioni lontane di lotta che non debbono trovare più posto nella nostra identità, salvo che in polverosi archivi dimenticati; dall’altro lato ci si rifiuta, perfino, di giudicare il passato prossimo. Si parte all’avventura della campagna elettorale senza giudicare ciò che è stato fino a ieri l’operato di questa amministrazione. Si chiudono gli occhi, si sostiene che i costruttori hanno tutte le licenze, che non c’è nulla da fare.

Noi siamo per l’esercizio della memoria: quella lontana che ci richiama alle lotte, e vogliamo fare del rapporto con le lotte, con i cittadini organizzati che si battono per precisi obiettivi, la fonte del nostro lavoro politico, fuori e dentro le istituzioni, ricordando sempre la lezione della Savona operaia; quella vicina, che ci dice quanto la nostra Città sia stata malgovernata, quanto siano in debito i suoi amministratori, quanto ci sia necessità di ricambio.

Proviamo, allora, a compiere una rapidissima ricostruzione storica.

Ovviamente, Savona non può essere considerata un’isola a sé stante: hanno influito sulle sue vicende sociali, politiche, culturali, condizioni decisive di carattere generale a livello internazionale, nazionale, regionale, che certo non è possibile analizzare ed evocare compiutamente, in questa occasione.

Pur tuttavia va espresso un giudizio di fondo: fin dalla fine degli anni’70 Savona è entrata in una fase di trasformazione radicale della propria identità sociale ed economica, all’interno della quale forze politiche ed economiche hanno forzato il processo di deindustrializzazione, avvilendo la possibilità di una riconversione in quell’ambito, allo scopo di aprire la strada ad operazioni di tipo speculativo, collegate all’utilizzo delle aree dismesse dall’attività industriale.

Su questa base, così sommariamente indicata, si sviluppò la “questione morale” degli anni’80: il cui ricordo deve rimanere parte essenziale di qualsiasi riflessione di tipo socio – politico, riguardante la realtà savonese degli ultimi decenni.

Nella seconda metà degli anni’80 fu esercitata l’ultima azione di vero contrasto verso quel progetto, da parte del monocolore PCI che tentò di definire una nuova identità di Savona come città di servizi, elaborando un apposito piano (mentre gran parte della sinistra savonese si attardava, ancora, sulle utopie del carbone) e dalla giunta Marengo (88-90) che, oltre a svolgere una forte funzione di garanzia istituzionale, fu l’ultima a difendere, attraverso il mantenimento della destinazione d’uso della aree più importanti, la possibilità di una riconversione industriale a Savona.

Da allora: dall’inizio degli anni’90 del secolo scorso il progetto di deindustrializzazione totale e di apertura alla speculazione, ha costituitol punto vero di continuità nell’ipotesi di Governo della città.

Comprendendo, in questo giudizio, anche la fase 94-98, gestita da una Giunta che non poteva certo essere definita di centrodestra, bensì assolutamente anomala, perché contribuirono a formarla soggetti che, prima, risultarono decisivi per la sconfitta della candidatura Pastore (che avrebbe potuto rappresentare, sul serio, un punto di svolta radicale) e, poi, risultarono altrettanto decisivi per il ritorno al governo del centrosinistra dal’98 ad oggi (anche in questo caso la denominazione geo-politica di centrosinistra è del tutto formale).

Ne è uscito un modello, quello edilizio – trasportistico – turistico estremamente fragile, come dimostrano le cifre dell’occupazione a Savona e le statistiche sull’effettiva qualità della vita.

Sotto questo aspetto è necessaria il massimo di chiarezza, perché ci troviamo di fronte al punto dirimente dell’intera vicenda politico – amministrativa di Savona.

Savona non è stata governata attraverso accordi tra le forze politiche, ma attraverso un rapporto diretto tra alcuni esponenti di queste e i “ristretti” gruppi  di pressione che impersonificavano, promuovevano, realizzavano, la fase di passaggio dalla deindustrializzazione al progetto che abbiamo già definito come edilizio – trasportistico – turistico.

Tutto è stato sacrificato per  conseguire questo obiettivo.

In funzione di questo obiettivo si è dismesso definitivamente il PRIS e si è mutata la destinazione d’uso delle aree ILVA.

Sotto questo aspetto è stata centrale la funzione svolta dalla Direzione dell’Unione Industriali, che può essere considerata la sede del “commissariamento” alla trasformazione e alla perdita di identità di Savona.

Questo è il punto di fondo da discutere.

E’ possibile rompere questo quadro, tornare ad una Città governata politicamente e non corporativamente?

Quali strumenti è possibile utilizzare, per fare in modo che questa tematica, da definire come del ritorno alla politica, viva nella Città, nel dibattito tra le forze politiche e sociali?

Il sistema politico savonese ha necessità di essere riarticolato, nel senso di un recupero della propria, complessiva,autonomia progettuale. 

Demografia e identità

Savona ha chiuso il 2005 con 61.786 abitanti, con un saldo positivo di 24 abitanti rispetto al 31 Dicembre 2005.

Alla fine degli anni 70 Savona contava quasi 80.000 abitanti (superati per un brevissimo lasso di tempo, a cavallo del censimento 1971).

Il calo demografico sembra finito ed il saldo migratorio a partire dal 2001 sembra aver invertito la rotta e gli emigrati sono sempre risultati in numero minore rispetto agli immigrati.

Un recente studio sulla materia ha evidenziato che, se il movimento migratorio si manterrà costante in termini di crescita nei prossimi 20 anni, Savona nel 2024 arriverà nuovamente a 80.000 abitanti, ma un quarto della popolazione sarebbe di origine straniera.

Questa proiezione andrebbe analizzata in modo molto approfondito, per puntare ad una programmazione fondata su solide basi non solo statistiche, in modo da evitare stime e valutazioni non sufficientemente elaborate ed attendibili (come accadde anche nel caso dell’elaborazione del PRIS, attorno agli anni’60, allorquando si previde una Città di circa 100.000 abitanti) che porterebbero a scelte non corrette in termini di servizi e di crescita economica e sociale.

Savona appare malata di provincialismo e le forze politiche che hanno governato la Città nel corso dell’ultimo decennio hanno concorso ad accentuare questo dato, che si è anche trasformato in arroganza del potere.

Savona ha bisogno di uscire dal guscio, guardando da un lato al proprio naturale retroterra rappresentato dal Piemonte e dall’altro all’Europa.

Nella sostanza,siamo di fronte ad un vero e proprio smarrimento di identità, per affrontare il quale è necessario guardare con chiarezza alle carenze, ai limiti, agli errori, alle inadempienze, ai guasti provocati dall’Amministrazione Comunale uscente, predisponendo un adeguato progetto alternativo.

Le discriminanti di progetto 

L’occasione che si intende cogliere, attraverso l’elaborazione di questo testo, sarà dunque quella di affrontare il tema delle discriminanti di progetto.

Insistiamo sul termine “progetto”, ben diverso da quello di “programma”.

Individuare le discriminanti di progetto significa guardare al futuro, reclamando una qualità di governo della Città davvero alternativa rispetto all’esistente ed avendo ben presente sotto gli occhi il disastro istituzionale, provocato dalla scelta della “decadenza” del Sindaco.

Alla base di questo discorso vanno ripresi, prima di tutto, i temi della qualità della democrazia, del ruolo dei consessi elettivi, del decentramento, dell’intreccio tra il rafforzamento della democrazia rappresentativa e l’adozione degli strumenti della democrazia partecipativa: temi che debbono obbligatoriamente stare sullo sfondo di qualsivoglia ipotesi progettuale.

Ricordiamo ancora come particolare attenzione vada prestata al tema del bilanciamento dei poteri, così fortemente alterato dal peso della monocraticità nella conduzione dell’Ente (monocraticità così personalisticamente esercitata, proprio nel corso delle più recenti tornate amministrative); al ruolo residuale della Giunta; alla crisi, che definiremmo proprio di “cultura istituzionale” che ha attraversato il Consiglio Comunale uscente.

Al centro di questa idea di rafforzamento della democrazia rimane la Città.

La Città resta sempre il luogo in cui si elaborano ( e si irradiano) le idee, i costumi, i nuovi bisogni.

