FOGLI MOBILI

La rubrica di Gloria Bardi 

Alla nostra gatta

Da qualche parte deve esserci il filmino, è tanto che non lo vediamo.

Agosto, a Moneglia, dai miei.

Viola aveva sei mesi, Greta due anni e mezzo e non riusciva a fare a meno del succhiotto: si era impegnata a buttarlo via in cambio di un gattino.

Mi era sembrata un’ottima compensazione affettiva.

Nel filmino Greta getta il succhiotto nella pattumiera e io le mostro la micia che, nella mano destra, tenevo nascosta dietro alla schiena: un batuffolo di pelo tricolore.

Greta la vede, spalanca gli occhi, urla, sprizza felicità, poi protende le mani e poi afferra con delicatezza quel piccolo peluche però con l’anima.

Quella notte dormì con il trasportino del gatto accanto, Greta, pronta a immergere la manina nel batuffolo che vi abitava dentro, per sedare le crisi di ciuccio-astinenza.

Poi per alcuni mesi dal suo arrivo, ogni tanto in casa nostra veniva scatenato il gattondino, cioè il gioco a nascondino col gatto, sempre imboscato nei posti più impensabili: la rete di un mobile-letto, l’armadio, la cesta della biancheria, la valigia di papà.

Anzi, il primo giorno a casa nostra, allora abitavamo a Pietra, aveva pensato bene di cadere dal quarto piano e atterrare sul poggiolo della signora del primo, che la mattina ce la riportò avvolta in un asciugamano, quando avevamo già perso ogni speranza, dopo una notte di caccia grossa nel circondario.

La convivenza con i nostri cani  non è andata sempre liscia ma è stata vissuta nel rispetto delle diverse competenze: ai cani fare gli scemi all’arrivo del padrone, a lei sopraggiungere in pigrizia e in pigrizia insinuare. Da buona gatta.

Gatta funambola, abilissima a percorrere veloce veloce le ringhierine bianche di casa nostra, con noi che le prime volte trattenevamo il respiro e poi, compiaciuti del numero da circo domestico che offrivamo loro col caffé, assicuravamo gli ospiti: “non succede niente, è abituata”.

E si è abituata ad altre case.

Ad altre ringhiere.

Ad altri spazi.

Ad altre età.

Ora Greta di anni ne ha diciannove, Viola diciassette e c’è Lida che ne ha quattordici e che ai tempi del ciuccio gettato era ancora nel mondo dei venturi.

Cresciute, come tutti tra alti e bassi emozionali.

Fatte scelte importanti. Fatte altre scelte.

Qualcosa vinto qualcosa perso, come si fa quando si diventa grandi.

Intrecciate aspettative, intrecciate nostalgie. Incontrato persone. Trattenute alcune, altre lasciate passare. Messo da parte un gruzzoletto di ricordi da spendersi via via.

Fatte tante prove di volo. Qualche volta volato.  

E nei nostri spazi e i nostri tempi transitava leggera quella traccia felina, funambola anche quando di funi tese non ce n’erano più.

A proposito di ricordi, uno me lo spendo al momento, ora che sto scrivendo al picì: fino a qualche tempo fa, ogni volta che lo facevo la micia mi si accoccolava in grembo e magari sfiorando la tastiera scriveva una teoria di emme o un rosario di vu. E mi impeluccava la gonna o i pantaloni, e si vedeva perché sul nero si vede e, sì, io amo vestire di nero.

Perché l’ho fatta scendere?

Perché facciamo certe stupidaggini?

Funambola poi, definitivamente, quando la cecità le ha complicato i giochi: è stupefacente la signoria spaziale dei felini.

E’ il dono antico della leggerezza.

Leggerezza di gatta.

Passo impercettibile, come quello del tempo quando passa.

Accanto a noi dal giorno del succhiotto e del gattondino e delle ringhierine bianche e delle emme scritte sulla tastiera e di Moneglia, di Pietra e poi Finale, e quante cose quante cose quante cose ancora. E accanto.  

Per diciassette anni di comune esistenza,

Accanto fino a ieri, accanto fino a stamattina, fino a tre ore fa.

Addio, gatta Malù.

 

 Gloria Bardi

   www.gloriabardi.blogspot.com