ETHOS IN FRAMMENTI         versione stampabile

Incoraggiare il nostro mondo al  dono.  È  possibile?  Dove si nasconde l'essenza del dono?

Può rivestire il dono i panni dello scambio, nella logica circolare tra il dare, il ricevere e il ricambiare?

Abbiamo l'impressione che il vero dono non viaggi per andate e ritorni, preferisca salire in treno senza biglietto e non ami quei paradisi a prezzi scontati che sono i supermercati, come Ernst Bloch preannunciava. Anzi, ci pare che il dono si attardi frequentemente ad ammirare le vetrine del paradosso e reciti da protagonista una pièce dal titolo  «Si dona solo quando si coglie l'impossibilità di donare».

Arthur Koestler più che Kant è il suo modello.  Musil lo affascina. L'Italia gli sta stretta.

E il nostro tempo pronto ad ospitarlo?  Come invitarlo a cena?

 Il dono è un signore che ama le sfumature. Bando alle pastoie della reciprocità.  Sia il regno della dissimetria!  Ci può essere dono solo da parte di un anonimo, di un ingrato e di un nemico e chi riceve deve ricevere a caso e nella più completa inconsapevolezza di chi gli offre in dono.  L'oggetto del dono d'altra parte è l'inconsistenza materiale dello stesso. Basti pensare al dono del potere, al dono della fiducia e della parola. Il dono appare solo quando c'è un'eccedenza di spazio, un surplus di tempo, un'onda anomala che uccide il soggetto. Imponderabile, insopportabile, inguardabile e incondizionato, il dono può essere, anzi deve essere la falsa moneta che il signore regala al povero. Pur che non sia moneta vera. Il dono somiglia a un anarchico bizzarro, che si nasconde nel momento in cui lo riconosciamo e che nello stesso tempo viene da noi riconosciuto. Basta leggere un racconto che Baudelaire fa rimbalzare sino a Derrida per avere le idee più chiare, senza i rimbrotti di tanti filosofi analitici e/o continentali. Nel racconto si narra di un incontro, quello di Baudelaire e di un facoltoso amico con il volto di un misero, all'uscita da una negozio di tabacchi. L'offerta dell' amico alla mano tremante del povero è molto più ricca di quella dello scrittore. Che cosa lo spinge a donare con esuberanza?  Piacere di meravigliare e volontà di riconoscimento?

L'amico svela a Baudelaire che ha regalato una moneta falsa. Quali conseguenze avrà il dono della falsa moneta per il povero diavolo? Si moltiplicherà in monete buone?  Lo condurrà in prigione?  Diventerà il germe di una futura ricchezza? 

Il dono è la fontana che si sparge, l' eco che rigenera il tempo.  C' è un decidersi a donare ma anche un decidersi al dono, ad accettare qualcosa che scompare di mano in mano. Probabilmente, chi vuole donare dovrebbe ispirarsi alle parole che una certa Madame di Maintenon, trecento anni fa, scriveva all'amica Madame Brinon: "Il re prende tutto il mio tempo; io dono ciò che rimane a Saint Cyr (un'istituzione per fanciulle povere, ndr), a cui vorrei donare tutto". Con lei doniamo solo ciò che può essere il niente, poiché ogni cosa ci è stata sottratta. Noi doniamo ciò che resta, into­nando una canzone che i vicoli di De André ancora oggi cantano così: "Il resto non è / c' è il resto che si dona / il resto che non è niente / ma che tuttavia c'è / non è mai abbastanza".

 Un orientamento per un esprit de largesse, che congiunga la geometria con lo stile:

Non fare presenti nelle feste di compleanno, ma dona in un giorno qualsiasi il tempo che non c'è.

  Una domanda per tutti: quanto vale oggi il gratuito?

Capiamo che il bene è fragile quando variamo l'intelligenza nel porto delle emozioni.

«Noli me tangere» dicono le cose al pittore e i colori si fermano sulla soglia della fiducia. Come il desiderio e la paura dell'altro si sfiorano in una rapida stretta di mano,  la luce del giorno approda alla notte che scompare.

Il  perdono ha le sembianze della pura grazia. Libero e offerto in maniera incondizionata, esso sfugge a qualsiasi logica. Per perdonare bisogna innanzitutto che il perdono non sia richiesto, che nessuna parola lo prenda in consegna, lo contenga, che nessuna giustizia lo amministri. Il perdono giunge silenzioso, invisibile, discreto. Il perdono può essere domandato solo in
un faccia a faccia senza mediazioni, in un palazzo estraneo al regno del diritto e dell'istituzione pubblica.

Si può concedere il perdono ma soprattutto si può chiedere perdono a chi non ha donato abbastanza?

Graziella Arazzi

villaCambiaso

periodico di informazione e cultura delle alpi marittime e basso piemonte

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