La Città rimane il prodotto più sofisticato dell’attività umana; un insieme di storia e di divenire; un luogo di relazioni e di integrazioni e,soprattutto, un luogo di contraddizioni e di conflitti.

Anche noi, qui a Savona, nella lontana periferia dell’Impero, non possiamo dirci estranei ai fenomeni più profondi e radicali di una modernità che non è più possibile leggere con le lenti delle “magnifiche sorti e progressive”: dalla crisi e dalla trasformazione del modello culturale “classico” fondato su sviluppo, emancipazione, urbanità; crisi e trasformazione che hanno provocato il disagio, la paura suscitata da pericoli d anonimato e di non appartenenza, di solitudine e frustrazione che rischiano di diventare così senso comune di invivibilità, di estraneità e possono portare ad atteggiamenti di chiusura, perfino di stampo razzistico.

E’ necessario cogliere il dato di fondo: la sfida fondamentale che proviene dall’emergere del nuovo paradigma tecnologico, sta nello spostamento verso il modello di crescita e sviluppo fondato sulla “città inclusiva”.

Savona ha così bisogno di un progetto coerente, concretamente dimensionato rispetto alle diverse realtà esterne, europee, nazionali, regionali, di respiro comprensoriale.

Savona ha così bisogno di un progetto coerente che abbia i suoi punti decisivi in una diversa promozione delle priorità sul piano economico, recuperando presenze produttive reali, riequilibrando quanto è stato fatto fin qui, di negativo, nell’uso del territorio, fermando la spinta speculativa emersa nel corso di questi anni, recuperando i contenitori storici ed i luoghi della cultura mortalmente feriti, verificando i rapporti con l’insieme del tessuto economico, senza privilegi o sottovalutazioni anche al riguardo di un sistema bancario, che merita una attenta rivisitazione.

Il primo, essenziale, punto d’approccio dovrà, però, risiedere nella nostra capacità di far emergere la necessità, proprio per Savona, del ritorno ad una regia pubblica, che sostituisca la gestione corporativa che ha caratterizzato le ultime espressioni di governo della Città.

Lo sviluppo economico

Entriamo, allora, nel merito della nostra definizione programmatica, partendo dal tema dello sviluppo economico: un tema che non è possibile, però, disgiungere da quello dell’uso del territorio.

Il tema dello sviluppo economico è stato quello più trascurato, da parte delle forze politiche di governo e di sedicente opposizione, collegandolo ad operazioni ed iniziative per lo più di carattere urbanistico, che poco o nulla c’entrano con lo sviluppo della Città, riferendosi invece (come ci è già capitato più volte di ricordare) alla tutela di interessi di tipo privatistico.

Questo giudizio è fondato su due precise ragioni:

a) aver mancato, nel corso dei decenni centrali del ‘900, l’appuntamento con le esigenze d’innovazione tecnologica che andavano imponendosi rispetto alla tradizionale struttura industriale (e aver perseguito, almeno fino all’inizio degli anni’90, sogni impossibili per un rilancio di modelli di investimento già all’epoca del tutto obsoleti, come quello riguardante l’immaginario terminal carbonifero di Vado Ligure);

b) l’aver deciso,nella fase successiva, che il rilancio della Città dovesse avvenire, essenzialmente, sulla base del rilancio dell’edilizia privata  (un rilancio attuato, è bene ricordarlo per l’ennesima volta, utilizzando in maniera distorta gli strumenti di regolazione urbanistica ed impropriamente i piani di programmazione).

Edilizia privata indicata quale volano per altre attività di tipo turistico.

Si fa fatica, infatti, nel quadro attuale dominato dal piano Bofill (che continueremo comunque a contrastare con tutti gli strumenti possibili a disposizione: così come puntiamo a ridimensionare seccamente l’impatto distruttivo sulla Città, che avrà l’attuale progetto del Crescent che dovrebbe sorgere sulle aree dell’ex-Ilva), pensare ad un qualche efficace supporto collocato nel campo del terziario avanzato ed, al contempo, è difficile intuire quale potrebbe essere il destino del porto commerciale, stretto tra – appunto – le costruzioni delle torri Bofill ed il porto della Margonara, con il suo grattacielo da 100 – 120 metri d’altezza.

Questa idea della città turistica appare, inoltre, monca perché è del tutto trascurato il ruolo fondamentale dei grandi contenitori storici, ai quali dedicheremo un apposito capitolo.

Senza aver paura di parlar male di Garibaldi riteniamo sia, inoltre, tutto da verificare l’impatto economico reale esercitato sulla Città dall’attività del Terminal Crociere: un aspetto questo che ci permettiamo sia valutato con grande cautela e problematicità, attraverso le risposte possibili ad alcune semplici domande: qualcuno ne avrà certamente tratto profitto. Ma chi e quanto? Quanti sono i posti di lavoro stabili creati? Quale l’impatto complessivo sulla qualità della vita in Città e sulla sua economia?

In sostanza, il gruppo dirigente, inteso in senso lato, che esercita l’effettiva leadership sulle scelte in campo economico e politico all’interno della società savonese non è riuscito a definire, oltre alla chiusura dei principali siti industriali protrattasi per lunghi decenni (almeno a partire dagli anni’50), fino al “fallimento” (le virgolette non sono casuali) dell’OMSAV, un progetto di nuovo modello di sviluppo (che pure era stato delineato in passato, come abbiamo già avuto occasione di ricordare, ad esempio con il Piano dei Servizi del 1985) fondato su presenze di tipo produttivo, collocate sulla frontiera più avanzata dell’innovazione tecnologica.

Il turismo (importante, ma che, realisticamente non potrà essere altro che un turismo appena “mordi e fuggi”) non basterà, da solo, a rilanciare Savona: un dato che emerge, tra l’altro, dalla lettura di qualsiasi rilevazione statistica riguardante la nostra Città.

E’ necessario sviluppare una idea di tipo comprensoriale che miri ad offrire all’industria spazi adeguati (rimane, su questo punto, l’assoluta necessità di recedere dal tentativo di scelta fin qui compiuta per le aree ex-Metalmetron, al di là dei risvolti di eventuale illegalità compiute nel corso della procedure e di svelare il mistero che avvolge la presunta missione affidata ad IPS, circa l’utilizzo delle aree del Parco Doria) e sinergie con l’intelligenza produttiva, che potrebbero essere fornite da una Università posta, finalmente, in rapporto concreto con la Città (il progetto della cittadella tecnologica, recentemente presentato appare, ancora, troppo “laterale” sotto questo aspetto), per consentire loro di insediarsi a Savona, cominciando anche a porre mano agli indispensabili strumenti di promozione e di programmazione previsti dalla legge (a partire dai bandi europei, i cui fondi finora non sono stati mai utilizzati a fini sociali ma soltanto per pagare parcelle a progettisti, per proseguire con la creazione di distretti industriali e la stipula di accordi di programma. Presupposto fondamentale, anche al riguardo di questi delicati strumenti, quello dell’assoluta trasparenza e democraticità dei percorsi di costruzione e di attuazione, rifuggendo dalla logica delle Conferenze di Servizio, intese quali luogo di decisionismo separato funzionale a favorire, sempre e comunque, interessi particolari).

Savona, inoltre, attraverso i suoi luoghi di riflessione politica deve saper esprimere una progettualità tale da mettere in discussione quella idea di “area centrale ligure” a predominio genovese, che rimane un altro dei limiti che hanno ristretto la capacità di intervento e di iniziativa della società savonese, per un lungo periodo.

La nostra intenzione, di vera e propria proposta di governo della Città, è quella di aprire varchi per impostare, al riguardo delle prospettive di sviluppo una operazione alternativa a quella “edilizio – trasportistica – turistica” su cui si sono adagiati i nostri maggiorenti, di centrosinistra, di centrodestra, o semplicemente dediti agli affari più comodi nella logica dello sfruttamento immediato delle risorse pubbliche.

