Vecchi e nuovi cultori dell’acte gratuit 

Recentemente due sociologi francesi, Agnès Van Zantem, direttrice della ricerca all’Osservatorio sociologico del cambiamento finanziato dal CNRS e da Sciences Po (la Fondation Nationale des Sciences Politiques), e Patrick Rayou, professore di scienze dell’educazione all’IUFM (Institut universitaire de formation des maîtres, qualcosa di simile, a parte ovviamente l’efficienza, alle nostre SSIS) di Créteil, hanno pubblicato un libro dal titolo Changeront-ils l’école? Enquête sur les nouveaux professeurs (Parigi, Bayard, 2004; recensito tra l’altro sul “Monde” del 5 ottobre 2004, e spesso richiamato nel dossier sempre d’ottobre del “Monde de l’Education”: Prof, un métier en révolution), in cui son contenuti i risultati di un’inchiesta su un campione di quaranta insegnanti di collège (la nostra scuola media inferiore) fra i ventitré e i quarant’anni, di dodici istituti, undici urbani e uno rurale due privati e dieci pubblici, di diverso prestigio sociale, ossia “favoriti” o “svantaggiati” come eufemisticamente si suol dire. Vediamo alcune delle osservazioni più interessanti.

Nel 2010 la metà dei docenti francesi oggi in servizio non ci sarà più, perché in quell’anno saranno andati in pensione i baby boomers, ossia quanti furono come da noi reclutati senza risparmio nella scuola fra il 1965 e il 1975 per far fronte all’accrescimento degli allievi nati appunto durante il baby boom degli anni Cinquanta; tra l’altro, se è vero che oggi gli aspiranti ad un posto d’insegnante sono in maggior numero degli uscenti, a partire dal 2006 i pensionandi eccederanno gli assunti onde si creerà, dicono i due, una penuria di mano d’opera.

Si può tentare di definire il profilo professionale e umano dei nuovi di domani studiando i giovani d’oggi. Ecco in sintesi quanto sostengono gli Autori. 

La génération qui s’en va a vu se transformer le système dans lequel elle-même avait été scolarisée et qui avait été, pour beaucoup de ses membres, une chance de promotion sociale et culturelle. Elle a accompagné, souvent avec enthousiasme, cette démocratisation d’accès et se trouve aujourd’hui quelque peu dépitée d’apprendre régulièrement que l’“ascenseur scolaire” est en panne. Elle est d’autant plus amère qu’elle estime avoir accompli beaucoup d’efforts pour des résultats assez minces et une reconnaissance institutionnelle et sociale faible. Les récentes mesures d’augmentation du nombre d’annuités nécessaires pour prendre la retraite ont suscité les puissantes manifestations enseignantes du printemps 2003, qui en disent long sur le sentiment d’usure d’une profession. Alors qu’ils sont trois sur dix, en début de carrière, à trouver leur métier de plus en plus difficile, ils sont deux sur trois à le penser après vingt ans d’ancienneté, à un moment où la force de l’âge et l’expérience acquise auraient dû pouvoir les armer pour faire face aux situations professionnelles les plus dures. 

I giovani pare siano invece meno individualisti, più pragmatici e più flessibili. “Il s’agit pour beaucoup d’honnêtes étudiants, qui voient surtout dans l’enseignement le moyen de continuer de cultiver une matière qui leur a plu à l’université, de bénéficier d’une stabilité de l’emploi”. Si considerano “des professionnels parmi d’autres”, sono meno ideologizzati, meno sensibili alla difesa dei diritti acquisiti, della protezione sociale e del ruolo del sindacato, non credono che la nobilitazione del mestiere comporti necessariamente miglioramenti economici (questo sarà vero in Francia, dove gli stipendi sono molto più alti, certo non da noi), nel complesso non ritengono di dover istruire gli allievi secondo un modello ideale precostituito, bensì d’accettarli come sono, assumendo in tal modo ciò che i due chiamano una “posture éthique”, la quale, “parce qu’elle implique nécessairement des personnes en situation, peut paraître plus efficace à terme que les professions de foi morales ou politiques” dei loro predecessori.

Al posto delle garanzie richieste dagli “anziani” desiderano maggior formazione, soprattutto perché dicono di trovarsi di fronte a situazioni reali molto diverse dalle inadeguate teorizzazioni della didattica. Travolti da tale “diversità” talvolta decidono d’andarsene, ma di solito adeguano le loro richieste agli (infimi) livelli delle classi per sopravvivere, “en attendant d’être en mesure d’obtenir une mutation dans une académie plus calme”. In ogni modo ritengono che sia necessario ispirarsi non tanto alle tecniche apprese quanto ad una ricerca personale, intuitiva, artigianesca e tâtonnante in cui va privilegiata la partecipazione orale degli alunni, viste le loro insormontabili difficoltà nello scritto.

Privi d’inutili pudori non tentano di celare sbagli e debolezze come gli anziani, chiedono spesso aiuto e consiglio, sono maggiormente disposti a collaborazioni interdisciplinari anche con persone estranee all’insegnamento, s’aspettano che i presidi avviino nuovi progetti, prendano iniziative pubbliche investendo le risorse economiche della scuola e costruiscano all’interno dell’istituto una “coerenza normativa” (questo, a quanto è stato riferito più volte a chi scrive, se lo aspetterebbero anche i nostri insegnanti...).

Si tratta però pur sempre di una “catégorie professionnelle assez mobile sur le plan géographique, leur carrière se construisant davantage par des changements successifs de lieu d’exercice que par l’élévation vers des positions supérieures en termes de salaire, de prestige ou de pouvoir. De ce point de vue, les ‘nouveaux professeurs’ restent proches de leurs prédécesseurs. Ils se distinguent cependant par un désir plus grand de disposer de perspectives professionnelles ouvertes, de pouvoir expérimenter différentes positions et différents types d’établissement pour enrichir leurs compétences et les faire reconnaître par l’institution”.

I nostri “giovani docenti”, posto che ce ne siano nella scuola del Bel Paese dove l’età media s’avvicina ormai a quella di Matusalemme, si riconoscono in questo ritratto dei cugini d’Oltralpe? Per lo meno, anche trascurando tutto il resto, se la rinuncia alle ideologie e al “modello ideale precostituito” fosse vera sarebbe già, a parere di chi scrive, una gran passo avanti. Ma è vera?

MISERRIMUS