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Il Libro, i libri  

 

 

dice Platone (rep. 606e) di Omero: “ha educato la Grecia”, e mai affermazione fu più vera, perché per tutto il più che millenario corso della sua storia il mondo ellenico antico trasse fondamentale alimento dai due poemi che ne segnano anche cronologicamente l’inizio.

Ma il posto unico occupato da Omero nella formazione del suo popolo ebbe una conseguenza fondamentale anche per la cultura dell’Occidente. Dobbiamo infatti a ciò la nascita del concetto, per noi così importante, di tradizione letteraria. La società greca non conobbe la figura professionale del prete, né di conseguenza chi si garantisse la propria funzione tramite il controllo di un libro sacro (Tà biblía, il libro per eccellenza appunto), in cui sia contenuta la parola di dio, registrata tal quale come nel Corano, o mediata dall’interpretazione umana come nell’Antico e nel Nuovo Testamento.

E comunque, chi mai potrebbe competere colla parola di dio, diretta o indiretta che sia? Onde nelle culture del Libro non si costituì quella feconda catena di libri che si trasmettono i loro insegnamenti dall’uno all’altro attraverso la staffetta delle generazioni, e che noi chiamiamo appunto tradizione letteraria, così schematicamente rappresentabile: 

T1  Ú  T2  Ú  T3  Ú  T4  Ú  T5 ... Tn 

ove T1-Tn è il macrotesto e, ad esempio, T2 l’ipotesto di T3, su cui può esercitare il suo influsso pure T1, anche se ignoto (è questo il caso di Omero che influenzò tramite Virgilio la cultura medievale, essendo l’Iliade e l’Odissea gli ipotesti, rispettivamente, dei libri VII-XII e I-VI dell’Eneide, e quest’ultima a sua volta l’ipotesto della Divina Commedia); viceversa T4 sarà, ancora ad esempio, l’epitesto di T3.

Si deve dunque al modello civile, non ierocratico della società ellenica, in una parola alla sua laicità, quel millenario sistema di autonomie espressive che diciamo letteratura, e con cui noi ci consoliamo, grazie alla frattura incolmabile fra realtà e finzione, della colpa dell’esistenza.  

MISERRIMUS