Una prospettiva di alternativa, posta sul terreno dello sviluppo economico può essere aperta soltanto lavorando, da subito, su tre fronti:

1)      L’attivazione, pur in un quadro di difficoltà complessive che non è possibile ignorare ma che non possono neppure rappresentare un comodo alibi, di flussi di risorse destinate a favorire la presenza di strutture di tipo produttivo, rivolgendosi ai fondi europei, chiamando a corresponsabilità l’intero sistema bancario presente sul nostro territorio. Quest’ultimo fattore, relativo al sistema bancario, rappresenta un elemento di grande importanza, che il gruppo dirigente savonese non ha fin qui affrontato per l’evidente presenza di un soggettivo conflitto d’interessi, esistente tra la Direzione dell’Unione Industriali e la Presidenza della Fondazione CARISA.

 

2)      La questione della presenza, a Savona, di strutture di tipo produttivo si inquadra in un contesto generale, da esaminare con grande attenzione. Il nostro Paese è chiamato a superare, all’interno del concerto europeo (collocando, a quel livello, la possibilità di una competizione efficace con i giganti, vecchi e nuovi, dell’economia mondiale) il limite della preminente collocazione della residua industria italiana, nei settori produttivi dei beni finali.

 

Savona non dovrà restare assolutamente tagliata fuori dal processo di innovazione produttiva che l’Italia sarà,necessariamente, chiamata, a tempi rapidi ad avviare;

 

3)      Il terzo punto riguarda la necessità che l’attuazione del progetto di convogliamento di un nuovo flusso di risorse sia rivolto verso la possibilità di richiamare attività, sulle quali basare una parte importante della già richiamata transizione tecnologica italiana: macchine per il recupero ed il trattamento dei rifiuti, per il settore agroalimentare, per quello energetico, strutture per la finitura dei recuperi edilizi (serramenti, piastrelle, materiali per interni), delle optotecnologie (per le quali Savona, richiamando ancora l’esigenza di sinergia tra Città ed Università, dispone già di uno specifico know-how) delle nanotecnologie, ecc

Come si può ben osservare si tratta di una visione estremamente avanzata al riguardo del possibile recupero di presenze produttive sul nostro territorio: una visuale non certo rivolta all’indietro.

L’assetto del territorio

Sotto questo aspetto, così delicato ed importante, occorre esplicitare, a nostro avviso, alcuni punti con estrema chiarezza.

1)      Il Piano Urbanistico Comunale prevede, attualmente, la mera gestione del “già deciso” ed in corso di attuazione. Addirittura il Consiglio Comunale è già stato chiamato a votare varianti di questo Piano, non ancora adottato (come nel caso del già citato Crescent, che dovrebbe sorgere sulle aree ex-Ilva). Si tratta, in sostanza, di una mera sanatoria dei cosiddetti “francobolli”, assommando anche una semplice manutenzione del territorio. Dal nostro punto di vista è, invece, necessario un rifacimento globale,previo ampio coinvolgimento dell’intera società savonese, prendendo ad esempio l’esperienza passata del PRIS, che potrebbe tornare utile come riferimento metodologico. Andrà prestata particolare attenzione alle previsioni di viabilità ed edilizia popolare convenzionata,prevedendo anche incentivi per l’utilizzo dell’esistente.

Dovranno essere migliorati i servizi dei quartieri, attraverso un più equilibrato utilizzo delle risorse economiche a disposizione, ora concentrate nei quartieri “ricchi” della darsena. Una attenzione particolare andrà riservata anche al nuovo verde, elaborando una idea di “parco cittadino” e al fronte mare, reso fruibile ed accessibile, non vincolato dalla costruzione di nuovi insediamenti, come nel caso dell’erigendo “ecomostro” di via Cimarosa, alle foce del Letimbro. Fondamentale appare lo sviluppo di un discorso di salvaguardia delle colline, oggi aggredite dalla costruzione dei “borghi liguri” e dall’ipotesi di concentramento degli indici di fabbricabilità, ma abbandonate dal punto di vista di una antropizzazione armonica (esplicabile, ad esempio, attraverso io recupero dell’esistente) e conseguente vigilanza;

2)      Piano Regolatore Portuale. E’ necessario evidenziare l’incongruenza della scelta di far coesistere il polo del carbone ( su questo punto va aperta,ovviamente, una riflessione riguardante la presunta – per noi negativa – soluzione data al “caso Ferrania”, e più in generale al rapporto tra costa ed entroterra: nel caso tra Savona e la Valbormida) con porticcioli similMontecarlo per soli ricchi o per turiamo di transito veloce, senza ricadute economiche apprezzabili. Va fermata, immediatamente, la speculazione edilizia sul litorale demaniale, interamente gestito dall’autorità portuale (Cantieri Solimano, Margonara,ecc). Vanno individuati spazi da destinare alla pesca da terra e per le attività nautiche di base;

3)      Contenitori storici. La grande questione legata all’uso del territorio e all’assetto urbanistico e però, quella legata ai grandi contenitori storici ed al loro recupero. Un tema che leghiamo strettamente a quello del rilancio culturale della Città: anzi , ci permettiamo di considerare, cultura e assetto urbanistico come fattori intrinseci delle possibilità di futuro di Savona.

 

In questo senso debbono essere enunciati alcuni punti di principio generale, ben chiari: a) servono operazioni in grado di contribuire ad un discorso di ricucitura degli strappi urbanistici(Orti Folconi, Brandale, Centrale Enel di Corso Vittorio Veneto, Monticello,Villa Zanelli ecc, oltre a Ospedale San Paolo, Santa Chiara, Scuole di Via Cava, Seminario, già abbondantemente citati nel corso del nostro lavoro e fatti oggetto di precise proposte), ponendo la progettualità legata al recupero dei contenitori storici al servizio di una idea di sviluppo della Città: ulteriori abitazioni di lusso e centri commerciali (come nel caso dell’ex-cinema Astor o in quello, paventato, dell’Ospedale San Paolo, finirebbero con il rovinare definitivamente qualsiasi prospettiva di superamento della crisi attuale); occorre evitare sprechi ed insediamenti che, alla fine, renderebbero ancora più difficili le condizioni di vivibilità complessiva, sia sotto l’aspetto del traffico, sia dei parcheggi: segnaliamo, sotto questo aspetto, la sterilità del trasferimento dell’Autorità Portuale in Palazzo Santa Chiara o del trasferimento della Sede dei Carabinieri nelle ex-scuole di via Cava. Il punto principale da affrontare, sotto l’aspetto del recupero dei contenitori storici, rimane quello dell’utilizzo dell’Ospedale San Paolo e di Palazzo Santa Chiara. Ribadiamo, dunque, una proposta che abbiamo già avuto occasione di avanzare, in diverse sedi.

I progetti di recupero dell’Ospedale San Paolo e di Palazzo Santa Chiara potrebbero essere collegati all’interno di un unico grande progetto di carattere culturale, destinandone la ristrutturazione, rispettivamente a sede Universitaria per le facoltà umanistiche e delle scienze sociali e di una grande biblioteca, certamente la più bella della Liguria, dotata di avanzate strutture di fruibilità sotto l’aspetto tecnologico (l’esempio, in questo senso, potrebbe essere rappresentato dalla Mediateca di Santa Sofia a Napoli) e quale punto d’incontro dei giovani. Sicuramente, per realizzare questo disegno particolarmente ambizioso, occorrerà attivare un flusso di risorse, almeno pari a quelle già indicate come necessarie per recuperare, sul nostro territorio, un livello adeguato di presenze produttive. Gli effetti ipotizzabili di una operazione di recupero di questo tipo, che cercheremo di riassumere schematicamente di seguito, potrebbero risultare davvero importanti.

