FOGLI MOBILI

La rubrica di Gloria Bardi 

PLATONE, ARISTOTELE E LE COMUNALI DI SAVONA.  

Orsù savonesi, destatevi dal vostro sonno dogmatico!

Anche se forse il tramestio quotidiano vi ha impedito di rendervene conto, spirano venti filosofici sulla campagna elettorale per le comunali.

Parrebbe che qui, dinanzi all’alternativa tra pensiero cattolico e pensiero laico, si sia “tagliata la testa al toro” arretrando il livello delle contrapposizioni ideologiche. Ricordate? Io avevo sondato tempo fa tra Stoici ed Epicurei; i vostri candidati sindaci hanno alzato ulteriormente la posta, costringendovi a domandarvi: “ma io, come Savonese, sto con Platone o con Aristotele?”.

Ma voglio procedere per gradi, partendo da un primo colpo d’occhio superficiale, dato letteralmente en passant in autobus ai manifesti elettorali...guarda... (la lettura metafisica sarebbe entrata in scena subito dopo).

Il primo che ho scorto è stato il gigantone di Berruti:  dall’autobus mi sono stupita per l’assenza totale di simboli di partito.  Successivamente ho riscontrato la stessa cosa nei manifesti di Delfino, che però contiene un’intenzione simbolica quanto meno di lista civica, assente nell’ambientazione berrutiana.

Ora, sappiamo tutti che i due candidati rappresentano i due opposti schieramenti (?) ma, a vederli sui muri cittadini, sembrerebbero due omaggi della provvidenza calati dal cielo sui destini umani, quasi che sui loro nomi non si siano incrociate telefonate, riunioni al vertice, fibrillazioni di alleati, sussurri e grida, minacce di scissioni, scissioni di minacce,  ultimatum e convergenze più o meno parallele.

Tutto questo è lontano, sui muri soltanto i faccioni dei due candidi candidati, diversamente ridenti: più serafico l’uno più satiresco l’altro (già soprannominati il serafino e il satiro).

A me, dico la verità, l’assenza di ciò che invece c’è (eccome) è risultata un po’ irritante e poco trasparente, come se in un alimento non comparissero le componenti, in un farmaco i principi attivi e gli eccipienti, e magari l’avvertimento “è un medicinale, usare con cautela”.

Mi sono anche chiesta se siano i candidati a smarcarsi dai partiti, almeno nell’immagine che le allegre congreghe ritengono “venda” meglio,  o se siano i partiti a smarcarsi da loro.

Insomma un anticasiniano ma molto incasinato: “io non c’entro”.

O forse non si sono ancora messi d’accordo tra chi ci sta o chi no?

O forse c’è qualche disposizione di legge che ignoro che impone tale assenza e in tal caso chiedo lumi a chi me li può fornire e chiedo preventivamente venia per il sarcasmo.

O ciò che ignoro è altro e lo ignoro a tal punto da ignorare di ignorarlo?

Ma forse la cosa è ancora più semplice: i simboli sui manifesti c’erano ma sono spariti, volando via come aquiloni da quello di Berruti che infatti sorride, guardandoli dileguarsi all’orizzonte, mentre Delfino se li è mangiati in un sol boccone e ora ci strizza l’occhio satollo e goduto.

Poi ho esaminato meglio l’insieme (l’autobus era fermo in coda) e mi sono resa conto che il progetto era molto ambizioso e che si rinunciava alla partitocrazia per sostituirla con merce della mia bottega, ovvero la filosofia.

Ora ve lo spiego.

Partiamo dagli slogan, dietro l’apparente semplicità sono pieni di riferimenti teorici complessi e culturalmente alti.

Berruti ha infatti impostato una campagna elettorale scopertamente platonica, che definisce Savona nientepopodimeno che “città delle idee”.

Platone veramente parlava di “mondo delle idee” ma esagerava, anche perché in un mondo delle idee è difficile collocare un sindaco,  mentre nella città il sindaco “è la morte sua” (oddio, non volevo!).  

Quanto alla Repubblica dei filosofi di cui parla Platone, comporterebbe la difficoltà di chi debba portare la fascia tricolore, per cui essere sindaco di “Savona città delle idee” rappresenta la migliore approssimazione al pensiero del maestro.

Se qualcosa non funziona  si può sempre inventare l’espressione: “platonismo reale”e giustificare le défaillances.

Qualcuno però glielo dovrà ben dire a Berruti che nella Repubblica di Platone i reggitori non devono avere proprietà privata né famiglia: e nel secondo caso si tratta di voti che vengono a mancare.

L’illuminazione “Savona città delle idee” è introdotta da un monito: “ scegli il futuro”.

Già, ma quale futuro? E’ evidente dal contesto semantico che non si tratta di domani, tra un mese o tra un anno ma di un futuro oltremondano, quando l’anima, libera dal carcere del corpo, potrà vagare nell’iperuranio.

