In politica non ci sono nemici, ma contraddittori con cui confrontarsi in modo civile ed utile alla risoluzione dei problemi che incombono e che è puerile negare.
“Truciolanti” e…Confindustria!

                                      di Sergio Giuliani      versione stampabile

 Nenni la definiva “politique politicienne”,  per indicarne sommariamente caratteristiche e regole. Ed una attività tanto, tanto importante ha dei binari su cui muoversi e se deraglia sono guai seri.

Politica è scienza della “polis”, ovvero della struttura del vivere sociale e chi fa di tutto per demolirla, per rinchiuderla nel ghetto degli interessi di parte o per alimentare la disappetenza e l’allontanamento dalla preziosa funzione di controllo e di verifica propria del delegante sul delegato, è fazioso ed autoritario.

Politica è confronto di idee e di risoluzioni; raramente è grido, sfuriata. Politica è saper ascoltare le ragioni degli altri, di tutti gli altri che siedano alla mensa della democrazia, per introitarle, capirle, combatterle meglio perché, inevitabilmente, rafforzano la posizione che le contrasta. Politica è, quindi, dialogo, confronto continuo e dialettico per giungere non ad una verità rivelata (non c’è nulla di mistico, in politica) ma ad un assetto del vivere quotidiano il più ordinato possibile.

Purtroppo, in questi anni, si moltiplicano i segni, spesso voluti e spesso, anche, maturati naturalmente, di disaffezione al confronto politico; forse perché urlato, caotico, irresoluto: la casa brucia e noi discutiamo di che marca  dev’ essere l’autopompa del Vigili del fuoco!

Ad un dilatarsi mirabile dei mezzi e della qualità dell’informazione, contraddittoriamente ci si allontana dalla discussione strutturata ed attenta, ci si rifugia o in un brontolìo sterile, rimpianto di chissà quali “tempi” (e la politica è l’arte del reale, non del “rétro”!) o in schemi corti, pregiudiziali e quanto mai primitivi. C’è, come per chi segue il calcio, la tentazione del “tifo” per una squadra e contro le altre, comodo pretesto per non voler giudicare davvero la qualità del gioco, per rissare più che capire. D’accordo, la politica è complessa, ha un suo linguaggio di ammicchi, di doppisensi non tanto difficile, quanto stancante e ripetitivo da decifrare, ma ne va del nostro futuro, noi, figli, nipoti etc.. Meno esercitiamo la funzione di controllo sui “manovratori”, più costoro s’allontanano da noi in uno spazio che, logicamente, ci spiegano sempre di meno. Il baratro tra informatori ed informati cresce e la pigrizia della superficialità squalifica la democrazia.

Certo; c’è ( e molti, e seri!) chi ragiona, chi decifra l’acqua chiara fra il nero di seppia, chi, per fortuna, sa che la politica è indispensabile: o la fai tu delegando chi ti persuade, o la fanno….altri.

Richiesta di persuasione contro richiesta di delega: mi pare che così si possa semplificare l’agire dei due gruppi politici in campo oggi. Chi vuol persuadere espone problematicità, fatti, idee ed è pronto a conoscere, ad ascoltare. Lavora con uno staff organizzato che fornisce le competenze da amalgamare (istruzione, occupazione, rilancio industriale e produttivo, sanità, politica internazionale, energia etc  etc). Ascolta, certamente, anche gli industriali, una delle strutture portanti del paese e discute con loro; qualcosa lo convince; di qualcos’altro convince loro. Come si fa normalmente dialogando.

Chi vuol soltanto essere delegato al potere, spiega di continuo il passato prossimo visto con occhiali rosei e accusa “il nemico”, il “mostro” dei cartoni animati, di avergli fatto i dispetti: nemico fuor di casa ed in casa.

La cultura  del sospetto tronca il dialogo comprensivo: è un cattivo prodotto della paura e della ristrettezza di orizzonti: chiamare rumorosamente al sostegno, o Roma o morte, definire “comprata” e condizionata dal nemico ogni dissidenza (un grande quotidiano, a lungo ed inutilmente insidiato, un industriale da capitale di rischio e non da castelletti finanziari avranno ben diritto di esprimere, garbatamente, si badi, il proprio pensiero? Che cos’è mai questa chiamata al “tradimento”, quest’accusa di “passaggio al nemico? In politica non ci sono  nemici,  ma contraddittori con cui confrontarsi in modo civile ed utile alla risoluzione dei problemi che incombono e che è puerile negare.

“Tradimento” è parola risuonata in Italia in tempi molto, molto drammatici e non poi troppo lontani. Stiamo alle questioni da affrontare. In politica (perché, ne sono convinto, i “più”, gli informati, sovrastano i “meno”, i faciloni da slogans) si afferma chi ha programma che convince. Ed il battuto impara la lezione; capisce dove è stato insufficiente ed…alla prossima. E senza….sciatalgie! 

Sergio Giuliani