Si potrebbe, dunque, realizzare una forte riattivizzazione sul piano economico, del centro cittadino che rimane ancora il vero e proprio punto di “volano” della Città; il “sospirato” ristabilimento di relazioni dirette tra l’Università e la Città (fin qui non realizzato dal Campus di Legino) che potrebbe avviare anche una inversione di tendenza, rispetto a quella “fuga di cervelli” che ci affligge, ormai, da diversi decenni; un recupero del patrimonio edilizio della zona del centro ottocentesco, dove si trovano appartamenti vuoti e in degrado (enumerabili a migliaia, secondo i dati dell’ultimo censimento: ma si tratta di un altro fenomeno che si protrae da tempo). Un recupero in questo ambito consentirebbe, inoltre, di valutare finalmente le esigenze reali della Città, nel campo della disponibilità abitativa. Al recupero dei grandi contenitori storici deve essere collegato anche il tema dell’utilizzo del Priamar, della fruibilità della sede del Seminario Vescovile alla Villetta e del complesso di San Giacomo: all’interno di una proposta unitaria di iniziativa culturale. La destinazione del Priamar, che noi vediamo- appunto – nel campo della cultura e, più specificatamente, dello spettacolo e dell’esposizione museale, potrà però essere determinata soltanto assolvendo ad una condizione preliminare, mai assolta dagli amministratori succedutisi nel corso degli anni: quella di una effettiva accessibilità dell’edificio che, ricordiamolo, non è un Castello ma una Fortezza, che incombe sulla Città in una dimensione di “sorveglianza separata” come lo vollero i genovesi nel XVI secolo ( serve un sistema di accesso completamente diverso dall’attuale, partendo magari da un particolare che potrà apparire minimo, ma importante: la riapertura dell’accesso dal lato della salita Trento e Trieste, sul versante del Prolungamento a Mare). Per quel che riguarda il seminario vescovile un utilizzo proponibile, realizzando la sede Universitaria nell’ex- Ospedale San Paolo, potrebbe essere quello di foresteria per gli studenti fuori sede. Anche l’attuale edificio della Biblioteca Civica a Monturbano ed il teatro degli Scolopi (attualmente di proprietà privata, ma da recuperare immediatamente all’uso pubblico) dovrebbero rappresentare altre strutture utilizzabili in questa ipotesi di forte rilancio culturale del centro  di Savona: anche in questo caso deve essere affrontato con coraggio, il tema dell’accesso.

La Città a tre punte

La sostanza del nostro discorso relativo alle questioni dello sviluppo, dell’assetto del territorio, del rilancio della Città può essere così riassunta.

Pensiamo ad una “Città a tre punte”, dove si intrecciano cultura, innovazione tecnologica, infrastrutture costruendo un quadro di sviluppo radicalmente alternativo alla situazione attuale, fondata sulla speculazione e sull’identificazione dell’amministrazione pubblica con precisi interessi di carattere corporativo.

Le nostre “tre punte” dovrebbero suddividersi il campo a questo modo: il Centro Città sede del rilancio culturale, attraverso il ritorno all’uso pubblico del tema decisivo del recupero dei grandi contenitori storici, Ospedale San Paolo come sede universitaria per le facoltà umanistiche e delle scienze sociali (restando il campus di Legino nella attuale destinazione), Palazzo Santa Chiara come sede della più bella biblioteca della Liguria; il Ponente con le sue aree di pregio, messe a disposizione dell’industria di qualità (naturalmente il cambio di destinazione d’uso delle aree Metalmetron, che si intenderebbe eseguire tra l’altro in condizioni di dubbia legalità, non dovrebbe essere effettuato);

 il levante come luogo centrale dello sviluppo di infrastrutture in grado di collegare efficacemente la Città con i grandi flussi viari verso Genova e Milano (in questo senso la scelta del porticciolo della Margonara appare esiziale, anche rispetto ai problemi della viabilità portuale che ha bisogno, soprattutto, di raccordi efficaci con le autostrade: il primo passo, in questa direzione, sarà quello del declassamento della tratta autostradale tra Albisola e Savona).

Siamo perfettamente consapevoli dei limiti che l’Amministrazione Comunale incontra, oggettivamente, nell’occuparsi dei temi dello sviluppo economico e dell’occupazione, in particolare sotto l’aspetto delle ristrettezze finanziarie crescenti e della complessità nelle relazioni istituzionali con gli enti locali sovraordinati, lo Stato e la Comunità Europea.

Pur tuttavia è necessario tentare, per uscire dal declino in cui la Città è stata cacciata dalle scelte negative compiute nel corso di questi anni, utilizzando le due leve a disposizione: l’utilizzo del territorio (ormai martoriato da ecomostri: da Bofill al Mulino di Via Cimarosa) e l’attivazione dei flussi di risorse.

 

Per questo pensiamo ad un nuovo Piano Urbanistico Comunale che si faccia carico anche di un respiro comprensoriale, sul modello dell’antico PRIS e ad un impegno nel richiamare risorse, sia in senso verticale (dalla Comunità Europea, dallo Stato, dalla Regione), sia in senso orizzontale, chiamando ad un impegno l’intero sistema bancario, presente sul territorio.

Il tutto nella chiarezza della priorità della regia pubblica, dell’impegno pubblico, della responsabilità pubblica: i tre punti che caratterizzano la collocazione politica della nostra lista e l’indirizzo della nostra volontà di governo della Città.

Esauriamo, a questo punto, la prima parte della stesura del nostro programma, dedicata ad una visione complessiva, di tipo progettuale, del futuro di Savona.

Di seguito si troveranno una serie di schede sui principali problemi specifici che si presenteranno all’attenzione degli amministratori: schede redatte in forma sintetica da utilizzare, essenzialmente, in funzione di ulteriori approfondimenti.

La situazione del commercio

Strettamente legata al tema dello sviluppo e dell’assetto del territorio è la questione relativa alla presenza delle attività commerciali.

In pratica, infatti, tutti i “grandi” progetti predisposti finora in Città, interessano il settore commerciale.

Questi, infatti, elencati di seguito, i progetti di “lor signori”: Ristrutturazione del Cinema Astor, con galleria commerciale a Piano Terra con 15-20 negozi, due piani di uffici, due piani di residenze, parcheggio interrato; ristrutturazione San Paolo con galleria commerciale a piano terra, ristorante/bar sul tetto, nel mezzo uffici (si parla di front-office offerto a molte associazioni presenti sul territorio) e residenze; vecchia darsena/Crescent con albergo, ristorante panoramico sul grattacielo, media struttura (erano previsti 600 mq di generi alimentari e non bene altra specificata superficie di non alimentari), naturalmente uffici e residenze; Margonara, un corposo numero di attività commerciali non alimentari, attività legate alle nautica e residenze; collegamento veloce porto – stazione con Piazza del Popolo interessata da una piastra contenente galleria commerciale con altri negozi (sorgerebbe qui un grosso problema di parcheggi, sul quale ritorneremo più avanti): fronte – mare di Via Nizza, con rifacimento della passeggiata con residenze e negozi a piano terra; Metalmetron con un numero non ben precisato di mq a disposizione del commercio (si dice 5-6000, ma forse si arriverà oltre) con una grande struttura non alimentare (si parla di Castorama) ed altre medie strutture sempre non alimentari.

Non male, dunque, per una Città che da sempre presenta una rete commerciale sovradimensionata rispetto ai consumi, e che è rimasta sovradimensionata nonostante le chiusure di questi ultimi anni.

Sovradimensionata nel numero degli esercizi, ma non rispetto alla superficie di vendita media di ogni singolo esercizio, ancora decisamente bassa se paragonata al resto della Regione. Del tutto insufficiente, invece, sotto l’aspetto dell’offerta merceologica, tuttora legata ai consumi tradizionali e che non è stata capace di aprirsi e rinnovarsi rispetto alle nuove esigenze di mercato.

Il risultato di queste operazioni, se mai dovessero andare in porto anche solo parzialmente, immesse in una rete strutturalmente debole, nella quale gli imprenditori commerciali finirebbero con il giocare ruoli del tutto marginali, subendo le iniziative di altri, non aiuterebbe la Città ed i suoi cittadini.

I commercianti sarebbero disillusi, incattiviti dalla scarsa remunerazione delle loro attività, con pochi stimoli verso quel potenziamento e rinnovamento di offerta che rappresenta l’unico strumento per la quadratura del cerchio: da un lato imprenditori capaci che sanno intuire le esigenze e dall’altra cittadini che ricevono risposte ai bisogni commerciali.

Quindi, invece di progetti “a cascata” del tipo di quelli appena esposti, un piano di rinnovamento della rete distributiva savonese fondato su: Rapporti strutturati e di concreta collaborazione con Associazioni di Categoria, centri di via ed altre forme di aggregazione dei commercianti, affinché siano essi stessi a fornire i nuovi servizi di cui le moderne imprese hanno bisogno; progetti comuni che, attraverso serie di indagini di mercato, stabiliscano quali veramente siano le carenze di rete e propongano soluzioni rispondenti ai reali bisogni di tutte le fasce della popolazione, al di fuori di spinte speculative immobiliariste o basate sulla salvaguardia di rendite di posizione; progetti comuni che prevedano una maggiore consapevolezza culturale del ruolo del commercio nella società, che coinvolga i commercianti ma anche le rappresentanze dei cittadini, affinché gli uni conoscano meglio le ragioni degli altri, anche per contribuire assieme a ridimensionare il concetto “commerciante – ladro”.