Non fa pensare a questo il sorriso che prima ho definito serafico e ora leonardesco che ci elargiasce Berruti?

Ma vale la pena soffermarsi su quello sguardo: è uno sguardo filosofico (per Platone infatti al governo ci stanno i filosofi) si perde nell’ulteriorità e, a ribadire l’allineamento con la tradizione platonico-razionalista, risulta “ilare”, non ridente o sorridente o ghignante o sghignazzante si badi, ma appunto “ilare”, come quello del saggio di cui parla “Spinoza”.

C’è una sorta di beatitudine celeste in quello sguardo, che non può sfuggire ai mortali che se lo ritrovano dinanzi quando sfrecciano in auto o sostano in coda su un autobus pieno, in ora di punta.

Voi guardate il fanalino di coda di chi vi precede o il bambino a cui date mano o l’abito schizzato dall’ultima ruota che si è concessa (vicino a voi) un tuffo in pozzanghera,  lui guarda l’iperuranio e lo guarda anche per voi. 

A questo punto romperei gli indugi e scriverei papale papale “scegli l’eterno”.

Insomma, nel manifesto ulivista (non dovevo dirlo?) filtra una certa idea di trascendenza, del tutto assente in quello di Delfino: sullo sfondo una terra lievemente sgranata, l’azzurro del mare e quello del cielo vi risultano dominanti e lui si staglia benevolo e demiurgico tra terra e cielo: chi vota sa di puntare piuttosto all’altrove che all’alternativa.

E difatti sappiamo tutti che la carta dell’alternativa non fa parte del mazzo. 

E’ chiaro, Berruti punta ai voti dei platonici ma, mi chiedo, avrà considerato che rischia di perdere quelli degli aristotelici? 

A questi ha pensato Delfino, cui si rivolge con un appeal decisamente più carnale e slogan quali:

“Fatti non parole”, che contiene un richiamo al concreto, al pragmatico contro gli astrattismi del collega, quasi a significare: “altro che mondo delle idee!”.

 “Perché non provare?”, che pone l’accento sul bisogno di “fare esperienza”, dal momento che “LE IDEE INNATE NON ESISTONO!!!”.

“ Il timone in mani sicure”, che contiene una chiara allusione al mito platonico della biga alata, dove l’anima precipita nel mondo corporeo perché non ha saputo “guidare” i due cavalli. Delfino, un po’ per il nome che porta un po’ per omaggio alla marineria locale, ha trasformato la biga in nave e l’auriga in timoniere ma il concetto è quello.

“Savonesi in gamba ce ne sono tanti!”: infatti per Aristotele l’essere è sempre particolare: non esiste la savonesità, come avrebbe preteso Platone, ma tanti savonesi singoli: Anna, Maria, Agostino, Filiberto, Emanuele, Amedeo ecc. e se ci va bene sono pure in gamba! Aristotele che non doveva procacciarsi voti questa “captatio benevolentiae” se l’è potuta risparmiare. Delfino no.

Io suggerirei uno slogan perfino più diretto nei linguaggi, del tipo: “Puntiamo al sinolo!”

“Materia e forma, potenza e atto!”

“Troverete in me quello che manca al dinamismo urbano: un motore immobile”

“Savona, città peripatetica”.

Anche l’immagine del candidato appare, come ho già osservato, carnale, terrena, addirittura gaudente, priva di evanescenze. Qui non c’è ilarità ma un sorriso d’intesa, con tanto di strizzatina d’occhio, i toscani ci leggerebbero: “ suvvia, che si fa per burla”, che non è del tutto ascrivibile al grande filosofo greco,  qui oggetto di una libera interpretazione, tesa a renderlo più spendibile a livello elettorale in questo nostro generale bisogno di evasione e di edonismo mordi e fuggi.

A proposito di fughe, in un manifesto il candidato addirittura si volta e si avvia a uscire dal manifesto.

Ora, a prescindere da quest’ultima inspiegabile cosa, è evidente che chi ha realizzato la campagna elettorale, da ambo le parti, deve essersi almeno ripassato l’Abbagnano-Fornero, quello uscito con La Repubblica, dati i numerosi riferimenti.

Io proporrei anche di congiungere le forze in un bel manifesto comune, che riproduca “La scuola d’Atene” di Raffaello, avete presente? Con la faccia ilare di Berruti al posto di Platone, in atto di indicare il cielo, e quella godereccia di Delfino al posto di Aristotele in atto di indicare la terra. 

A questo punto la domanda che si pone e da cui dipendono gli esiti elettorali e quindi il futuro prossimo della città è la seguente: “ma a Savona ci sono più platonici o aristotelici?”.

Io proporrei un bel sondaggio. 

Quanto alla mia posizione personale la sapete, non sono savonese e sono epicurea.

 

 

 

 

 

 

 

 Gloria Bardi

   www.gloriabardi.blogspot.com