IL SECOLOXIX |
Bombe di Savona: l'inchiesta (la quarta) è riaperta. Con
diverse speranze: provare ad approdare finalmente a una
individuazione dei colpevoli per chi chiede ancora
giustizia. Con un po' di scettiscimo da parte della procura.
E un giallo durato tutto il pomeriggio: la Digos ha
ascoltato come teste - il legale ha commentato: «a me non
risulta» - l'avvocato Andrea Speranzoni, il bolognese già
protagonista di molti processi, a tutela delle parti civili,
legati allo stragismo dell'eversione nera degli anni
Settanta e Ottanta. E legale di 70 parti civili al processo
in corso al Tribunale Militare di La Spezia, per la strage
nazista di Marzabotto. Da ieri legale delle parti offese
savonesi.
L'apertura dell'inchiesta l'ha decisa il Procuratore capo Vincenzo Scolastico dopo la lettura degli articoli sulle iniziative del Comitato Bombe di Savona promosso dal Massimo Macciò e l'intervista al Decimonono dell'avvocato Speranzoni. Il Comitato da ieri ha una presidenza al femminile: Daniela Dallari, nipote di Fanny Dallari vittima della bomba in via Giacchero e Aureliana Pieruccini, una delle parti lese per l'attentato del febbraio '75 in via Cava, scampata miracolosamente allo scoppio e la cui madre Ivana Carosi, ieri presente in sala, rimase gravemente ferita. La Dallari, Pieraccini e Carosi e una quarta persona si sono già affidate, come il Comitato, all'avvocato Speranzoni per la costituzione, allo stato, come parte offesa nel procedimento. Nei prossimi giorni Comune, Provincia e sindacati (ieri era presente la Cgil con il segretario Livio Di Tullio e Francesco Rossello) decideranno sulla loro adesione al Comitato, visti gli atti e le informazioni che «in via riservata e per rispetto a chi attende giustizia da 32 anni» il legale intende presentare solo alle parti. Indagini che sono state affidate alla Digos. C'è già un filone di possibile ricerca di materiale: gli archivi cosiddetti della via Appia, del Ministero degli Interni, dove in passato hanno cercato e acquisito documentazioni i giudici milanesi (l'ultimo è stato Salvini) che hanno cercato di fare giustizia su Piazza Fontana. Ma ci sono possibili tracce legate alle vicende appunto di Piazza Fontana, l'attentato al treno Italicus, piazzale della Loggia a Brescia (la quarta inchiesta è prossima alla chiusura) e, novità, anche sull'attentato alla stazione di Bologna. Il dibattito di ieri pomeriggio all'asilo delle piramidi è stato intenso. Con alcuni dei presenti che, curiosamente, pur trattandosi di un dibattito pubblico, alla fine non hanno gradito le domande dei giornalisti presenti. Perché l'avvocato Speranzoni è stato ascoltato come teste? Lo spiega il procuratore Scolastico: «Il legale è stato ascoltato dalla Digos. Ora aprirò un fascicolo e delegherò ulteriori accertamenti. Quello che ha riferito non evidenzia scenari nuovi rispetto alle responsabilità delle bombe però impone qualche verifica. Ha infatti detto di aver trovato alcuni riferimenti agli ordigni di Savona in archivi su altre stragi italiane, oggi accessibili». Aggiunge Scolastico: «Già prima di ascoltare il legale, avevo chiesto un'informativa alla Digos sulle indagini che furono fatte negli anni Settanta, ed in seguito. Ritengo che gli inquirenti dell'epoca avessero fatto tutto il possibile per risalire alla matrice. Oggi, stante così la situazione, non mi pare ci siano indizi per ipotizzare rivelazioni sorprendenti. Comunque verifichiamo». Un giudizio "prudente". Nel corso del confronto il generale dei carabinieri Nicolò Bozzo che indagò sulle bombe savonesi ha confermato «la matrice eversiva di destra e la ricerca della strage: se il treno che doveva deragliare sul ponte dell'Acquabuona fosse caduto dal ponte alto 90 metri, avrebbe provcato 62 morti. L'archiviazione ultima del giudice Fiorenza Giorgi conferma in modo nitido e preciso il ruolo dello stragismo». Manlio Milani del Comitato per piazza della Loggia, attentato "parallelo" a quello di Savona anche nelle reazioni della vigilanza popolare (tre giorni in cui la città fu "autogestita" senza incidenti): ha sottolineato come «c'è stata, c'è un'operazione di cancellazione dell'evesione nera che coinvolse anche pezzi delle istituzioni». Crerchiamo «verità e giustizia»è stato detto: quella che vuole Daniela Dallari che aggiunge «ma non cerco né pubblicità, né ribalta». Come Aureliana Pieraccini che scampò al fustino di detersivo pieno di tritolo in via Cava. Oggi c'è anche una legge che consente, pur con molte lungaggini, di accedere almeno a un risarcimento. Sperando che possa essere approfondito cosa non venne indagato. Marcello Zinola Dario Freccero 25/03/2006 |