Le strutture commerciali pubbliche della Città.

Savona dispone delle seguenti strutture annonarie pubbliche: Un mercato ittico all’ingrosso, trasferito recentemente dalla fatiscente sede di via Lavagna in una parte ristrutturata del vecchio macello civico di corso Svizzera. La struttura è stata aperta agli operatori ed al pubblico nonostante alcune lacune, evidenziate sia dall’ASL, sia dagli operatori stessi. Sta gradualmente perdendo la funzione di mercato della produzione, in parte per l’ubicazione lontana dagli approdi dei pescherecci, in parte per le difficoltà di crescita degli operatori e della stessa cooperativa pescatori (che, fino a qualche anno fa, rappresentava la migliore marineria da pesca ligure) e, non ultimo, per carenze organizzative e gestionali dell’Ente pubblico; Un mercato ortofrutticolo all’ingrosso (ubicato nel Comune di Quiliano) che rappresentava uno dei pochi esempi di mercato della produzione (dove affluiva, cioè, produzione locale) e che ha perso quasi completamente tale funzione, per motivi legati sia alla realizzazione strutturale non conforme alle aspettative, sia alla conseguente mancanza di vitalità degli operatori. Anche però a seguito di mancate scelte pubbliche di insediamento di nuove tipologie di vendita; un macello in corso Svizzera, chiuso per anni a causa del graduale pensionamento delle figure professionali indispensabili (macellatori e simili), riaperto dopo una ristrutturazione completa e tuttora chiuso, per l’incapacità di trovare valide alternative ad una gestione pubblica; Un mercato alimentare al dettaglio in via Giuria, abbandonato a se stesso da anni e degradato sia strutturalmente, sia commercialmente, recentemente ripulito e riaperto a ranghi ridotti; Un capannone alimentare al dettaglio in piazza Bologna, progettato male, gestito peggio e ormai chiuso e degradato da anni.

Tutto ciò, però, non può far venire meno la consapevolezza che un corretto funzionamento di tali strutture contribuisce, non poco, a fornire un servizio efficiente al comparto commerciale, con ricadute positive sull’andamento dei prezzi.

Quindi l’obiettivo può essere quello di favorire ed incentivare la costituzione di consorzi tra gli operatori interni (supportati, se del caso, dalle associazioni di categoria) che possono gestire direttamente le strutture, predisporre disciplinari rigidi e completi nei quali sia individuato chiaramente chi deve fare cosa e come lo deve fare (rispetto delle normative igienico/sanitarie, di sicurezza, di tutela dei lavoratori) controlli costanti e continui sull’andamento della gestione , mantenimento dei compiti istituzionali (polizia annonaria, ASL).

La struttura di piazza Bologna potrebbe, invece, riassumere un ruolo commerciale importante di calmierazione del mercato, se fosse destinata alla vendita diretta da parte dei produttori (anche qui la collaborazione con le associazioni di categoria del settore sarebbe importante) in modo strutturato

ed efficiente, senza intermediazioni e con canoni di concessione estremamente limitati, soprattutto per incentivare i consumi dei prodotti stagionali (esempio le mele delle cooperative di produttori piemontesi, le arance delle cooperative di produttori siciliani, ecc.) oppure tipici locali (esempio le albicocche di Valleggia, le zucchine di Albenga  ma anche le formaggette di Stella, il miele di Sassello, ecc.)

Il mercato del lunedì

Rappresenta una struttura commerciale importante per la Città, un centro commerciale a cielo aperto che potrebbe tornare ad essere competitivo, con l’adozione di interventi decisi e di scelte coraggiose.

La sua attuale collocazione penalizza la Città sotto l’aspetto della viabilità perché si sostituisce all’unico grande parcheggio esistente nel centro, ma un suo eventuale ritorno nelle vie ottocentesche non produrrebbe particolari benefici sulla circolazione stradale.

D’altra parte, in Città, non esiste un’altra area atta a contenere le sue “robuste” dimensioni ed una divisione in più parti (ad esempio: alimentari in uno spazio, non alimentari in un altro) costituirebbe un suicidio commerciale.

Me le “robuste” dimensioni del mercato rappresentano oggi un problema, non soltanto di collocazione ma anche di offerta commerciale; si è andata, infatti, gradualmente spegnendo quella che era stata la vera forza del commerciante ambulante, cioè la capacità d’acquisto, la dinamicità nell’intuire, prima die negozianti tradizionali le nuove tendenze ed adeguarsi ad essi, che si traduceva, poi, in capacità di offrire prodotti che rispondessero alle esigenze del consumatore, a prezzi concorrenziali con la rete distributiva a posto fisso, ma anche quella di coprire un’ampia fascia merceologica e di dare risposta a tutti i portafogli.

L’amministrazione locale non può intervenire, da sola, sui delicati meccanismi di mercato che hanno portato a questa situazione e che non dipendono direttamente dalle scelte di ubicazione, ma dalla difficoltà e poca capacità di cogliere le difficoltà della categoria e di intervenire, assieme ad essa, per trovare correttivi.

L’intesa tra Ente Locale e operatori è fattore indispensabile per procedere ad una adeguata scelta dell’area in cui collocare il mercato, dotarlo delle strutture necessarie, in un contesto di spazio usufruibile anche per altre iniziative, per una gestione più flessibile che, salvaguardando l’interesse del sinolo, consenta di rilanciare l’immagine complessiva del mercato,e, quindi, la sua capacità di attrarre categorie differenziate di acquirenti.

Ambiente e politica dei rifiuti

 Il tema ambientale è tema molto complesso, da affrontare, dal punto di vista della salvaguardia della vivibilità in Città, sotto il profilo comprensoriale, includendo tutti i fattori che ne interessano la difesa: uso del territorio, assetto idrogeologico, traffico, difesa del litorale, manutenzione, qualità dell’aria e dell’acqua, ecc.

Non c’è dubbio, però, che al centro di questo discorso debba stare la politica dei rifiuti, alla quale dedicheremo questo spazio programmatico, tenuto conto dell’assoluta attualità del vivace dibattito che, su questo punto, si sta portando avanti a Savona.

La premessa indispensabile, per affrontare correttamente questo delicato discorso,  riguarda la messa in discussione della politica assistenziale esercitata, nei confronti dell’ATA dalle forze politiche che si sono succedute alla guida della città.

Il tutto si è tradotto in uno smaltimento degno di un paese del terzo mondo, con un uso del territorio spregiudicato, pericoloso ed estremamente costoso.

 La discarica di Cima Montà

La discarica di Cima Montà si trova alcune centinaia di metri sopra l’abitato di Montemoro, a ridosso dell’abitato di Cima Montà.

Per decenni la spazzatura, compresi rifiuti chimici di natura tossica, sono stati semplicemente scaricati sul versante della collina, tanto che negli anni’80 il materiale stoccato ha subito uno scivolamento, andando ad arrestarsi contro la parte delle collina adiacente, ricoprendo, tra l’altro, alcune sorgenti utilizzate da tempo immemorabile dai contadini della zona.

Sino ad oggi nessuno ha fatto nulla per classificare in modo scientifico i rifiuti chimici, nessuno sa dove finisce l’acqua di quelle sorgenti, si sa, però, che le sorgenti poste nell’abitato di Montemoro sono state chiuse perché inquinate e lo sono ancora, così come sono chiusi due pozzi dell’acquedotto, posti nei pressi della confluenza tra i torrenti Lavanestro e Letimbro.

Da allora, fra ampliamenti , proroghe e reati ambientali la discarica è rimasta in esercizio, totalizzando oltre un milione di mc.

La discarica non è affatto una esigenza per la città, esiste solo perché è una esigenza dell’ATA.

Ciò, oltre ad aver comportato una Tarsu ingiustificatamente cara per i cittadini, comporterà per gli anni a venire esborsi sempre maggiori, necessari a mantenere almeno in condizioni di relativa sicurezza un impianto che doveva essere chiuso e bonificato da anni.

