Forse, dato anche l’invecchiamento della città, a menare la danza del potere ci vorrebbe un bel laureato in archeologia.
Savona città delle idee?
                                             di
Ugo Tombesi      
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C’è un cartello che recita Savona città delle idee. Francamente, fatti i debiti raffronti con città di dimensioni più o meno omologhe pensiamo a Modena, a Mantova, alla stessa Cuneo, non ce ne eravamo accorti.

C’è a Savona, nella classe dirigente, un’idea diversa dall’edificare, magari con l’aiuto dell’architetto catalano, ma comunque edificare? Se già edificato (come il San Paolo) rialzare.

C’è una modalità di animazione della città diversa da quella di inventare mercati della domenica, di moltiplicare le festività, e di far crescere le Sante Lucie tutto l’anno?

La costruzione beneamata del centro commerciale del Gabbiano, dieci anni fa, ha demolito i negozi del centro ottocentesco dove le banche, gli uffici degli  immobiliaristi e addirittura le assicurazioni hanno divorato le belle vetrine della città.

L’abbandono del piccolo commercio ha depauperato le vie di quell’elemento di presidio del territorio che il piccolo commercio garantisce.

E le prospettive su questo versante sono sempre peggiori: il centro commerciale nelle aree ex - Metalmetron, progettande in prossimità di una raffineria e deposito petrolifero (la Erg) e, di bel nuovo, la Galleria Commerciale dentro il vecchio San Paolo. E gli acquirenti?

Il livello del reddito spendibile a Savona, dopo la sostanziale chiusura di Ferrania, è precipitato e non si capisce proprio come, di fronte a questa caduta della domanda, l’offerta commerciale debba aumentare. Così come non conosciamo, per lo meno tra i pensionati ed i lavoratori dipendenti, potenzialità di acquisto di alloggi sul cosiddetto fronte mare, destinato a diventare da foce Letimbro a Zinola un autentico “fronte palazzi”.

Rispetto a questa involuzione della città, il territorio si difende costituendo comitati autonomi da tutte le parti, segno evidente che le circoscrizioni sono state inghiottite dal piccolissimo cabotaggio.

Questa ultime careggiano. I presidenti superpagati, per l’attività svolte, organizzano commemorazioni, celebrazioni, gemellaggi ma mai qualcosa che contrasti con il centralismo comunale.

Lo stato delle periferie è sotto gli occhi di tutti, soprattutto la domenica: o si fugge o si rimane chiusi in casa.

Savona è un grande dormitorio, senza attrattive e senza svaghi, dove persino trovare un bar aperto è da considerare una fortuna.

Il comune, col teatro Chiabrera blindato dagli abbonati, si è privato (nella sostanza) anche della seconda sala cittadina (l’Astor). Per il resto luoghi di ritrovo non ne esistono se si fanno eccezioni per i coraggiosi gestori del Filmstudio e la Cantina dei Cattivi Maestri.

Ma a Savona tutto tace, le palanche mancano, la Fondazione De Mari serve solo per finanziare restauri e istituzioni fedelissime. Forse, dato anche l’invecchiamento della città, a menare la danza del potere ci vorrebbe un bel laureato in archeologia.

Ugo Tombesi