27 Marzo 2006

COMIZIO DI FINI A GENOVA
Un’ovazione per Biasotti e Quattrocchi
LA STAMPA

[FIRMA]Marco Raffa
GENOVA
Ovazione per Sandro Biasotti ieri a Genova al Teatro della Gioventù, gremito per il comizio di Gianfranco Fini. Chiamato sul palco per un saluto prima dell’intervento del vicepremier, l’ex governatore della Liguria ha incassato un lunghissimo applauso con la platea in piedi che scandiva «sindaco-sindaco-sindaco». Il calore con cui il popolo di An lo ha accolto, ha sorpreso lo stesso Biasotti che, al microfono, ha esclamato: «Siete pazzi! Si vede che cinque anni di centrodestra in Regione vi hanno dato alla testa». Poi, sottolineando «di aver molto gradito l’invito ricevuto da An, mentre altri non hanno fatto altrettanto», ha ricordato i suoi trascorsi con Fini. «E’ stato proprio lui dieci anni fa a spingermi a entrare in politica, lo avevo invitato a casa mia ma senza dirlo in giro - scherza - ero un manager portuale e pensavo di trovarmi i camalli alla porta, ma il giorno dopo lo sapevano tutti». Poi «i cinque anni di governo, in cui da Fini e An una mano non mi è mai mancata», una battuta sul Cristo degli Abissi e Padre Pio e sull’incontro di qualche mese fa alla Farnesina: «Sono stato accolto con grande attenzione, avremmo potuto addirittura fidanzarci - politicamente, s’intende (risate in sala) perchè noi siamo per la famiglia tradizionale. Poi non è stato possibile, pazienza. Ma io una mano ad An la darò sicuramente, anzi sarà uno dei due partiti che voterò». Accenno trasparente agli ultimi screzi con Forza Italia (l’altra scelta potrebbe essere la Lega?). Una battuta per Ignazio La Russa («il campione mondiale di televisione» celia Biasotti strappando altri applausi) e un consiglio: «In Liguria si può vincere, come abbiamo fatto cinque anni fa in una regione ‘’rossa’’. Ma bisogna tornare a parlare al cuore della gente».
Fini annuisce, ma il suo intervento, spesso quasi «ruvido», è parso parlare più alla testa che alla «pancia» del popolo di An. Tutti in piedi ad applaudire anche l’altro ospite d’onore, Graziella Quattrocchi, sorella di Fabrizio. Ma è solo un momento, sia pure carico di commozione. Il vicepremier non cerca la claque, anzi più volte la smorza. «Possiamo vincere, ma dobbiamo lavorare molto, porta a porta se occorre, per convincere gli indecisi e portare al seggio chi già la pensa come noi, ma l’8 e 9 aprile se ne starebbe a casa».