La raccolta dei rifiuti

La città è sporca, non è una novità, come non lo è che l’ATA attribuisca semplicisticamente la responsabilità a tutti meno che a se stessa.

Senza dubbio ci sono, in città, anche vandali e incivili vari, ma c’è da domandarsi cos’è che legittima l’ATA a dare lezioni di buoncostume, quando il lavaggio dei cassonetti non viene effettuato (per  non parlare dei camion che li vuotano), il personale addetto alle pulizie delle strade e dei giardini è insufficiente, tanto che il cittadino ha l’impressione che le strade siano pulite “ a turno”; gli stessi cestini per i rifiuti (a parte quelli del “salotto buono”, via Paleocapa ed immediati dintorni) oltre ad essere insufficienti, “scompaiono” per mesi e, a volte, “riappaiono” quasi che anch’essi fossero soggetti a turni.

Senza parlare della raccolta differenziata dichiarata dall’ATA, per l’incentivo della quale mancano disposizioni precise rivolte, soprattutto, ai commercianti e agli artigiani.

L’esito effettivo della raccolta differenziata, del resto, non è mai stata fatta oggetto di verifica da parte del  Comune o della Provincia.

Le nostre proposte

Occorre una verifica economica analitica delle varie voci, che compongono la cifra corrisposta dalla Città all’ATA, compreso il numero del personale impiegato diviso per le varie mansioni, attrezzatura e relativa condizione, beni mobili e immobili utilizzati, opportunità dei vari progetti elaborati dall’ATA o su suo incarico e costi relativi.

Occorre, alla luce del Piano Provinciale dei rifiuti, una riparametrazione dei bisogni reali della Città, verificando il numero del personale adibito alle varie mansioni e tipo di qualifica richiesta; le attrezzature necessarie; l’analisi dei costi derivanti dalla raccolta differenziata (scorporati dai guadagni ottenuti dalla vendita, calcolati al valore attuale); l’analisi dei  costi dello stoccaggio e della trasformazione in combustibile della frazione non differenziata (scorporato dall’attuale valore di rendita.

Sono necessari l’immediata chiusura della discarica di Cima Montà e la riqualificazione dell’intera area; l’analisi dei rifiuti stoccati nella discarica stessa; l’affidamento della bonifica ad un’azienda specializzata, previa determinazione dei costi.

E’ altresì necessaria la verifica delle responsabilità individuali ed istituzionali, con eventuale apertura di un contenzioso legale, allo scopo di sgravare i cittadini dal pagamento di costi ingiustificati; di conseguenza è necessario ridefinire la TARSU, la quale, a  parità di servizi assicurati, non può essere superiore alla media nazionale.

E’ evidente che le condizioni delineate comporteranno un aumento occupazionale; un contenimento della TARSU; un servizio efficiente; un uso del territorio non pericoloso e confacente alle esigenze dei cittadini.

Parcheggi e politica della mobilità

Proprio nel periodo immediatamente precedente l’apertura della campagna elettorale si è sviluppato un dibattito molto intenso, sul tema dei parcheggi in Città.

Consideriamo il problema, in questa forma del tutto mal posto, perché ci si dove porre davanti ad un  progetto di pianificazione territoriale, comprendete anche un piano dei parcheggi, inserito in un discorso complessivo di mobilità.

Non ci si può, insomma, limitare al dibattito su parcheggi in superficie o nel sottosuolo.

Al riguardo di quest’ultima possibilità, quella riguardante i parcheggi interrati, è il caso comunque di far rilevare come questa amministrazione sia manchevole (tra le tante manchevolezze!) di un atto importante come quello dell’elaborazione del PRG del sottosuolo, previsto dalla normativa vigente.

Il PRG del sottosuolo costituirebbe la prima e necessaria base di partenza per studiare il sottosuolo della Città che, è bene ricordarlo, è costruita principalmente sul vecchio ed ampio alveo del torrente Letimbro.

Un alveo molto grande che si snoda, ad esempio, sotto l’intera Villapiana ed il centro cittadino.

Dunque, in mancanza di un Piano regolatore che ci offra uno studio idrogeologico serio ed una mappatura dell’esistente, non è possibile pensare alla costruzione di aree parcheggio sotterranee.

Perché si deve pensare, comunque, ed in ogni caso, ad aree parcheggio: cosa ben diversa da box interrati o nel sottosuolo.

Aree parcheggio che debbono, comunque, essere sottoposte sotto la diretta regia pubblica e , se possibile, eseguite come opere pubbliche.

A rendere ancora più difficoltosa la realizzazione dei parcheggi sotterranei è anche la struttura dei Palazzi della Città: spesso siamo di fronte a costruzioni storiche, che non hanno fondamenta profonde, e la costruzione di simili manufatti renderebbero problematica la staticità della abitazioni esistenti (ce lo insegna la vicenda dell’osteggiato parcheggio di Piazza Bologna e le vicende delle abitazioni della darsena).

Quindi, prima di parlare di parcheggi sotterranei occorre necessariamente pensare, con criterio alla Città così come questa si presenta.

Si accennava all’inizio e proveremo ad entrare meglio nel merito: in ogni caso non è possibile affrontare un tema come quello della politica della sosta senza metterla in connessione con le altre questioni legate alla mobilità pubblica e alla viabilità.

L’ACTS infatti, mentre ha investito risorse importanti sulla questione Metrobus senza concludere nulla, ha centellinato, se non dimenticato, un rafforzamento delle linee esistenti, che invece avrebbero dovuto essere rese più funzionali, capillari, con orari maggiormente prolungati, senza tralasciare una politica tariffaria maggiormente attrattiva verso l’uso del mezzo pubblico.

La politica del traffico dovrebbe risultare conseguente a questa impostazione di favore verso il mezzo pubblico: ad esempio, attraverso la creazione di corridoi di scorrimento riservati agli stessi mezzi pubblici (delimitati da cordoli) che renderebbero più fluido e puntuale il servizio.

L’aumento delle zone pedonalizzate, così come quelle ZTL, al fine di rendere più gradevole e meno caotico il traffico cittadino, deve essere accompagnato ad un ampliamento dei marciapiedi, oggi ridotti a stretti corridoi.

L’allargamento delle zone pedonalizzate non deve, però, avere come esito lo spostamento di flussi di  traffico dal centro alla periferia.

Il traffico deve essere accolto in vie di scorrimento, o trattenuto – appunto – attraverso la sosta in zone di scambio con il mezzo pubblico.

Non è possibile, dunque, “banalizzare” una questione come quella dei parcheggi, da affrontare con criterio guidato all’interesse pubblico al servizio dell’intera collettività.

Occuparsi dell’interesse generale costa fatica e sicuramente fornisce minori soddisfazioni che non occuparsi delle speculazioni edilizie.

Una politica della mobilità del tipo di quella fin qui descritta si colloca, oggettivamente, contro la logica delle lobby e dei corporativismi: averla espressa con chiarezza, all’interno di questo lavoro, costituisce già un elemento di novità politica.

Gestione pubblica del cimitero

Dedichiamo un breve spazio ad un problema che sta sicuramente a cuore a tantissimi savonesi.

Si sta valutando, infatti, di procedere alla privatizzazione della gestione del Cimitero: protagonista la solita ATA, di cui davvero non si riesce più ad individuare il “core businnes”.

Sono allo studio scelte sconvolgenti, come quella di collocare all’ingresso principale del Camposanto, al posto degli storici campi A e B, una serie di cappelle gentilizie, dal costo presumibile di 50 – 70.000 euro.

In questa Città ci troviamo, di fatto, alla speculazione edilizia anche al Cimitero.

Una prospettiva inquietanti cui ci opporremo con forza, come ci opporremo all’idea stessa di una privatizzazione.

Spazi Sociali

Visto il totale smantellamento del tessuto socioculturale savonese, si fa sempre più pressante la necessità di rintracciare nel tessuto urbano luoghi di aggregazione definiti per le diverse specificità presenti sul territorio: dagli anziani (come nel caso del centro sociale Rocco Malacrida di Quiliano) via, via, fino agli adolescenti.

