il nostro concittadino Carlo Freccero giustamente ci spiega che la politica è un “format” televisivo che si gestisce con le regole dello spettacolo di intrattenimento
NEI MARI DELLA"SONDA" !

di Sergio Giuliani

L’abbiamo voluta un poco tutti la fine delle utopie, matrici di fondamentalismi anche soltanto mentali, per sostituire allo scontro la chiarezza della persuasione convinta e tollerante. Credevamo che fosse un gran passo avanti l’adesione politica critica rispetto ad una adesione di fede e basta.

Avevamo fatto poco e male i conti con la televisione. Per sua natura, essa di tutto fa spettacolo, suspence ed è entrata nel confronto politico come certi tifosi nell’attesa di un derby.

Lontane anni-luce le “tribune” con Jader Jacobelli,in bianco e nero, certamente “noiose” perché mancavano i “salotti”. Non rimpiangiamo mai troppo il passato: guai a fermarvisi troppo. Non rimpiangiamo nemmeno la partecipazione alla politica degli anni precinquanta, quando a Savona un comizio di De Gasperi colmava a pestata di calli la gran piazza Mameli e dintorni e  un comizio di Togliatti riempiva, oltre che Piazza Sisto, tutto corso Italia, da via Mentana al monumento di Garibaldi. Qualcuno ricorderà gli altoparlanti a elegante tromba sistemati dalla ditta Pino per consentire l’ascolto anche ai traboccati dalle piazze.

Ma, si dirà, la democrazia era giovane e faceva innamorare tutti di sé.

Ora, il nostro concittadino Carlo Freccero giustamente ci spiega che la politica è un “format” televisivo che si gestisce con le regole dello spettacolo di intrattenimento. La “gente” ( ma non c’è più il “popolo”, soggetto della Costituzione? ) non deve annoiarsi, non deve capire, ma accontentarsi di spiegazioni che non la stanchino e, quindi, delegare persone di fiducia epidermica o, peggio ancora, a slogans e reggere la barca (si può ancora dire “barca” senza malizie?) del pubblico reggimento dello Stato. Come se si trattasse di esitare una partita di meloni troppo maturi che va venduta alla svelta, con clamore assordante e suscitando artatamente la sete in chi è bombardato.

Probabilmente anche “Samarcanda” è di già molto vecchia nel ricordo, così arrabbiata e poco fluida perché approfondiva con polemica e, in qualche modo, costringeva a schierarsi e non basterebbe certo un ritornato Santoro a rianimare il cadavere.

Oggi, si corre, si va per battute, per demonismo dell’avversario. L’avversario è corrotto (anche se non si riesce a dimostrarlo: basta dirlo e, per la cattiva fama dei politici e dei “potenti” (salvo ad invidiarli nei teleromanzi!), scatta subito il meccanismo del “tanto sono tutti eguali” e l’italiano medio risolve tutto senza faticare a capire la situazione e ricorrendo alla propria sempre molto amata furberia (siamo tutti del quartierino?) per isolarsi nel privato e rischiar di votare per chi meglio figura il televisione.

Al punto che i sondaggi, da sistemi di preconoscenza delle tendenze, divengono essi stessi oggetto di persuasione per nulla occulta. Mai come adesso, agli incerti elettorali, piacerà votare per il vincitore che i sondaggi gli anticiperanno e che soltanto lui, col proprio voto, farà tali. Non prima!

L’Italia degli insulti dei “comunisti” contro gli “affaristi anche della chiacchera” è profondamente spaccata davanti alla ricorrenza elettorale.

Più “in sonno” ad elezioni amministrative o europee, si attiva o, meglio, viene forzatamente attivata con le elezioni politiche, snidata là dove vorrebbe comodamente assentarsi. Come quando, con una campagna commerciale, si crea l’attesa di un prodotto e il bisogno artificialmente indotto di possederlo.

Noi, i forzati, i “militanti” della politica, perché abbiamo da tempo capito che essa regge le sorti di tutti e che il nostro orto si irriga anche dell’acqua che scorre negli orti degli altri a noi vicini, ci sentiamo trattati da sovrastruttura, da “vecchiume” fermo a principi travolti che sono dinamici e si piegano come il legno in mano a chi costruisce un “gozzo” e non valori che hanno dell’assoluto.

L’Italia è proprio divisa e va così divisa al voto politico. C’è chi non si accontenta dell’ “immagine” e, fornito di una cultura civica, la circoscrive criticamente: c’è chi vede scorrere le immagini di Guantanamo o il pestaggio di ragazzini per mano di soldati inglesi in Iraq come vede una discesa a rete di Del Piero.

A questi due elettori tipo s’affida l’Italia dell’inno di Mameli, con i suoi problemi gravi e gravissimi. E bastasse sorridere!                               

      Sergio Giuliani