I giovani, in particolare, sono il settore più trascurato nel territorio, lasciati a sé stessi eleggono come luogo di ritrovo centri commerciali e simili, in cui spendere le proprie giornate dedicandosi al nulla; sorge quindi la necessità di creare luoghi “altri”, spazi di libertà in cui trovare o far crescere, le proprie passioni.

Emerge, dunque, la necessità di utilizzo di spazi e strutture (palchi, attrezzature musicali, spazi espositivi multivalenti, ecc).

Un’idea particolare, sotto questo aspetto, potrebbe essere quella di spazi per affissioni non a pagamento, utili per pubblicizzare eventi e permettere lo sviluppo di forme d’arte alternativa (sticker  art, stencil, ect.).

Deve essere favorita l’interazione tra le diverse realtà culturali presenti sul territorio e svolta un’indagine sugli eventuali finanziamenti accessibili, con una valutazione del loro uso a beneficio della collettività.

Sono stati , anche individuati, spazi dove potrebbero essere svolte le attività più diverse: spazi per piccole associazioni, potenziamento degli interne point pubblici, sale prove, biblioteche specializzate,organizzazione di corsi per una crescita culturale complessiva nella Città.

Gli spazi fin qui indicati, sono i seguenti: Sotterranei del Priamar, ex-scuole di Ciantagalletto; case abbandonate alla Madonnetta; ex-scuole di Via Cava, casa dell’ex-passaggio a via Torino- Studio Cuneo, Forte San Giacono, Bunker e rifugi.

Impianti Sportivi

La situazione degli impianti sportivi savonesi, può ben essere definita all’anno zero.

Siamo al bollettino di guerra: il Bacigalupo chiuso, i lavori della Piscina fermi, il Palazzetto dello Sport totalmente insufficiente, la palestra di Via Trincee non adatta allo svolgimento di gare di alto livello; il campo di Hockey su prato che attende da 35 anni; il campo di atletica e rugby della Fontanassa del tutto lontano dagli standard minimi per consentire almeno allenamenti ad un certo livello.

Insomma un vero e proprio bollettino di guerra, che si commenta da solo.

Tutti i punti appena riferiti sopra meritano di essere affrontati nell’ottica di reclamare, ancora una volta, l’avvio di una politica di piano, all’interno di un discorso più generale riferito alla pratica di un progetto riguardante l’idea di una “Città sportiva”.

A questo modo le forze migliori possono raccogliersi e concentrarsi all’interno di un determinato progetto, e rappresentare le avanguardie per un diverso modo di concepire le attività agonistiche. 

Utilities

Il tema dei servizi pubblici locali, può essere affrontato da tre punti di vista: da quello degli assetti societari e del rapporto pubblico / privato; dal tema del rapporto costi/ benefici al problema degli assetti e del ruolo delle istituzioni e del sistema politico.

A Savona ACTS, ATA, Consorzio Depurazione delle Acque presentano problematiche diverse, legate per ACTS ad uno spreco di risorse avvenuto per mancare un obiettivo probabilmente impraticabile (Metrobus), mentre andrebbe meglio definita la finalità di fondo che l’azienda deve perseguire (quale mobilità pubblica e per chi, tanto per intenderci), per ATA dallo smarrimento del “core business” dell’azienda, trasformata ormai in un vero e proprio carrozzone, al servizio dei partiti, e clamorosamente inadeguata ai propri compiti; per il Consorzio della Depurazione delle Acque la valutazione riguarda la mancata colmatura dello storico “deficit” riguardante i miasmi irradiati verso le zone circostanze.

Al riguardo di questo delicato settore la nostra massima attenzione rimane, comunque,  rivolta alla regia pubblica e alla gestione pubblica delle aziende.

Servizi Sociali

Sono due i punti di partenza al riguardo delle valutazioni di compiere in materia di servizi sociali: il primo concerne il drammatico abbassamento di livello, sul piano qualitativo ed anche qualitativo, fatto registrare, nel corso di questi anni, dall’intervento portato avanti nel sociale dal Comune di Savona; il secondo quello della necessità di arrivare all’integrazione tra la politica sociale e quella sanitaria.

Sotto questo aspetto deve essere previsto un ruolo di maggior importanza del Comune nelle scelte di politica socio . Sanitaria e la concreta realizzazione dei Distretti di base.

E’ necessaria una attenta politica sanitaria ed assistenziale in favore dei cittadini non autosufficienti e lungodegenti fondata sull’incremento dell’assistenza domiciliare integrata, avvalendosi, per la componente sociale, soprattutto delle collaboratrici familiari immigrate, tenuto conto che questo settore di lavoro è stato completamente abbandonato dal personale nazionale.

E’ tuttavia necessario prevedere lo svolgimento di corsi professionali rivolte a questo tipo di personale, anche per adeguarne l’orientamento sulle consuetudini di vita e sul tipo di regime alimentare dei cittadini assistiti.

Deve essere aumentato il numero dei posti – letto ospedalieri destinati alla lungodegenza riabilitativa, adeguando il numero stesso allo standard di un posto – letto ogni mille abitanti.

La realizzazione delle Residenze Assistite (R.S.A.) non può essere procrastinata, adeguando il numero dei posti letto ai parametri consigliati dalla Società Nazionale di Geriatria.

Occorre affrontare con grande impegno il problema dei disabili e delle loro famiglie, attraverso processi di integrazione riguardanti il mondo del lavoro, la scuola, lo sporti; abbattendo le barriere architettoniche; creando alloggi di edilizia sovvenzionata progettati per i disabili e loro destinati.

Egualmente un forte impegno andrà rivolto per affrontare i problemi della famiglia e dei minori, attraverso opportune iniziative di sostegno in caso di bisogno, il sostegno all’attività degli Asili – Nido e delle scuole materne; il recupero delle attività dei Consultori familiari; l’affrontamento del problema del disagio minorile e della dispersione scolastica; la piena integrazione, a partire proprio dalla scuola, dei minori immigrati.

Decentramento

Il dibattito più recente, intorno al tema del decentramento amministrativo, è stato riservato al numero delle Circoscrizioni (si propose di ridurle da 5 a 3) e all’adeguamento del regolamento in materia: nel tentativo di sfuggire al dilemma di tipo numerico, si è arrivati al paradosso che né il Regolamento, né tanto meno lo Statuto recano nei loro testi il numero delle circoscrizioni cittadini, rimasto inalterato, per intanto, sulla base di una consuetudine di tipo verbale.

Al di là di tutto ciò, la storia del decentramento a Savona nasce, a metà degli anni’60, con i Consigli Unitari di Quartiere (pioniere, all’epoca, fu il Comitato di Quartiere di  Chiavella, Rocco, Piazzale Moroni, considerati all’epoca a “rischio”).

I consigli di Quartiere diedero un forte contributo alla coesione sociale della Città. Raggiungendo l’apice della loro capacità organizzative , con la vigilanza popolare messa in  piedi nel periodo degli attentati dinamitardi dell’autunno – inverno 74- 75.

La legge del 1980 istitutiva delle Circoscrizioni , portò a compimento l’esperienza dei Comitati, ma Savona, in seguito, non ha mai sciolto un nodo: il decentramento deve essere “rappresentativo”, oppure “amministrativo”?

Nel frattempo si è creata una situazione nuova sul piano sociale con la costituzione di diversi comitati impegnati da una serie di problemi di grande rilievo: Discarica di Cima Montà, Margonara, Bofill, Parcheggi di Piazza Bologna, ecc: al riguardo dei quali la “politica” deve saper riprendere le redini del dibattito e  delle scelte conseguenti.

Saremo , dunque, nei Consigli di Circoscrizione con l’intento di abbattere la barriera della separatezza e rilanciare un a idea di iniziativa popolare dal  basso.

Giudichiamo, inoltre, del tutto eccessivi quegli emolumenti di cui godono i Presidenti delle circoscrizioni . Si tratta di cifre che, nel rispetto delle diverse posizioni personali, finiscono con lo snaturare il ruolo stesso, di supporto alla popolazione e di proposta di integrazione sociale che i rappresentanti popolari eletti nella Circoscrizioni dovrebbero voler e saper portare avanti. 

E-governament

Il tema dell’uso delle strumentazioni informatiche nell’attività dell’amministrazione comunale non deve essere relegato a semplice supporto di un processo di snellimento nei tempi delle procedure burocratiche: un orientamento di questo tipo limiterebbe molto le possibilità intrinseche di un modello di rapporto tra l’Ente Locale ed i cittadini imperniato sulle potenzialità tecnologiche dell’e-governament, utilizzato nel senso dell’immediatezza e della disponibilità.

Deve essere ricordato, ancora, come sia necessario completare il lavoro di “cablaggio” in tutta la Città.

Cultura

Gli impegni fondamentali che intendiamo assumere, sul piano del rilancio culturale della Città, fanno parte di questo programma allorquando si sono affrontati i temi del recupero dei grandi contenitori storici presenti nel Centro Cittadino. Sta lì, nelle proposte di Università al San Paolo e di Biblioteca a Palazzo Santa Chiara i punti – cardine del nostro progetto in materia. Egualmente, sono stati individuati e già citati spazi utilizzabili per l’aggregazione sociale, non soltanto giovanile, ed il recupero all’uso pubblico del teatro degli Scolopi.

Sotto questo ultimo aspetto ci pare di poter rilevare come, accanto al convinto sostegno all’attività del Teatro Raschiabile che dovrebbe essere resa fruibile per un più largo numero di cittadini savonesi, alla stagione teatrale estiva al Priamar, sia necessario individuare un sito (nel nostro caso pensiamo proprio al Teatro degli Scolopi) all’interno del quale possa essere svolta una adeguata attività teatrale, in grado di integrare quella del “Chiabrera”, dando anche sede sicura a quanti stanno impegnandosi e sperimentando con successo in questo settore, nella nostra Città.

Una riflessione dovrà essere svolta sull’utilizzo dell’Auditorium di Monturbano (struttura infelice, per ubicazione e conformazione), mentre dovranno essere risolti i nodi esistenti tra Opera Giocosa e Orchestra Sinfonica, nel rispetto delle specificità di ciascuno e facendo in modo che Savona non perda alcuna iniziativa di alto livello e di sicuro prestigio. In questo senso si pone, anche, il problema di recuperare, se possibile, un rapporto con la “Renata Scotto Academy” di New York, malamente sciupato dalla precedente amministrazione.

Andrà rilanciato, anche, un ruolo promozionale dell’Ente Pubblico nel campo delle arti visive; dovranno essere sistemati i musei Cuneo e Pertini; dovranno essere stimolate, promosse, organizzate iniziative di recupero della memoria storica, di riflessione sui grandi temi della letteratura, della scienza, ecc; dovrà essere sostenuta l’attività delle scuole cittadine, provvedendo anche alle più opportune sistemazioni logistiche, in ispecie laddove si sono determinate situazioni di sofferenza per carenza di spazi, scomodità di accesso, ecc. 

Utilizzo delle risorse

Il discorso sulle risorse finanziarie a disposizione del Comune risulterebbe molto lungo da portare avanti, per esaminarne con il massimo dell’attenzione risvolti di grande complessità: dal sistema dei trasferimenti da parte dello Stato; alle imposte comunali; al sistema di imposte e tariffe sui servizi pubblici locali.

In questa sede ci limiteremo, però, ad indicare la strada di una migliore articolazione nel meccanismo di determinazione dell’ICI verso i diversi livelli sociali e verso i  proprietari di un’unica abitazione (numericamente ridotti, nel corso degli anni), al fin qui mancato appuntamento con la revisione del catasto (pur prevista dalla legge) .

Egualmente riprendiamo con forza l’idea di una gestione finanziaria da condursi non certo nel solco della continuità, ma di una discontinuità alternativa.

La struttura operativa

La struttura operativa su cui poggia l’attività quotidiana dell’amministrazione comunale è composta da una molteplicità di figure professionali, formando una azienda molto complessa che deve soddisfare ogni giorno svariate esigenze, non semplicemente in termini di fornitura di servizi.

E’ necessario infatti che l’attività della struttura sia posta in condizioni di poter progettare ad ampio respiro, programmando le scadenze e non limitandosi al giorno per giorno.

E’ indubbio che il blocco delle assunzioni ormai reiterato di finanziaria in finanziaria rappresenta un  punto di vera e propria difficoltà, soprattutto perché ha influito sulle possibilità di un ricambio generazionale che, in particolare a determinati livelli, appare indispensabile anche sotto l’aspetto delle motivazioni e delle aspettative da parte dei singoli.

In ogni caso appare necessario procedere ad un’ampia ristrutturazione della pianta organica rivolta, si nella direzione di rivedere le dislocazione delle responsabilità dirigenziali (vi sono casi macroscopici da sistemare, come quello che riguarda l’identità nella persona fisica al riguardo del livello apicale nel settore urbanistica e nel settore lavori pubblici.

Egualmente, pur nel rigoroso rispetto delle norme riguardanti la separatezza tra prerogative degli organi politici ed l’autonomia funzionale dei dirigenti, è necessario impostare una vera e propria politica del personale, che non può essere delegata da parte dell’amministrazione, limitandoci ad intenderla come un semplice fatto burocratico.

Serve, inoltre, un riequilibrio, anche sul piano numerico, tra le risorse umane a disposizione del potere politico e risorse umane destinate a soddisfare i bisogni essenziali della popolazione, sia dal punto di vista amministrativo, dei servizi sociali, della vigilanza urbana, dei lavori pubblici.

Ovviamente il discorso sulla struttura operativa andrà collegato con il nostro intendimento di ritornare ad una regia e ad una gestione pubblica dei servizi essenziali. 

Le conclusioni politiche

Riassumiamo, allora in conclusione le ragioni di fondo che ci hanno portato a compiere questa scelta, controcorrente, difficile, rischiosa, che ci ha consegnato, però, già un primo importante risultato: per la prima volta nella storia elettorale della nostra Città , una aggregazione di sinistra alternativa, chiaramente orientata, provvista di un suo autonomo progetto è presente nell’arena elettorale a dimostrazione che ci sono ancora, quelle e quelli, che non intendono chinare la testa.

Intendiamo osteggiare senza mezzi termini la linea di continuità che promana, non semplicemente dall’ultima amministrazione sulla quale abbiamo già più volte espresso parere negativo, ma molto più da lontano, da quella “questione morale” che avviluppò il sistema politico e la società savonese negli anni’70 fino all’inizio degli anni’80: gli epigoni di quella stagione, fermati dalla Magistratura ed alcuni dei quali ricomparsi proprio dalle parti del centrosinistra, coltivavano un obiettivo. Consegnare alla speculazione i frutti del processo di dismissione industriale, artatamente portato avanti a questo scopo.

Di questo si trattava e di questo si tratta: con la differenza che, all’epoca, si trattò di un affare di tangenti, mentre oggi siamo alla sovrapposizione tra politica ed economia: una sovrapposizione esercitata, in più, attraverso l’esercizio di una vera e propria “arroganza del potere”.

La candidatura che presentiamo in questa occasione e l’espressione politica ad essa collegata, appare provvista di una forte capacità propositiva, reclama una precisa collocazione sociale della nuova amministrazione, un  chiaro utilizzo di risorse rivolto nella direzione di precisi settori sociali.

Abbiamo una diversa idea della politica rispetto a “lorsignori” : nel rapporto tra la governabilità e la rappresentanza; reclamando il ruolo della rappresentanza e della sua autonomia, in una situazione savonese dove le vicende politico – istituzionali di questi ultimi 12 mesi reclamano vendetta, dimostrando evidente un vero e proprio “deficit di democrazia”.

Ai candidati sindaci “bocconiani” e “gioiellieri”, evidente espressione del degrado che attraverso l’esercizio della politica nella nostra Città, cercheremo di mostrare per intero le contraddizioni sociali, i problemi veri di Savona, che chi la amministra con lo spirito della casta borghese, tipo quella del II impero francese dei baroni Danglars, non può certo comprendere.

Non siamo intenzionati, come purtroppo hanno scelto di fare pezzi di sinistra che pure avrebbero potuto avere un ruolo importante e vi hanno inopinatamente rinunciato, ad accontentarci di una fetta di potere.

Ci siamo mossi, e continueremo a farlo, per realizzare una presenza politica ed istituzionale che, lavorando sulle contraddizioni, costruisca una alternativa di cui, nella nostra realtà locale, c’è davvero bisogno.

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